Salute +

Cuore e aspirina: serve sempre davvero per prevenire l'infarto?

Cuore e aspirina: serve sempre davvero per prevenire l'infarto?

Dall’aspirina alla genetica, gli studi del settore si orientano sempre più verso le cure personalizzate e di genere

Se l’utilizzo di aspirina per prevenire nuovi infarti in chi ha già affrontato tali eventi è ormai un dato acquisito alla scienza medica, resta aperta la discussione sulla somministrazione di questo diffuso medicinale anche per la prevenzione “primaria” (cioè prima dello sviluppo della malattia) delle patologie cardio-circolatorie.
Un editoriale di Jeffrey S. Berger, della NYU Grossman School of Medicine, pubblicato nei giorni scorsi su Jama Network Open, afferma che il futuro si baserà su una caratterizzazione sempre più definita delle peculiarità di ognuno di noi per decidere se i possibili benefici dell’uso preventivo dell’aspirina superano i rischi nei casi specifici.
“Il futuro – conferma Fausto Rigo, responsabile del centro cardiologico fondazione ospedale Villa Salus di Mestre – è la personalizzazione del rischio, superando l’attuale classificazione basata sull’appartenenza a “categorie di rischio”, che sono tutt’altra cosa. Ma, sia chiaro, il messaggio che non deve passare è quello di ricorrere all’automedicazione”.

Aspirina e cardiologia

Come spesso accade, la scoperta dell’utilità dell’aspirina per la prevenzione cardio-vascolare è avvenuta un po’ casualmente. Utilizzata inizialmente solo come antinfiammatorio, l’aspirina rivelò una sessantina di anni fa la sua capacità antiaggregante, rendendo il sangue più fluido e riducendo così i rischi di danni ai tessuti degli organi vascolarizzati come cervello, cuore e reni derivanti dal restringimento delle arterie e dalla formazione di coaguli attraverso l’azione delle piastrine.

aspirina

Gli Stati Uniti furono tra i primi a credere nella possibilità di fermare le placche attraverso la somministrazione della cardioaspirina. “La prevenzione primaria attraverso questo farmaco – ricorda Rigo – iniziò dopo aver visto che la probabilità di sviluppare malattie acute come infarti miocardici o stroke al cervello entro 10 anni si riduceva notevolmente nei soggetti ad alto rischio che assumevano aspirina. Non avendo però studiato le casistiche ad esempio per fasce d’età o per genere, si è poi riscontrato che questo vantaggio, che sembrava indubitabile, tale non era”.

Gli effetti collaterali dell’aspirina

Anche in Italia, così, recentemente è cambiata la strategia nell’utilizzo dell’aspirina per la prevenzione primaria in questo ambito.
Come tutti i medicinali, infatti, l’aspirina non può essere considerata una risposta valida nella totalità dei casi. “Non la si dà a tutti – spiega Rigo – perché non tutti ne traggono gli stessi vantaggi. E ci sono effetti collaterali da tenere in considerazione.
Il primo è il potenziamento dei sintomi e la maggior esposizione a gastriti, ulcere e reflussi, che ormai purtroppo conosce bene gran parte della popolazione, essendo tutti sottoposti a elevati dosi stress nella vita quotidiana moderna”.

aspirina
Il cardiologo Fausto Rigo

Quando usare l’aspirina per la prevenzione primaria

“Personalmente – continua il medico – ritengo quindi che sia utile utilizzare l’aspirina per la prevenzione primaria solo se dalle evidenze strumentali emergono placche che possono diventare instabili, ad esempio in situazioni come una sindrome virale, e tradursi in eventi acuti. Al contrario, non tendiamo a darla ai pazienti, e anche le linee guida ci confortano in tal senso, laddove le placche siano inferiori al 50% o non siano presenti. L’aspirina resta sicuramente un farmaco attraverso cui fare prevenzione, ma sempre più in un contesto di medicina di prevenzione”.

Il bilancio del patrimonio biologico del paziente

È questa insomma, come sostenuto dall’editoriale di Berger e confermato da Rigo, la strada da percorrere. “Dobbiamo riuscire a conoscere sempre più, anche attraverso genetica e variabili biologiche, la biologia di ogni singolo individuo. Per decidere le cure specifiche, pur partendo sempre da considerazioni generaliste basate su un campione più ampio, sarà in futuro fondamentale partire da un bilancio del patrimonio biologico del paziente. Sapere che un appartenente alla classe di rischio più alta ha il 10-15% di possibilità di sviluppare una malattia acuta non ci dice chi, in concreto, lo farà. Ed è a questo che si deve arrivare”.

La variazione di genere

Ovviamente, un ruolo primario spetta alla prevenzione.
Nello specifico, concentrando l’azione sulle fasce d’età tra 40 e 70 anni.
“Le placche sono età-dipendenti, sotto il profilo vascolare”, conferma il cardiologo. Ma non solo “Quel che mi affascina di più nella prevenzione – riprende Fausto Rigo – è la valorizzazione del genere.
I feedback biologici di uomini e donne sono diversi, dando risposte diverse a parità di farmaco somministrato, e si tratta quindi di aspetti su cui lavorare ancora molto, visto che siamo ancora molto distanti da una medicina di precisione legata al genere”.

Aspirina e cancro al colon

L’aspirina è sotto la lente d’ingrandimento degli studiosi anche in relazione ad alcune patologie oncologiche.
“Negli Stati Uniti – spiega Rigo – si è osservato che laddove si è usata l’aspirina per la prevenzione mirata cardiologica, lo sviluppo di patologie cancerogene del colon, neoplasie che stanno falcidiando il genere umano, si è ridotto del 10%. Un medicinale somministrato per la prevenzione dei vasi sanguigni, cioè, si è dimostrato in grado di proteggere bene soprattutto da una malattia del tutto diversa”.

Alberto Minazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Tag:  farmacie