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Ispi, Matteo Villa: Omicron simile a un’influenza solo per vaccinati

Ispi, Matteo Villa: Omicron simile a un’influenza solo per vaccinati
Villa Matteo

Omicron è meno letale di Delta ma solo per i vaccinati.
E comunque rimane più letale di una semplice influenza.
È la conclusione cui è arrivato il ricercatore dell’Ispi (l’Istituto per gli studi di politica internazionale) Matteo Villa, dando risposta al quesito che si è posto fin da inizio pandemia. E cioè se il Covid sia paragonabile semplicemente a un’influenza particolarmente aggressiva.
Risposta che, analizzando, sulla base dei dati a disposizione, il tasso di letalità plausibile per classi d’età, è negativa. Lo studio pubblicato dall’Ispi conferma che la vaccinazione, soprattutto dopo la somministrazione della dose booster, può abbassare di molto il rischio per chi contrae l’infezione.

La premessa dello studio di Villa

Fin dai primi studi effettuati in Sudafrica, dove la variante è stata identificata per la prima volta, è emerso che, a parità di infezioni, Omicron genera minori ospedalizzazioni e decessi.
“Ma ciò – precisa Villa – non ci può esimere dal chiamare le cose con il proprio nome. Ecco perché, no: Omicron non è “un’influenza”. O meglio – continua il ricercatore – in qualche modo lo è: ma solo per il gruppo dei vaccinati (o guariti), come d’altronde era Delta. Con l’unica, cruciale differenza che Omicron è molto più trasmissibile, e dunque è destinata a infettare un numero di persone molto superiore nello stesso intervallo di tempo, inclusi tantissimi vaccinati”.

La letalità plausibile

L’Istituto ha così realizzato un grafico che mette a confronto la letalità plausibile di Covid-19 in diversi scenari.
La definizione di “letalità plausibile”, precisa lo studio, si riferisce alla percentuale di persone contagiate da Sars-CoV-2 che rischiano di morire a causa dell’infezione, con particolare riferimento alla fascia d’età di appartenenza.
Un dato che, da inizio pandemia, è stato stimato da diversi studi, che hanno correttamente incluso tra i contagiati anche chi, pur essendo positivo, non si sottopone al tampone, perché ad esempio asintomatico. I dati presi in considerazione alla base dello studio sono quelli delle stime ufficiali del CDC statunitense e di altri enti come l’HSA inglese e Levin.

Over 65: l’importanza del vaccino

La prima considerazione che emerge, del resto già confermata dalle statistiche reali, è che la letalità di tutti i virus, compreso quello dell’influenza, aumenta all’aumentare dell’età.
Lo studio si sofferma quindi in particolare sul tema degli over 65, visto che circa il 25% degli Italiani rientra in questa fascia d’età più avanzata.
Per chi ha più di 65 anni, la letalità plausibile di Delta (stimando una protezione del vaccino al 90%) sale tra vaccinati e non vaccinati dallo 0,54% al 5,4%, mentre quella di Omicron (con un 80% di protezione del siero, anche se alcuni studi parlano di un 88%) dallo 0,65% al 3,2%.

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Un dato che, paragonato alla stima letalità legata all’influenza stagionale degli ultimi anni, pari allo 0,55% dei contagiati, è dunque 10 volte superiore per chi non si è immunizzato, includendo sulla base delle stime del CDC circa un terzo di persone infettatesi in forma sintomatica. La vaccinazione, al contrario, riduce la letalità plausibile del Covid a livelli dell’influenza.

Omicron, Delta e influenza

Per i più anziani non vaccinati, Omicron si conferma in ogni caso meno letale di Delta di almeno il 40%. Anche i risultati generali proiettati dallo studio sull’intera popolazione lo confermano, con una letalità rispettivamente dell’1,15% e dello 0,69% (che scende a 0,12% per Delta e 0,14% per Omicron col vaccino), mentre quella dell’influenza è stimata allo 0,06%.

Un dato che, rimarca il ricercatore è in generale pur sempre doppio per il Covid rispetto alla semplice influenza e addirittura di 6 volte superiore nel caso degli over 65.
“Insomma – commenta – per i non vaccinati Covid-19 rimane una malattia molto grave, ancora in nessun modo paragonabile all’influenza (né, ovviamente, a un “raffreddore”)”.

La guarigione

Le considerazioni fatte per la vaccinazione, ovviamente, valgono anche per chi si è infettato ed è guarito, che sviluppa un’immunità pari a quella indotta con i sieri. Ma, giustamente, Matteo Villa, sottolinea che al momento dell’infezione tornano a dover essere prese in considerazione le percentuali “base”. In altri termini, in questo caso, si devono ripetere le valutazioni legate all’impatto della vaccinazione sulla letalità.

Lo studio di Villa conclude quindi che “la vaccinazione rimane il metodo migliore per ridurre le probabilità che il contagio porti all’insorgere di forme gravi di Covid-19.
Persone non vaccinate e non guarite che dovessero contrarre Omicron rischieranno ancora di morire sei volte di più rispetto a chi contrae un’influenza, mentre persone vaccinate correranno un rischio non lontano da quello di morire per influenza”.

Alberto Minazzi

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Tag:  Omicron