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IL CUORE DELL’EQUO E SOLIDALE

IL CUORE DELL’EQUO E SOLIDALE


Ha sede a Padova Fairtrade Italia, punto di riferimento nazionale del Commercio Equo e Solidale ed ente che ne promuove il marchio di certificazione
Il Commercio Equo e Solidale (in inglese Fair Trade) viene definito dalla Carta dei Criteri del Commercio Equo come un approccio alternativo al commercio convenzionale: “Il Commercio Equo e Solidale promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l’ambiente, attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l’educazione, l’informazione e l’azione politica. Il Commercio Equo e Solidale è una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: produttori, lavoratori, Botteghe del Mondo, importatori e consumatori”. Il suo scopo è riequilibrare i rapporti con i Paesi economicamente meno sviluppati, migliorando l’accesso al mercato e le condizioni di vita dei produttori svantaggiati, attraverso una più equa distribuzione dei guadagni. Nato in Europa alla fine degli anni ’50, dall’idea del direttore di Oxfam UK di vendere nei propri negozi prodotti d’artigianato confezionati da profughi cinesi, il Commercio Equo è diventato oggi un importante approccio di cooperazione con i Paesi in Via di Sviluppo che, migliorando l’accesso al mercato e le condizioni di vita dei produttori svantaggiati, cerca di riequilibrare i rapporti tra Nord e Sud del mondo. Punto di riferimento per l’Italia è Fairtrade Italia che ha sede proprio a Padova, nel nostro territorio metropolitano.
«Fairtrade Italia è l’ente che nel nostro paese promuove il marchio Fairtrade – spiega Paolo Pastore, Direttore Operativo di Fairtrade Italia – l’unico marchio di certificazione dei prodotti del commercio equo e solidale, in partnership con aziende, consumatori, organizzazioni della società civile ed enti pubblici. Fairtrade Italia viene fondata come associazione nel 1994 con il concorso delle centrali del commercio equo, dell’Associazione Botteghe del Mondo, di alcune associazioni importanti quali Arci, Acli e di alcune tra le principali ong italiane come Mani Tese e Focsiv. L’associazione si è trasformata in consorzio alla fine del 2003, nel quadro di uno sviluppo delle attività di certificazione e diffusione del commercio equo. Attualmente il nostro consorzio è formato da 25 soci e sono più di 120 le aziende di tutto il territorio italiano che sviluppano prodotti certificati Fairtrade. Fairtrade Italia è parte di Fairtrade International, coordinamento centrale delle organizzazioni che promuovono il marchio Fairtrade nei propri paesi di riferimento».

La vostra sede è a Padova: quali sono i legami con questa città e quali i legami che avete costruito con il vostro territorio? «Padova è la culla del non profit, dopo Milano vi è il più alto numero di associazioni di questa categoria. Pensate che nella nostra città vi è una delle più antiche ong italiane (Cuamm – Medici con l’Africa), qui è nata Banca Popolare Etica e Legambiente ha una delle sedi più attive d’Italia… Sedici sono le aziende che nella nostra Regione si avvalgono della certificazione internazionale Fairtrade. Si tratta prevalentemente di imprese che forniscono la marca privata (come ad esempio la veronese Nicofrutta che commercializza ananas equosolidali) o aziende che riforniscono la ristorazione collettiva (come Brio per le banane o Del Conte per il cioccolato e i biscotti con ingredienti Fairtrade). Ci sono poi tra gli altri Caffè Carraro di Schio o Goppion Caffè di Preganziol che miscelano caffè Fairtrade a proprio brand o Fonti di Posina che con il proprio marchio “Lissa” distribuisce nei negozi del biologico tè freddo Fairtrade. L’ultima entrata è Pedon spa di Molvena che ha recentemente realizzato un mix di cereali con riso e quinoa Fairtrade. Tra le aziende che lavorano nel nostro territorio vi è inoltre il Gruppo Argenta grazie al quale i prodotti del commercio equo si trovano anche nei distributori automatici».
Quali sono, secondo Lei, i limiti dell’esperienza finora vissuta e le potenzialità che si aprono domani? «La mission del sistema Fairtrade è duplice: raggiungere il maggior numero possibile di consumatori, rendendo effettivamente diffuso il commercio equo, e trovare nuovi canali distributivi per i produttori del Sud del mondo. Ad oggi il consumo dei prodotti del commercio equo certificato è ancora poco diffuso ma comunque un settore in crescita. Ogni anno i prodotti certificati Fairtrade registrano un costante aumento del valore al consumo. Non abbiamo ancora i dati precisi sul 2011 ma si attesteranno sui 55 milioni di euro (erano 49, 5 nel 2010). I consumatori ci danno fiducia anche in periodi di contrazione dei consumi e, lo dicono le ricerche, sono sempre più attenti a cosa c’è sotto l’etichetta includendo, tra i propri criteri di consumo, l’impatto che gli acquisti possono avere nella vita dei produttori e dei lavoratori dei Paesi del Sud del Mondo».
Credo sia importante anche parlare dei prodotti certificati Fairtrade che possiamo trovare sul mercato. «I prodotti Fairtrade sono distribuiti in migliaia di punti vendita, dagli ipermercati ai negozi del biologico, dai supermercati ai negozi di vicinato ma anche nei bar, nelle mense, e nei distributori automatici. Parliamo di caffè, cacao, banane, ananas, tè, zucchero di canna, riso thai o basmati, spezie ma anche palloni, rose, cotone, cosmetici che contribuiscono a migliorare la vita di chi lavora nel Sud del Mondo, ma allo stesso tempo sono attenti all’ambiente e alla qualità. Dal 2011 inoltre sono stati introdotti nuovi prodotti quali i gelati confezionati e gli yogurt. Ricordo infine che ben il 55% dei prodotti Fairtrade venduti nel 2010 proviene da agricoltura biologica».
È indiscutibile che il commercio equo solidale abbia avuto in questi anni, sia a livello nazionale che internazionale, una crescita significativa. Secondo lei il commercio equo solidale quanto può incidere sull’economia globale? «Nel 2010 in tutto il mondo sono stati spesi 4,4 miliardi di euro di prodotti Fairtrade. Grazie a ciò, 1 milione e 200 mila produttori e lavoratori di Asia, Africa e America Latina hanno potuto ottenere un prezzo stabile per i loro prodotti e un premium da utilizzare per progetti di sviluppo».
Rispetto alla sua esperienza quali possono essere le migliorie strutturali o gli interventi politici utili a diffondere una cultura del consumo critico? Esistono differenze tra Italia e resto d’Europa o tra le stesse regioni italiane? «Ad oggi in Italia non esiste una legge nazionale che normi e sostenga un settore che cresce. A parziale compensazione di ciò l’impegno di molte Regioni Italiane, come il Veneto, che non solo hanno legiferato a favore del Commercio Equo e Solidale ma hanno anche finanziato bandi per progetti, che hanno avuto il pregio non secondario di far lavorare insieme e con soddisfazione reciproca i vari soggetti dell’equosolidale italiano. Una legge nazionale sicuramente favorirebbe e accrescerebbe nei consumatori la consapevolezza degli effetti delle proprie scelte di consumo, affinché prendano in esame non solo il prodotto, ma anche gli effetti sociali ed ambientali derivanti dalla sua produzione e commercializzazione. Nel nostro paese i consumi di prodotti Fairtrade sono concentrati nel Nord Italia. Ma siamo ben lontani da alcuni paesi nordeuropei come la Gran Bretagna in cui si vendono 1,3 miliardi di euro di prodotti Fairtrade».
DI CARLO BONALDI

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