I vari Forattini, Vauro e Giannelli, vignettisti satirici della stampa nazionale del nostro tempo, hanno avuto un grande maestro che, all’inizio del Novecento, colpiva il pubblico per la sua pungente ironia, dava un momento di svago ai soldati in trincea e con il suo lavoro ha portato in alto il nome di Dolo e della Riviera del Brenta in Italia e nel mondo. Stiamo parlando di Amos Scorzon.
Uno dei più importanti vignettisti d’inizio secolo, dolese e le cui opere sono presenti in alcuni tra i più importanti musei d’Europa, nelle migliori collezioni private e all’Altare della Patria a Roma.
La figura di questo eclettico artista è stata raccontata nei locali della Barchessa di Villa Concina a Dolo in occasione della mostra “Amos Scorzon. Vignettista di guerra, pittore di pace”, realizzata in settembre nel quadro degli eventi “Riviera del Brenta per il centenario della Vittoria”. L’esposizione, contenente riproduzioni delle opere conservate all’Istituto per la storia del Risorgimento e nella collezione privata della figlia Alessandra, è stata un momento per far conoscere alla comunità la storia di un suo illustre concittadino purtroppo dimenticato.
Scorzon nasce il 18 dicembre 1885 e si salva dalla trincea perché era un dipendente dei Monopoli di Stato di Venezia e di Roma. Ciò non toglie però che ne sia esentato sul piano artistico: la guerra si combatte con le armi ma anche con la propaganda a sostegno del morale dei soldati e dell’opinione pubblica che, già nel 1916, avverte qualche malumore.
Le vignette di Scorzon (i cui originali sono disegnati a matita a tempera su fogli 55 x 88) mostrano il soldato italiano come un giovane bersagliere; il nemico invece è magro, scarno, bastonato. E queste figure vengono prese in considerazione anche per descrivere la politica internazionale: il presidente americano Woodrow Wilson, attento alle questioni europee nonostante la neutralità del suo paese, con tuba a stelle e strisce interviene nella contesa tra un soldato italiano e uno austriaco.
In un’altra occasione gli Stati Uniti sono simboleggiati con lo Zio Sam o come un angelo con banderuola americana in testa, introdotto con la domanda “La pace si mette in viaggio?”. I giapponesi, alleati dell’Intesa e capaci di condurre operazioni belliche sia nel Pacifico che in Africa contro le truppe coloniali tedesche, sono raffigurati come fastidiosi soldatini capaci di disturbare i sogni al Kaiser Guglielmo II, trovandoseli addirittura nel letto, punzecchiandolo con le baionette.
Nessuna pietà nel dipingere il nemico: il Kaiser è il responsabile della guerra, colpito dai sensi di colpa e affiancato dall’Angelo della Morte, mentre l’imperatore austroungarico Carlo, “Carlino” per Scorzon, è uno spilungone magro e poco intelligente, stando a sottolineare, rispetto al Kaiser tedesco, l’inferiorità di Vienna rispetto all’alleato.
L’abilità di Scorzon viene messa a disposizione dei giornali La Ghirba, La Tradotta e La Trincea, consegnati ai soldati in prima linea dopo la rotta di Caporetto. Il popolo non li riteneva responsabili dell’accaduto e non li avrebbe abbandonati in quanto ultimo baluardo per la salvezza del Paese. Non erano soli, gli alleati stavano arrivando e ottenendo vittorie importanti. Lo Zio Sam inondava l’Europa di aeroplani, navi e soldati.
Dopo la seconda battaglia del Piave del giugno 1918 i disegni di Scorzon prevedono la vittoria imminente. “Carlino”, con il volto tumefatto e incerottato, tiene in mano due damigiane di vino chiamate “Albanese” e “Raboso di Piave”. Hindenburg, sconfitto in Francia, è rappresentato come il Barbiere di Siviglia e preso a pomodori dal pubblico.
La guerra finisce e i disegni di Scorzon mostrano il più ampio risultato della vittoria dell’Italia contro un Impero distrutto. Ma il più grande successo è quello di imprimere la sua mano e la firma su uno dei simboli musicali nazionali della storia del Novecento: la copertina della prima edizione de “Leggenda del Piave”, di E.A. Mario,nella quale fa tra trafiggere l’aquila a due teste dell’Impero asburgico da un gladio.
La storia di Scorzon continua anche dopo la guerra, che si divide tra Roma, la Riviera del Brenta e Asiago. Famoso il viaggio compiuto a bordo della Real Nave per partecipare alla Mostra Campionaria Itinerante del 1924, toccando 31 porti e 12 nazioni, arrivando in America del Sud, come ambasciatore dei progressi dell’industria nazionale e apripista per l’apertura di nuovi mercati commerciali.
Si toglie quindi i panni dell’artista di guerra per disegnare poster commerciali per alcuni marchi famosi dell’epoca. E infine, porta le sue opere in giro per il mondo, con esposizioni da Parigi a New York, da Budapest a San Paolo del Brasile. Ottiene riconoscimenti internazionali come la Medaglia d’Oro all’esposizione universale di Bruxelles nel 1935 e quella d’Argento all’esposizione delle Arti e della Tecnologia a Parigi nel 1937.
C’è un detto: “Non si è mai profeti in Patria”. Per Scorzon è davvero così: la sua figura, così importante per la storia artistica di questo Paese nel corso del primo Novecento, era caduta nell’oblio. Sono pochi i cittadini a conoscerne il significato. La mostra “Amos Scorzon. Vignettista di guerra, pittore di pace” lo ha riportato in auge: è già stata consegnata una proposta al Comune di Dolo perché gli sia intitolata una sala; l’esposizione sarà anche portata in altri comuni e negli istituti superiori del territorio, avviando un progetto di scuola-lavoro. Un ricordo alla memoria di Amos Scorzon.