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Venezia città del mondo. Giornata Internazionale della diversità culturale

Venezia città del mondo. Giornata Internazionale della diversità culturale
Piazza San Marco, Venezia

Metropoli cosmopolita del passato, è un puzzle etnico tutto da scoprire

Giovedì 21 maggio ricorre la Giornata Internazionale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo, un momento in cui si è invitati a riflettere sull’importanza del confronto tra modi di fare e punti di vista diversi che possono cooperare tra loro per il progresso.
Se oggi questo è rappresentato dalle grandi città del mondo Milano, Berlino, New York, la città che ha più incarnato questo messaggio nel passato è stata, senza dubbio, Venezia.
La Serenissima era una Repubblica troppo indipendente per sottomettersi totalmente all’Occidente cristiano e troppo improntata sul commercio per precludersi la possibilità di mercato con l’estero.
Una città che ha costruito la sua grandezza proprio sulla diversità etnica e sulla convivenza culturale, traendone forza.
Molti segni di questa mentalità sono ancora oggi visibili, rappresentando un motivo di orgoglio per chiunque voglia riscoprire la storia dello stato più avanguardista della storia.

Le Scuole: ammortizzatori sociali e luoghi per l’aggregazione

Le Scuole di Venezia sono tra gli edifici più significativi della città: degli esempi pressoché unici di edifici finalizzati all’operato benefico e all’aggregazione dei cittadini.
Tuttavia, quelle strutture che oggi sono per lo più dei musei contenenti i gioielli artistici della città, un tempo avevano funzioni ben precise. Le Scuole erano di tre tipi: religiose , di lavoro (con la funzione delle corporazioni medievali) e nazionali (in cui si ritrovavano gli elementi provenienti da una medesima zona del mondo).
Alcuni esempi di questo tipo di luogo è la Scuola di San Nicola dei Greci o la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, entrambe associate al Santo principale della nazione in cui potevano radunarsi cittadini della medesima etnia.

Oggi, questi edifici hanno mantenuto il forte attaccamento alla nazionalità di riferimento diventando delle strutture museali che testimoniano il passaggio culturale dei vari popoli per la città.

Il Ghetto ebraico

La popolazione ebraica ha ciclicamente avuto vita difficile nel corso della storia. I dissidi religiosi con le grandi nazioni cristiane hanno creato una spaccatura culturale e un senso di diffidenza che non ha mai portato a una convivenza semplice.
Verso la fine del ‘400, ebrei da tutta Europa, respinti dalle proprie nazioni di appartenenza, si diressero a Venezia, famosa per la sua politica liberale che permetteva a popoli di religione diversa di convivere rispettando la stessa legge. In questo frangente, la città istituì delle zone apposite per l’inserimento di questa nuova ondata di popolazione.
La presenza di una strada in cui vivevano comunità specifiche non era una novità per Venezia (la città è piena di Calle dei Greci, Riva degli Schiavoni e Fondamente degli Armeni) però in nessun caso era stato fatto a priori dalla città. In questo caso, proprio per gestire una comunità che aveva avuto particolari problemi nelle interazioni, venne fatta una scelta a tavolino.

Ghetto Nuovo

Ovviamente, anche a Venezia trovarono delle imposizioni provenienti dal mondo culturale di allora, alcune regole imposte per delimitare il loro raggio d’azione verso i cittadini già presenti (specie nell’ambito dei Prestiti e dei Pegni), ottenendo tuttavia una maggiore libertà rispetto alle altre città europee.

La capitale della stampa: la biblioteca armena e il primo corano

Venezia sbocciò come capitale culturale nel ‘500, diventando nei secoli un centro sempre più importante  cui riferirsi. La presenza di grandi studiosi e uomini di cultura attenti anche alle usanze straniere, l’hanno resa un gioiello proprio per il suo riassumere al suo interno tantissime storie diverse.
Nell’Isola di San lazzaro degli Armeni trovarono rifugio dei monaci mekhitaristi armeni, in fuga da Modone, città della Grecia caduta in mano ai Turchi.

Isola degli Armeni

Quei profughi spostarono in quel piccolo centro una delle più grandi raccolte del sapere armeno esistenti al mondo, ricreando un piccolo paradiso terrestre in quel modesto spazio. Una biblioteca di 7 mila metri quadri contenente circa 170.000 volumi che è oggi un patrimonio inestimabile della città.
Allo stesso modo, la città lagunare fu per secoli la capitale indiscussa dell’editoria. La capacità di intuire la direzione giusta per il mercato, la voglia di investire e la dimensione multietnica, portarono Paganino Paganini e suo figlio Alessandro, nel 1537, a realizzare la prima copia stampata del Corano, da vendere ai numerosi arabi presenti in città.

Le strutture per il commercio: i Fonteghi

Questo via vai di persone che interagivano con la città aveva sicuramente creato la necessità di spazi per ospitare i mercanti e le loro merci tra un viaggio e l’altro.
L’offerta alberghiera non era certa quella odierna e i viaggiatori, spesso, preferivano riposare vicino alle loro merci per evitare possibili furti.
Alcuni dei palazzi più rappresentativi di questo modo di fare, sono oggi delle meraviglie architettoniche: il Fontego dei Turchi e quello dei Tedeschi.

Fondaco dei Turchi

Questi edifici, che oggi hanno funzioni molto diverse, un tempo davano l’idea di quanta ricco e prolifico fosse il commercio con i mercanti stranieri in città. Erano edifici progettati e decorati dai migliori artisti sulla piazza (Giorgione, Tiziano, Berchet, Tintoretto e Veronese), che donavano scorci mozzafiato sul centro vivo della città: il Canal Grande.

Fondaco Tedeschi, Venezia

Madonne copte e Miracoli ai saraceni

Se il commercio e la convivenza potevano essere ben visti dalla politica cittadina e dalle sfere governative, cosa ne pensavano le persone? I cittadini erano favorevoli e vedevano di buon occhio questa convivenza?
Allora non esisteva una Giornata Internazionale della diversità culturale. Non ce n’era bisogno.
I veneziani erano abituati alla convivenza con persone di cultura diversa.
Le liti non mancavano, è innegabile, però erano piccoli momenti di confusione in un’atmosfera di pace e civiltà.
Erano comunità così radicate nel tessuto sociale che anche il mondo dell’arte aveva risentito di questo particolare scambio etnico. Una testimonianza è sicuramente il dipinto Madonna con Bambino in trono e due Committenti dipinta da Paolo Veneziano nella prima metà del ‘300.

Paolo Veneziano, Madonna con bambino in trono e due committenti

La particolarità del soggetto femminile è la carnagione scura, atipica per una ragazza occidentale, probabilmente spiegata dall’utilizzo di una modella proveniente dal medioriente o dal Nord Africa.
Anche l’inserimento di soggetti vestiti con gli abiti tipici delle popolazioni turche testimonia come in città fossero abituati al contatto con usi e costumi diversi rispetto ai propri e come Venezia, di fatto, fosse una città cosmopolita.

 

 

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