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Cuore: uno screening innovativo predice al 90% il rischio di infarto

Cuore: uno screening innovativo predice al 90% il rischio di infarto

Una ricerca sistematica su oltre 1.000 persone sane della Città metropolitana di Venezia convalida l’efficacia del protocollo di prevenzione che allarga i parametri da considerare

Sessantaquattro vite salvate grazie a un semplice esame di prevenzione: è il traguardo che il cardiologo veneziano Fausto Rigo celebra dopo aver sperimentato, su oltre mille residenti dell’area metropolitana di Venezia, un innovativo protocollo di screening del rischio cardiovascolare.
«Grazie alla sua applicazione – spiega – siamo riusciti a identificare in tempo persone apparentemente sane: 57 hanno poi affrontato un’angioplastica con stent coronarico, altre sette hanno inserito un bypass».
Tra loro, molti avevano superato senza problemi una prova da sforzo o, nel 20% dei casi, avevano persino ottenuto l’idoneità per lo sport agonistico.

Prevenzione cardiaca: quando gli strumenti usati non bastano più

Rigo ha presentato lo scorso 31 agosto i risultati dello studio, partito un paio di anni fa grazie al finanziamento di Banca Ifis, al Congresso europeo di Cardiologia di Madrid.
Il campione coinvolto nei test era composto da 1.030 persone, di cui il 75% è stato trovato perfettamente normale e in linea con il rischio predetto sulla base delle vecchie carte.
Nel restante 25% dei casi, però, sono state riscontrate placche in coronarie e carotidi, creando per loro un percorso diagnostico personalizzato di secondo e terzo livello per quantificarle. E nel 6% ci si è trovati davanti a malattie coronariche asintomatiche in fase preclinica avanzata, cioè potenzialmente pronte ad esplodere, mentre un 19% di persone ha mostrato placche intermedie, che cioè sfocerebbero in infarto o in ictus in mancanza di terapie adeguate.
“Questi dati – commenta Rigo – significano che gli strumenti attualmente in campo hanno un margine di errore inaccettabile. E abbiamo imparato che, se vogliamo una prevenzione efficace dell’infarto miocardico e delle cardiopatie gravi, è necessaria una prevenzione basata su verifiche strumentali, non bastando i soli caratteri anamnestici”.

Fausto Rigo, specialista in Cardiologia e Medicina dello sport al Congresso europeo di Cardiologia di Madrid 2025

I limiti delle linee guida

In altri termini, visto che sul fenomeno incide una serie più ampia di fattori, non è più sufficiente limitarsi a seguire le linee guida adottate dalle Società di cardiologia europea e statunitense.
Queste prevedono, per gli screening di valutazione del rischio, l’effettuazione di un elettrocardiogramma base, l’auscultazione e una prova da sforzo. Le carte del rischio, invece, non comprendono per esempio la valutazione della familiarità o il colesterolo Ldl fibrinogeno, ovvero quello “cattivo”, collegato maggiormente alle placche che si formano nei vasi sanguigni. Ci si limita infatti a calcolare se il paziente è uomo o donna, quanti anni ha, il suo valore di pressione sistolica e di colesterolo Hdl (quello “buono”), se è diabetico o fuma. “Il rischio calcolato in questo modo – evidenzia il medico – è generico. E le strade per avere dati più accurati sono o l’effettuazione a tutti di esami di livello più elevato, che però manderebbero in default il sistema, o la creazione di un metodo altamente predittivo che indichi a chi effettuare questi approfondimenti mirati”. E l’accuratezza predittiva del nuovo modello supera il 90%, con l’effettuazione di esami che nel loro insieme non superano i 130-150 euro.

Il nuovo protocollo

Il nuovo screening percorre questa seconda strada, coinvolgendo un’équipe multidisciplinare di specialisti e unendo tradizione e innovazione. E ha portato, dice lo studio, a una riclassificazione del livello del rischio nel 36% dei casi. “Mettiamo insieme – illustra Fausto Rigo – dati di laboratorio, per evidenziare i fattori che rendono il sangue più denso, favorendo la formazione di placche e il restringimento delle pareti, che quando supera il 50%-70% porta alla rottura della placca, alla formazione del trombo e alla chiusura del vaso. Ma, per la prima volta, prendiamo in considerazione parametri strumentali dedotti con una semplice ecocardiografia, che ci permette di vedere come corre il flusso del sangue nelle coronarie principali e nella carotide, che porta il sangue al cervello”. Ancora, vengono valutati indici meccanici, per capire se il cuore si contrae in maniera armonica e normale. “Adesso – ricorda il cardiologo – disponiamo di software che ci permettono di vedere la contrazione e la distensione del muscolo cardiaco: il cosiddetto “global longitudinal strain”, o indice di deformazione cardiaca”.

Nuovi parametri per la personalizzazione del rischio

“Ciò a cui dobbiamo mirare – prosegue Rigo – è la massima personalizzazione del rischio, attraverso esami, da compiere nella stessa struttura, che siano più semplici e meno invasivi possibile, ma integrati tra loro come tasselli di un puzzle”. Tra i parametri da tenere in conto, dunque, c’è una familiarità di primo grado con una persona che ha avuto problemi di tipo miocardico, anche una semplice angioplastica per angina, senza che siano necessari sintomi di infarto. Poi un colesterolo-killer Ldl sopra 130, considerato basta arrivare a 140, se c’è predisposizione genetica, per arrivare all’infarto. E, a sforare il limite, nel campione di studio, era metà delle persone, di cui il 60% non lo sapeva, o perché non aveva mai fatto esami in generale o quantomeno quello specifico. Ancora, la sedentarietà, considerato che quasi il 70% di chi si è sottoposto al test ha dichiarato di non fare attività fisica almeno un paio di volte a settimana. Quanto ai parametri strumentali, Rigo cita il flusso coronarico alterato, che dà l’allerta, spingendo a indagarne i motivi; le modalità di deformazione del cuore; la presenza di placche in una carotide, con la curiosità, da approfondire, legata al fatto che quella sinistra è più predittiva.

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Il cardiologo Fausto Rigo

Dallo studio lo spunto per un ripensamento delle linee-guida?

Il progetto di screening portato avanti da Rigo, chiamato “Pensaci prima” non si è nel frattempo fermato alle prime mille persone visitate tra il 1° settembre 2023 e il 31 gennaio 2025, ma è proseguito raggiungendo quota 1.300 e confermando la statistica secondo cui, sulla base dei nuovi criteri, circa un quarto del campione è da considerare a rischio infarto per patologie precliniche. “Da tempo – racconta il cardiologo – avevo capito che i nuovi parametri avrebbero potuto funzionare. Quel che mancava era una ricerca sistematica su oltre 1.000 pazienti che desse peso alla tesi. L’obiettivo, adesso, è arrivare all’inserimento di questi parametri anche all’interno delle linee guida”. In tal senso, Rigo ha coinvolto anche la Società italiana di cardio-imaging. “Espanderemo il progetto – rivela – anche alle Università di Parma, Milano Bicocca e Messina, per arrivare ad almeno 10-12 mila soggetti coinvolti: un numero che aumenterebbe a dismisura le possibilità di un riconoscimento a livello mondiale”.

L’importanza della prevenzione

Da sempre, nella sua attività, Fausto Rigo ha del resto investito moltissimo sulla prevenzione. “Quando ci troviamo di fronte a persone a rischio – rimarca – prendiamo in carico subito il caso, dando indicazioni per i cambiamenti degli stili di vita, visto che solo un 20% ha una condotta esemplare, ma non solo. Per chiudere il cerchio, ai consigli individualizzati, anche dal punto di vista farmacologico, aggiungiamo la prenotazione nelle nostre strutture di esami di livello superiore, quando il rischio supera il 25%”. Il nuovo screening dà così indicazioni su come poter svolgere screening sulla popolazione in maniera diversa, offrendo, attraverso la valutazione individualizzata, anche l’occasione di capire dove concentrare gli sforzi. Chiaramente, però, è necessaria anche un’operazione sul piano culturale e della prevenzione.

Centro di medicina di Mestre

In tal senso, il 29 settembre, Giornata mondiale della prevenzione del cuore, al Centro di medicina di Mestre sarà proposta, in collaborazione con l’associazione Amici del cuore (a cui vanno fatte pervenire le richieste di partecipazione) per una serie di controlli gratuiti. I candidati, che saranno preselezionati in base all’età, con preferenza tra chi ha tra 50 e 70 anni ed è dunque maggiormente a rischio, dovranno presentarsi con i risultati degli esami base di laboratorio già effettuati.

Alberto Minazzi

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Tag:  cuore, ricerca