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Tanto brutti da salvaguardare

Tanto brutti da salvaguardare
Il Palasport di Venezia Giobatta Gianquinto, a Castello

Un tour inedito tra le architetture del Brutalismo.

Capolavori veneti di una corrente artistica poco conosciuta

Abituati alle raffinate forme e alle armonie, di fronte a certe architetture restiamo perplessi, soprattutto quando scopriamo che, proprio perché “brutte”, sono vincolati dalla soprintendenza. Non si posso toccare.
Della loro “bruttezza” hanno fatto la propria forza.
Pur se esteticamente difficili da apprezzare, sono in realtà capolavori di correnti artistiche che hanno trovato nuove forme comunicative. Nell’ultimo secolo esprimendosi anche con un linguaggio aggressivo e invasivo per l’occhio umano. Di sicuro, lo ha fatto il “brutalismo”:
Qualche esempio? Il Palasport Giobatta  Gianquinto nel sestiere di Castello, a Venezia. Oppure l’ex Palazzo delle Poste, a Mestre. Villa Baruffol a Portogruaro. Così come la Chiesa di San Giovanni Battista nel comune di Arzignano e quella dell’Immacolata a Longarone.

Tutte architetture da vedere, per un tour alla ricerca del…brutalismo.

Il Brutalismo a Venezia e Provincia

Nel capoluogo lagunare e nella sua città metropolitana gli esempi di questo movimento non mancano.
Così come non mancano grandi nomi legati ad esso.
A Venezia, in zona Arsenale, il simbolo del Brutalismo può essere considerato il Palasport Giobatta Gianquinto.
Progettato dall’architetto Enrico Capuzzo e dall’ingegnere Giandomenico Cocco, rappresenta infatti uno degli edifici più salienti del panorama moderno del Sestiere di Castello.

 Il Palasport di Venezia Giobatta Gianquinto, a Castello
Il Palasport di Venezia Giobatta Gianquinto, a Castello

In mezzo a un insieme fitto di tetti rossi dei secoli addietro, questo grande complesso grigio modifica nettamente la vista panoramica sulla città. La forma semplice, il materiale moderno e l’apparenza anomala, diventa un elemento di stacco rispetto alle architetture tipiche della città, irregolari e spesso ricolme di dettagli.
La città che più simboleggia lo sviluppo novecentesco è Mestre. La terraferma veneziana ha avuto un radicale cambiamento nel corso degli ultimi ottant’anni. Un edificio riconducibile a questo periodo storico è il Palazzo delle ex Poste. Collocato in zona stazione e ora inutilizzato, questo edificio si presenta con linee semplici, con blocchi in cemento rettangolari che ne ricoprono la facciata.

Questi elementi, riconducibili a svariati edifici della zona, sono frutto della costruzione (o ricostruzione) degli anni ’60, quando la zona subì profondi cambiamenti. Essendo stata creata nel corso degli anni ’50, da un’idea riconducibile a Le Corbusier, questa corrente diventò di gran moda proprio agli inizi del decennio, diffondendosi in tutta Europa.

La villa rossa

Ancora un esempio di “brutalismo” si trova nella provincia Nord-orientale, a Portogruaro, dove l’architetto Leonardo Ricci progettò Villa Baruffol  tra il 1977 e il 1980.  Per questo edificio, l’architetto toscano sperimenta la forza cromatica del mattone rosso. La forma lineare priva di fronzoli e l’uso di materiali poco preziosi, simbolo di uno sviluppo economico tipico del XX secolo, sono due degli elementi cardine di questo genere architettonico.

Il Brutalismo nel Veneto

Molte zone del Veneto hanno avuto, nella seconda metà del Novecento, uno sviluppo importante che, al suo interno, porta degli esempi importanti di questa corrente.
La celebre Tomba Brion-Vega, situata presso il cimitero del comune di San Vito (nella frazione di Altivole), ne rappresenta probabilmente l’elemento più famoso.

Realizzata da Carlo Scarpa nel 1970, è oggi una meta imperdibile per gli studiosi dell’architetto veneziano che ne ammirano le linee, i contrasti e i riferimenti culturali all’Oriente. I blocchi di cemento, esposti senza fronzoli estetici, le linee semplici e l’uso di materiali innovativi, tipici del XX secolo, la rendono una perfetta rappresentazione di questo movimento costruttivo.

Il brutalismo nel sacro

Oltre al celebre Carlo Scarpa, un altro architetto che operò nel Veneto, pur non essendo originario della regione, fu il toscano Giovanni Michelucci, maestro del già citato Leonardo Ricci. Questo artista e urbanista, progettò due edifici di stampo religioso. I due esempi veneti della sua arte sono la Chiesa di San Giovanni Battista, presso il Comune di Arzignano (Provincia di Vicenza), e quella dell’Immacolata a Longarone.

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