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In Italia tanti avvocati, sempre meno idraulici

In Italia tanti avvocati, sempre meno idraulici

La Cgia di Mestre lancia l’allarme: stanno sparendo i mestieri artigiani, nei prossimi anni a rischio manutenzioni e riparazioni

Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, ha avuto difficoltà nel trovare chi ripari una tubazione rotta, ripristini la funzionalità di uno scarico intasato o sistemi un guasto all’automobile o all’impianto di condizionamento. A confermare la sempre più crescente diminuzione delle attività artigiane, elaborando dati Inps e Infocamere-Movimprese, è la Cgia di Mestre. Basti pensare per esempio che, secondo il Centro studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese veneziana, in Italia si contano oltre 237 mila avvocati a fronte di 180 mila idraulici. E, negli ultimi 11 anni, quasi 1 artigiano su 4 (esattamente il 22%) ha abbandonato il mestiere.

Sempre meno artigiani

È insomma un vero e proprio allarme, quello lanciato dalla Cgia. E i numeri lo confermano. Nel 2023, il numero complessivo di coloro che svolgono un’attività prevalentemente manuale è crollato: 410 mila persone in meno. E anche nel 2024 vi è stata un’ulteriore significativa diminuzione di 73 mila unità. Attualmente, in Italia, ce ne sono 1 milione 457 mila. Secondo gli esperti se questa tendenza non sarà invertita stabilmente non si esclude che entro una decina di anni sarà un’impresa davvero ardua trovare un idraulico, un elettricista, un fabbro, un serramentista per interventi di riparazione o manutenzione tra le pareti domestiche e nei luoghi di lavoro.

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In forte diminuzione, secondo i dati Infocamere-Movimprese, è anche il numero delle aziende artigiane attive. Dal 2008, anno in cui si è registrato il picco massimo di questo inizio secolo (erano 1.486.559), sono passate a 1.258.079 nel 2023. Il calo si deve in parte anche al processo di aggregazione e acquisizione che ha portato diverse imprese ad unire le loro forze per non cessare l’attività.  L’aumento della dimensione media delle aziende se, da un lato, ha compresso la platea degli artigiani, dall’altro ha spinto verso l’alto la produttività di molti comparti, in particolare del trasporto merci, metalmeccanico, degli installatori impianti e della moda.

Perché nelle città pochissime botteghe artigiane

La diminuzione del numero di artigiani e delle aziende del settore sul territorio è d’altra parte ben riscontrabile nelle città, dove le botteghe artigiane, perlopiù a conduzione familiare, sono in via di estinzione. La maggior parte dei calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e tv, sarti e tappezziere, ha abbassato le saracinesche e trovarli quando ce n’è bisogno è diventata una vera e propria caccia al tesoro.

Guardando alle cause delle chiusure, queste vanno ricercate innanzitutto in un insufficiente ricambio generazionale, al quale si aggiungono la lievitazione del costo degli affitti e delle tasse, la concorrenza della grande distribuzione e del commercio online, oltre al cambiamento nel modo di fare acquisti, considerato che i consumatori prediligono il prodotto “usa e getta” piuttosto che quello realizzato da un artigiano. Calzature, vestiti o mobili su misura sono infatti ormai un vecchio ricordo.

Le città in maggiore sofferenza

Vercelli, Rovigo, Lucca e Teramo registrano le flessioni percentuali più elevate di artigiani tra il 2023 e il 2012: rispettivamente  -32,7%, -31%, -30,8% e -30,6%. Tra le province, il primato negativo in termine assoluto per decurtazioni va a Torino, seguita da Milano, Roma, Brescia, Verona e Bergamo. Le regioni che hanno registrato la flessione più marcata in termini percentuali sono l’Abruzzo, le Marche e il Piemonte, mentre in valore assoluto le perdite più significative interessano la Lombardia con -60.412 unità, l’Emilia Romagna -46.696 e il Piemonte con -46.139. Il Veneto occupa l’ottava posizione, con una percentuale di variazione 2023/2012 di -23,4%.

La controtendenza

Dall’indagine emerge anche che in tutto il Paese si fatica a reperire nel mercato del lavoro giovani che svolgano i mestieri artigiani, dagli idraulici agli elettricisti e manutentori, ai  verniciatori al mondo dell’edilizia nelle figure di carpentieri, posatori e lattonieri. Per questo gli studiosi suggeriscono l’importanza di rivalutare culturalmente il lavoro manuale, anche nell’alternanza tra scuola e lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo degli studenti gli istituti professionali, che in passato sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico italiano.

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C’è tuttavia da sottolineare che non tutti i settori artigiani hanno subìto la crisi. I comparti del benessere e dell’informatica presentano infatti dati in controtendenza. Nel primo si continua a registrare un costante aumento di acconciatori, estetisti e tatuatori, mentre in ambito informatico crescono i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Bene anche le pulitintolavanderie a gettone e il settore alimentare, con risultati positivi per le gelaterie e pizzerie per asporto.

Silvia Bolognini

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Tag:  cgia, Lavoro