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ARRIVEDERCI A1 E ADDIO ARSENALE

ARRIVEDERCI A1 E ADDIO ARSENALE


HERITAGE (1988-1990) – SETTIMA PARTE
Le ultime due stagioni a Venezia riservano delusioni e qualche sprazzo di felicità. Dall’arrivo tardivo di Rowan, alla discesa in A2. Fino alle ultime imprese firmate dal duo Lamp-Radovanovic. Mentre il settore giovanile si sposta in terraferma
Spenti gli echi della salvezza da poco conquistata, la Reyer si ritrova a fare i conti con una stagione da subito in salita. Partito Dalipagic dopo tre stagioni indimenticabili, tocca a Jonh Ebeling, rocciosa ala statunitense, provare a non far rimpiangere il drago di Mostar. La sua avventura lagunare, però, non ha nemmeno inizio. Un grave infortunio al ginocchio lo mette fuori causa già in precampionato. Si corre ai ripari e al posto di Ebeling arriva Carl Curry, che per alcuni mesi sarà uno degli oggetti più misteriosi mai avvistati in laguna. La linea della Reyer per il resto non cambia: spazio ai giovani da lanciare e gli unici sacrifici si fanno solo per trattenere a Venezia il totem Radovanovic.
SORPRESA Ai blocchi di partenza del campionato di A1 ‘88-‘89, gli orogranata confezionano il più imprevedibile degli scatti. Il 16 ottobre all’Arsenale è di scena la Scavolini Pesaro, che pochi mesi addietro aveva conquistato il suo primo storico scudetto. Il tonfo in laguna dei campioni d’Italia è fragoroso e finisce con un umiliante -23. I tifosi reyerini si fregano le mani nella speranza di rivedere la squadra sbarazzina che due anni prima aveva fatto soffrire tutti conquistando i playoff. A gettare benzina sull’entusiasmo lagunare c’era stata anche la vittoria nei sedicesimi di finale di Coppa Italia contro la Cuki Mestre, ultimo atto della storia del derby (era il 9 settembre dell’88). L’avvio è tutto sommato confortante: dopo le prime otto giornate, le vittorie sono quattro. Poi però la squadra entra in un tunnel. Via Curry, arriva l’ex Brescia Charlie Sitton, il cui impatto però sarà impalpabile. Arrivano quattro sconfitte consecutive, prima di un altro successo a sorpresa contro l’Olimpia Milano, che cade ancora una volta sul parquet dell’Arsenale, dopo la doppia paga ricevuta l’anno prima.
IN CRISI Nei successivi nove turni la Reyer, targata Hitachi per il secondo anno consecutivo, raccoglie una sola striminzita vittoria contro la Phonola Roma. La situazione si fa sempre più critica. Così la dirigenza veneziana si gioca il tutto per tutto, liberandosi dell’apatico Sitton e ingaggiando una giovane guardia statunitense di belle speranze. Si chiama Ron Rowan. Nei suoi pochi mesi di permanenza Rowan scalda finalmente i cuori dei tifosi reyerini, che rivedono in lui i furori agonistici di Dalipagic, il cui fantasma continuerà ad aleggiare ancora per molto tempo. L’esordio è col botto e manco a dirlo a farne le spese è una grande del campionato, la Knorr Bologna. Il biondo statunitense trascina la Reyer ad un altro successo di prestigio e da quel momento inanella una serie di prestazioni offensive clamorose. Lo sforzo però è vano. Negli ultimi sei turni i lagunari colgono solo due vittorie (contro Reggio Emilia e Torino) e la rimonta non si compie. Così, dopo sole tre stagioni di permanenza nella massima serie, la Reyer deve fare mestamente ritorno in A2.
1989 Alla fine di maggio del 1989 cala anche il sipario sul campionato di serie A1, con la partita più incredibile della storia della pallacanestro italiana. Milano strappa lo scudetto al termine di gara 5 sul parquet di Livorno dopo un’impensabile serie di colpi di scena. È il giorno del tuffo di McAdoo, e del canestro “fantasma” di Forti. Lo scudetto inizialmente va a Livorno. Alexis si arrampica sul canestro e urla la sua gioia, mentre Premier tre metri più in basso ingaggia una colossale parapiglia con mezzo palazzetto. Alla fine è Milano a diventare campione: la conclusione di Forti era arrivata a tempo scaduto. Ma se il basket ha un’epica, quella finale furono le sue Termopili. Nell’89 tutto lo sport italiano vive un momento di fulgore, a partire dal calcio con l’Inter dei record, e il Milan che stravince in Coppa dei Campioni. Nello stesso periodo si fa conoscere l’astro nascente dello sci mondiale Alberto Tomba e la pallavolo tricolore è in piena ascesa. Nell’estate dell’89 anche la nazionale di basket prova dire la sua agli Europei in programma a Zagabria, schierando per la prima volta da oriundo Mike D’Antoni. Il suo inserimento però non è sufficiente: l’Italia si ferma in semifinale contro la Jugoslavia, all’inizio di un ciclo breve ma luminoso.
SI RIPARTE In autunno la Reyer deve ricominciare da zero, o quasi, dopo la débacle della stagione precedente. L’avvocato Manganiello lascia il vertice della società all’imprenditore Roberto Malusa. Il parco italiani viene completamente rinnovato. La regìa è affidata all’ex Benetton Paolo Pressacco, dietro al quale scalpita un giovane play casertano, che ritornerà protagonista qualche anno dopo, Sergio Mastroianni. Sul perimetro si vedono l’ex Mestre Stefano Teso e da Torino l’ala tiratrice Franco Rossi, mentre sotto le plance si gioca le sue carte il romano Fabrizio Valente. Il faro della squadra è più che mai Rascio Radovanovic, amatissimo dai compagni e dal pubblico e rimasto in laguna nonostante la retrocessione. Ma il vero valore aggiunto della squadra sarà Jeff Lamp, ala di classe, protagonista oltreoceano di buone annate con i Los Angeles Lakers. La novità più importante, però, è la scelta del club di spostare l’attività giovanile in terraferma. È il passo che prelude al definitivo passaggio dall’altra parte del Ponte della Libertà che si compirà anno successivo.
ULTIMO ARSENALE Mentre in Europa soffia il vento di un cambiamento epocale (il 9 novembre dell’89 cade il Muro di Berlino), in quell’autunno la Reyer regala ai propri tifosi un avvio di campionato come non si vedeva da diversi anni. Dopo dieci partite, la squadra guidata in panchina da Marco Calamai coglie ben otto vittorie, alle spalle della corazzata Ipifim Torino. Sul finire del girone d’andata, però, arrivano tre sconfitte consecutive che allontanano dalla vetta la squadra veneziana. Alla terza di ritorno all’Arsenale arriva l’Auxilium Torino. La squadra piemontese sta dominando il torneo: è in realtà una formazione di A1 di medio-alta classifica, costruita per arrivare direttamente ai playoff e inserirsi nella lotta scudetto. In regìa c’è Roberto Della Valle, all’ala una giovane promessa azzurra, Ricky Morandotti, sotto canestro una ex stella assoluta della NBA come Darryl Dawkins. Non c’è partita, sulla carta. In campo, invece, va in scena un duello senza esclusione di colpi. Torino fa la partita, ma la Reyer non demorde e allo scadere dei 40’ minuti regolamentari Jeff Lamp mette a segno una memorabile tripla in sospensione. Parità, si va ai supplementari. Sull’onda dell’entusiasmo gli orogranata prendono il largo e conquistano una vittoria d’orgoglio e di prestigio. Sarà anche l’ultima grande impresa tra le mura dell’Arsenale. In casa il cammino prosegue abbastanza regolare, ma è in trasferta che non si riesce più a cavare un ragno dal buco della retina, a parte il successo in quel di Rimini a quattro giornate dalla fine. Al termine della stagione regolare la Reyer è quinta, a parimerito con altre tre squadre e accede ai playout. L’inizio è convincente (vittoria interna contro Pavia), ma le due sconfitte consecutive contro Treviso e Napoli estromettono anzitempo la squadra lagunare dalla corsa alla promozione. L’unica soddisfazione sarà la vittoria sul parquet del Palaverde nel turno di ritorno, che rimane ad ora l’ultima vittoria veneziana in casa della Benetton.
DI ALESSANDRO TOMASUTTI
…CONTINUA
 

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