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ACCOLTI DA UNO SQUALO

ACCOLTI DA UNO SQUALO


Benvenuti al Museo di Zoologia Adriatica di Chioggia, seconda collezione di zoologia marina più importante d’Italia. Passata eroicamente attraverso decenni e trasferimenti, dal 2011 è di nuovo fruibile al pubblico.
Vi accoglie uno squalo. Nel Museo di Zoologia Adriatica intitolato al naturalista Giuseppe Olivi, a Chioggia, il benvenuto lo dà un esemplare di squalo elefante di
otto metri che mette subito in guardia il visitatore: l’attenzione in queste sale è diretta alla fragilità ambientale del mare, alla sostenibilità delle risorse ittiche, alla preziosa
molteplicità delle forme di vita che abitano l’Alto Adriatico. Uno squalo che nel 2003 finì per errore nella rete dei pescatori chioggiotti. Nuotava dove gli uomini catturano il pesce, ora galleggia tassidermizzato, ossia imbalsamato, sopra un’onda stilizzata nel primo piano di Palazzo Grassi, dove il museo allestito dall’Università di Padova ha sede. Lo squalo balena del Museo “Olivi” è l’unico pesce che non è a mollo. Gli altri 350 esemplari di animali che vi sono conservati, sono immersi in formalina in vasi di vetro realizzati su misura per ciascun esemplare.
È la collezione dell’Istituto sant’Andrea iniziata nella seconda metà dell’Ottocento a Trieste. Nel 1915 fu trasferita a Rovigno e nel 1943 spostata avventurosamente a Venezia per salvarla dalla furia della II Guerra Mondiale. La smuove dagli scantinati dell’Istituto di Studi Adriatici del capoluogo lagunare Umberto D’Ancona, uno dei più grandi zoologi italiani del Novecento: nel 1968 è definitivamente trasferita a Chioggia. Eppure una sede degna della seconda collezione di zoologia marina più importante d’Italia, dopo quella di Napoli, viene trovata solo nel 2011. L’accordo tra Università di Padova, proprietaria della collezione, Comune di Chioggia, che ha affidato le sale di Palazzo Grassi all’ateneo patavino, trova il sostegno economico della Regione Veneto col “Progetto Clodia”. Dei circa 1.250 esemplari in vetro per oltre 700 specie, ne vengono scelti 350 tra i più rappresentativi e meglio conservati. Chi vuol conoscere le specie dei mari italiani, se non va a Napoli, sceglie perciò Chioggia.
Molluschi, pesci, crostacei hanno ormai perso i colori della vita. La formalina in oltre un secolo li ha resi evanescenti. Eppure, anche nell’era della genetica, la collezione del Museo Olivi mantiene un valore scientifico. «I geni non si vedono, ma se si vogliono spiegare i mattoni del metodo scientifico bisogna partire dalla morfologia che istruisce su metodi condivisi di osservazione e sugli adattamenti all’ambiente», spiega la biologa Maria Berica Rasotto, responsabile delle attività del Dipartimento di Biologia Marina dell’ateneo patavino nella sede di Chioggia. Il suo team ha catalogato l’intera catena alimentare dell’Adriatico.
«Perché solo se comprendiamo l’ambiente in cui vive la fauna ittica, possiamo tutelarla come risorsa», afferma la prof.ssa Rasotto. Dunque, la diversità delle specie, la percezione delle loro habitat, la delicata catena alimentare. Un percorso che si chiude con le tradizioni di pesca, per ripensarne l’incerto futuro. I numeri da febbraio a dicembre 2011 danno ragione a questo coraggioso tentativo di salvaguardare la biodiversità e il suo monumento che è la collezione del Museo Olivi: oltre 10.300 visitatori e 2.200 visite guidate. Uno strumento didattico di eccellenza per scuole e ricercatori, una curiosità anche per i turisti nella cittadina lagunare.
DI ENRICO BELLINELLI
 

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Tag:  Chioggia, museo