Dai Lumière ad Avatar, da 50 secondi di pellicola al dominio degli effetti digitali: il 28 dicembre 1895 nasceva la “Settima arte”. Da allora, il grande schermo non ha mai smesso di raccontarci chi siamo
Le vacanze natalizie sono indubbiamente uno dei periodi di punta per il cinema. Non è dunque un caso se sono state scelte per l’uscita del terzo film di Avatar, che riscopre la magia del grande schermo al massimo delle sue potenzialità visive e tecnologiche. Ma, forse, è molto più che una semplice coincidenza se in questi giorni cade anche un anniversario così importante per quella che comunemente viene definita la “Settima arte“.

Il 28 dicembre del 1895 i fratelli Auguste e Louis Lumière proiettarono infatti per la prima volta a un pubblico non specialista i loro primi “film”. In quel giorno fu dunque ufficialmente “battezzata” la nascita del cinema. E, quest’anno, ricorre il 130° anniversario dalla sua creazione.
Il “cinématographe”: un macchinario rivoluzionario
Nella lunga storia dell’arte cinematografica, si può individuare una chiave di volta: l’invenzione del “cinématographe”. E’ infatti questo il nome del macchinario che permise ai fratelli Lumière di concepire, si può dire a loro insaputa, l’idea di cinema. “La vostra invenzione, signor Lumière, è la nostra grammatica, la nostra lingua, la nostra ragion d’essere. Prima di realizzare la terza dimensione, avevate già dotato lo spirito umano d’un occhio che ci permetteva, attraverso la simultaneità e la soppressione delle nozioni di tempo e di spazio, di intuire la quarta dimensione” (Chardère, Borgé 1985; trad. it. 1986, p. 184).

Parole altisonanti, quelle del regista francese Abel Gance riportate dall’enciclopedia del cinema Treccani, in cui si riassume l’essenza stessa di una vera e propria rivoluzione. Figli di Antoine, apprendista fotografo, Auguste e Louis incrementarono con i loro studi in fisica e chimica la neonata industria e velleità paterna, arrivando ad avere a libro paga 300 operai, nella loro fabbrica di Lione, e producendo 15 milioni di lastre per la fotografia all’anno, verso la fine del XIX secolo.
La tecnologia che portò al cinema degli esordi
Come per la stragrande maggioranza delle invenzioni, una novità non sorge di sana pianta, ma germoglia grazie alle possibilità e alla tecnologia dell’epoca. Alla fine dell’Ottocento, i presupposti per la creazione di un cinematografo erano già presenti.
“Le cose erano nell’aria… le ricerche precedenti, quelle di Janssen, di Edison, e soprattutto di Marey e dei suoi allievi dovevano prima o poi portare ai risultati ai quali ho avuto la fortuna di arrivare io per primo”, disse Louis Lumière.

Caso fortuito o bravura? Quel che è certo è che, nei primi mesi del 1895, i fratelli depositarono una serie di brevetti, tra cui quello della strumentazione che permetteva ai singoli fotogrammi di scorrere su una pellicola di 35mm e al tempo stesso di farvi passare la luce attraverso, per la loro proiezione.
Nacque così il cinematografo (dal greco, “scrittura in movimento”).
Il nuovo macchinario poteva contenere “solo” 17 metri di pellicola, circa 50 secondi: era questa la durata massima dei primi “film”.
La prima proiezione di 130 anni fa
Durante il 1895 i fratelli Lumière si dedicarono alla ripresa di diverse porzioni di realtà, le “vedute“, sottoponendole alla visione degli addetti ai lavori del settore fotografico.
Poi, nella serata del 28 dicembre, su iniziativa del padre, fu organizzata la prima proiezione aperta al pubblico, nel “Salon indien” du Grand café”, in Boulevard des Capucines di Parigi.

I Lumière (o forse solo il padre, dato che Auguste e Louis si rifiutarono di presenziare) scelsero le 10 pellicole da mettere in mostra per l’evento, e dunque il primo film passato alla storia come tale fu “La sortie des usines Lumière” (“L’uscita dalle fabbriche Lumière”). Nel primo frame della pellicola compare il numero “91”, a indicare probabilmente, tra le tante, la ripresa numero 91 fatta dai fratelli, la quale venne poi scelta come prima da mostrare.
Dall’attualità alla comicità: i primi soggetti cinematografici
Insieme a “La sortie des usines Lumière“, in quella serata vennero proiettate scene di attualità, come “Place des Cordeliers à La Rue de la République à Lyon” e “Arrivée d’un train en gare de La Ciotat“.
Ma anche di informazione documentaria (“Arrivée des congressistes à Neuville-sur-Saône“, “Pêche aux poissons rouges e Voltige“).

Altre proiezioni guardarono alle scene “familiari”, come “Repas de bébé“, “Enfants aux jouets“, “Partie d’écarté“. Altre ancora alla comicità: “L’arroseur arrosé” o “Chapeau à transformation“.
Per il pubblico fu un enorme successo, che si espanse da subito verso gli l’Europa e gli Stati Uniti, dove il cinematografo fu osteggiato da Edison, mentre i Lumière inviarono operatori formati direttamente da loro in giro per il mondo, per incrementare il numero di riprese.
Oltre la realtà: il cinema diventa cinema con storie e sonoro
Col senno di poi sembra incredibile; ma la bolla del cinematografo esplose nel breve tempo di un paio d’anni, quando infine il macchinario venne commercializzato. Ciò che non compresero i Lumière, oltre l’invenzione del cinematografo, fu la creazione del nuovo linguaggio artistico, fatto dapprima solo di immagini in movimento e poi anche di suono e di parole.

Riprendere e riproporre la realtà non bastava più; sarebbero servite le storie, i veri e propri film, per realizzare il cinema per come lo conosciamo. Gli stessi fratelli Auguste e Louis lasciarono poi il cinematografo, dedicandosi alla fotografia e alla sperimentazione dei colori su immagine fissa, inventando “l’autocroma”: un’invenzione che durò per circa 30 anni.
L’eredità dei fratelli Lumière arrivata fino a noi
Di Lumière è rimasto solo un vino, creato a suo tempo dal padre Antoine, oltre al nome, e alla storia, dei fratelli Auguste e Louis. Il secondo, nel 1932, tentò anche l’invenzione di un proiettore di “film in rilievo“, antesignano del cinema 3D.
Una storia che ha assunto, ormai, i contorni della leggenda, celebrata come rivoluzione artistica che ha cambiato il modo di veicolare la cultura e le storie dell’essere umano.

A Padova, nella mattinata del 28 dicembre, l’anniversario è stato celebrato dal museo del Precinema della fondazione Minici Zotti con la proiezione delle 10 pellicole che furono esibite nella serata di 130 anni fa nella suggestiva sala Rossini del Caffè Pedrocchi. Non solo un omaggio al passato, ma anche un auspicio al futuro cinematografico, che non deve dimenticare da dove la sua storia sia iniziata, nello spirito di una forma d’arte che funziona solo in condivisione, sia da parte di chi la fa, sia di chi la riceve. Non resta che augurare un buon compleanno al cinema, e ad altri cento e più di questi giorni.
Damiano Martin



