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Affitti brevi, Airbnb come gli altri: deve pagare la cedolare secca

Affitti brevi, Airbnb come gli altri: deve pagare la cedolare secca

Sequestrati dalla Guardia di Finanza di Milano 779 milioni di euro

Svolta nella vicenda giudiziaria che va avanti da mesi tra Airbnb e lo Stato italiano sul mancato ruolo di sostituto d’imposta per la cedolare secca del colosso degli affitti brevi online. Su ordine del giudice per le indagini preliminari di Milano, la Guardia di Finanza del capoluogo lombardo ha sequestrato alla società con sede a Dublino 779 milioni di euro.
Ovvero l’ammontare delle tasse che la società avrebbe dovuto versare.

La vicenda giudiziaria di Airbnb e la cedolare secca

Sulla vicenda è aperta un’inchiesta della Procura di Milano sugli esattamente 779.453.912 euro non dichiarati né versati dai titolari della piattaforma relativamente ai periodo di imposta che va dal 2017 al 2021, con 3 amministratori che risultano nel registro degli indagati. Le indagini sono state affidate, a partire dallo scorso anno, al Nucleo tributario delle Fiamme gialle milanesi.
La questione giudiziaria si lega alla “cedolare secca”: la tassa del 21% sul canone di locazione breve che Airbnb, come tutti i locatari turistici, sarebbe tenuta a versare all’erario come sostituto d’imposta, come previsto da un decreto del 2017. A sbloccare il diritto dello Stato italiano a effettuare il sequestro è intervenuta recentemente (il 24 ottobre scorso) la sentenza del Consiglio di Stato, dopo il pronunciamento in materia della Corte di giustizia europea.

airbnb

Le motivazioni della Procura e la risposta di Airbnb

La Procura di Milano precisa che l’importo dovuto è calcolato sulla base dei 3,7 miliardi di incassi delle strutture ricettive pubblicizzate su Airbnb.
“Gli importi – aggiunge la nota della Procura – sono stati successivamente retrocessi ai proprietari degli immobili, al netto della commissione per l’utilizzo della piattaforma digitale”. Nello specifico, si contesta l‘omessa dichiarazione fiscale, visto che, almeno in teoria, le tasse dovrebbero essere state pagate dai proprietari delle strutture.
“Airbnb Ireland – è la risposta affidata a una nota ufficiale, il cui obbligo di prelievo alla fonte è stato confermato dalle sentenze – ha in corso una discussione con l’Agenzia delle Entrate dal giugno 2023 per risolvere questa questione. Siamo sorpresi e amareggiati dall’azione annunciata dal procuratore della Repubblica lunedì. Siamo fiduciosi di aver agito nel pieno rispetto della legge e intendiamo esercitare i nostri diritti in merito alla vicenda”.

Il giro d’affari di Airbnb

Nei giorni scorsi, Airbnb aveva pubblicato i numeri del giro d’affari mondiale nel terzo trimestre 2023, che è andato oltre le migliori previsioni degli analisti, risultando il terzo più redditizio di sempre per la piattaforma nata nel 2008. I ricavi del periodo sono stati infatti pari a 3,4 miliardi di dollari, con una crescita del +18%, grazie a oltre 113 mila notti ed esperienze prenotate (+14% su base annua). L’utile netto è stato così pari a 4,4 miliardi.
Rispetto al 2022, la tariffa giornaliera è aumentata del 3%, con quasi un milione di annunci a livello globale negli ultimi 9 mesi. E continua a crescere la domanda di viaggi, anche se c’è il timore che l’aumento dei costi, la situazione geopolitica e le incertezze economiche possano contribuire a un’inversione di tendenza, attestando il giro d’affari dell’ultimo trimestre tra 2,13 e 2,17 miliardi di dollari. Il 2022 si era chiuso con un fatturato di 8,4 miliardi (+40% rispetto al 2021), di cui 21,5 milioni in Italia.

Alberto Minazzi

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Tag:  affitti, fisco