Uno studio internazionale sottolinea: i coniugi tendono a condividere la salute mentale. E anche i baci possono favorire la trasmissione dei disturbi tra partner
La classica frase “nella buona e nella cattiva sorte”, pronunciata sull’altare, potrebbe assumere un significato più profondo.
Uno studio appena pubblicato su Nature Human Behavior ha infatti evidenziato come coniugi e partner condividano molto spesso anche una serie di disturbi psichiatrici.
Insomma, tornando agli adagi classici, “chi si somiglia, si piglia”. E non solo: le probabilità di soffrire della stessa condizione aumentano anche per i figli della coppia.
Un altro recente studio si spinge oltre: i baci sarebbero infatti in grado di diffondere anche ansia e depressione tra persone tra le quali intercorre una relazione fissa.
La “correlazione coniugale” nei disturbi psichiatrici
Di “correlazione coniugale” gli studiosi parlano già da tempo relativamente alla condivisione tra marito e moglie di opinioni politiche, credenze religiose e abitudini di vita. E la spiegazione di questo fenomeno si basa principalmente su 3 fattori, abbastanza intuibili, individuati dai ricercatori: si tende a scegliere un partner simile a sé sia dal punto di vista psicologico che comportamentale, si è influenzati da simili vincoli ambientali e sociali e, nel tempo, ci si influenza reciprocamente, attraverso la condivisione delle abitudini.
Il meccanismo, è il contributo del nuovo studio, vale anche all’interno della sfera psichiatrica, visto che pure le vulnerabilità mentali tendono via via a essere condivise tra chi ha un rapporto di coppia stabile, aumentando significativamente le probabilità di soffrire degli stessi disturbi psichiatrici.
Un effetto che non conosce confini…
Lo studio si è incentrato su 9 tipologie di disturbo: ansia, depressione, schizofrenia, disturbo ossessivo-compulsivo, adhd, autismo, disturbo bipolare, anoressia nervosa e abuso di sostanze. E i risultati raccolti in 5 milioni di coppie di coniugi di Taiwan sono stati poi confrontati con le stime dei registri nazionali di Danimarca e Svezia.
“Le correlazioni coniugali sono coerenti in tutte le culture”, è la conclusione a cui sono giunti i ricercatori, sottolineando “variazioni limitate tra Taiwan e i Paesi nordici”, al di là delle differenze culturali e nei sistemi sanitari. Solo per pochi disturbi, per esempio quello ossessivo-compulsivo (riguardo a cui la probabilità di condivisione è risultata più alta nella realtà asiatica), sono infatti emerse differenze regionali.
…e si trasmette per generazioni
La condivisione delle condizioni di salute mentale, per di più, non si limita ai soli partner, per i quali già altri precedenti studi avevano sottolineato che quando uno dei coniugi è alle prese con stress, ansia o depressione, l’altro ha una probabilità dalle 2 alle 3 volte maggiore di soffrirne. Oltre ad aver suggerito che la malattia mentale potrebbe essere addirittura un fattore in grado di favorire la formazione di una coppia, secondo uno schema che si è rafforzato costantemente tra gli anni ’30 e ’90 dello scorso secolo, una delle nuove scoperte dello studio è legata all’analisi dei cambiamenti generazionali a Taiwan. È stato così scoperto che per i bambini con due genitori che condividono lo stesso disturbo raddoppia la probabilità di soffrirne a loro volta rispetto a quando ne è affetto un solo genitore, con percentuali più alta per le condizioni in cui incidono componenti genetiche.
Depressione e ansia: attenti ai baci
Un altro studio, che ha coinvolto 268 coppie iraniane di sposini, ha però evidenziato che, quanto a depressione e ansia, a incidere può essere anche il più romantico dei comportamenti: il bacio. Ne basta uno da 10 secondi per trasmettere fino a 80 milioni di batteri, potendo alterare l’equilibrio batterico all’interno della bocca anche attraverso il rilascio del cortisolo, ovvero l’ormone dello stress. Ad avallare la tesi, il fatto che quando uno dei coniugi soffriva di problemi mentali e difficoltà a dormire, anche l’altro, presentando un microbiota orale simile, ha avuto sintomi simili dopo soli 6 mesi, sia pure con intensità minore, soprattutto tra le donne.
Alberto Minazzi