Mobilità efficiente, data center, innovazione e università: Paolo Costa spiega come il quadrilatero Venezia–Padova–Treviso–Castelfranco possa diventare una metropoli europea capace di attrarre talenti e rilanciare la crescita
L’evoluzione dell’economia in atto sta cambiando il volto del Nordest: il tradizionale modello veneto, basato su piccole imprese su base locale e centri di ridotte dimensioni, non sarà più sufficiente a garantire competitività e sviluppo.
Gli esperti lo dicono da anni.
E mobilità efficiente, innovazione tecnologica, università e governance si stanno sempre più affermando come concetti chiave per disegnare una nuova forma urbana.
La visione è quella di una grande città quadrilatero capace di trasformare l’esistente in un sistema integrato capace di attrarre talenti, di sostenere imprese digitali e competere con le grandi aree metropolitane europee.
Venezia, Padova, Treviso e Castelfranco Veneto sono così le protagoniste di un progetto che ora, con lo studio nato nell’ambito di Fondazione di Venezia, è prossimo a diventare un libro dedicato a questa nuova idea di città.
Ad approfondire queste idee è il professor Paolo Costa, economista, accademico e figura di primo piano nel dibattito sul futuro del territorio.
Già Rettore dell’Università Ca’ Foscari, Ministro dei Lavori Pubblici, Sindaco di Venezia, Europarlamentare e Presidente dell’Autorità Portuale di Venezia, attualmente guida il Comitato Scientifico della Venice Sustainability Foundation e riveste il ruolo di Senior Partner in C+3C Sistemi e Strategie.
Nell’intervista che segue, il professor Costa spiega perché la Città Quadrimetropolitana non è più un’opzione, quali infrastrutture sono indispensabili e come ridisegnare la governance per costruire un sistema urbano moderno, dinamico e globale.

- Professor Costa, già qualche decennio fa si parlava di Pa-Tre-Ve e si evidenziava che l’area Venezia-Padova-Treviso aveva un PIL pro capite e un tasso di crescita economica che la rendeva comparabile a metropoli internazionali. Oggi, nella nuova idea di “Città Quadrimetropolitana” si aggiunge Castelfranco Veneto. Quali vantaggi strategici apporta quest’aggiunta?
Siamo convinti di una cosa: senza città di dimensioni importanti nel Nordest, nello spazio compreso tra le aree presidiate da Milano, Bologna e Monaco di Baviera e Ljubljana, nell’economia della conoscenza che si sta preparando, cioè della manifattura digitalizzata e dei servizi totalmente digitali, non c’è spazio.
L’economia della conoscenza vuole grandi agglomerati con insediamenti diversi da quelli tipici del nostro passato. Per quello che si va prospettando servono imprese innovative e talenti. Lo si vede negli Stati Uniti, in Europa, soprattutto nei Paesi Scandinavi. Abbiamo bisogno di una “grande città”. Nel Nordest abbiamo questo quadrilatero Venezia-Treviso-Padova-Castelfranco Veneto che quanto meno a livello di infrastrutture ferroviarie e per il passante di Mestre, c’è già. Castelfranco Veneto chiude un quadrilatero all’interno del quale già si muove oltre un milione e mezzo di abitanti.
- C’è dunque la visione di un territorio connotato da una mobilità integrata e sostenibile. Ma il traguardo della “città dell’ora” in termini di percorribilità è realistico se si considerano anche le specificità dei tempi e degli spostamenti da e verso Venezia?
Se si pensa alla città storica è evidente che non è raggiungibile ma per quanto riguarda la terraferma sì. Venezia è però strategica e fondamentale: ha aeroporto e porto internazionali. E poi ha l’enorme beneficio che è legato al suo nome.

- Le infrastrutture esistenti dovrebbero essere potenziate? Come?
Le infrastrutture esistenti sono alla base di ciò che si potrebbe creare. Con enormi vantaggi: costi minori, ricavi maggiori, aumento del reddito pro-capite del 10-15%. Organizzare aggregati urbani conviene. Anche dal punto di vista residenziale. E le infrastrutture del trasporto sono fondamentali perché garantiscono l’interazione fisica di persone, merci e informazioni. Le tre parole d’ordine sono sharing, condividere, matching, mettere in relazione, learning, imparare.
Ma non è sufficiente: oggi le infrastrutture sono anche altre, quelle digitali per esempio
- Nel Veneto c’è già una rete per la digitalizzazione realizzata nell’ambito del Piano nazionale Banda Ultra Larga quasi ultimato. Basta per rendere le città del quadrilatero, o la Città Quadrimetropolitana, come viene chiamata, più competitiva a livello internazionale?
Ci servono data center enormi, con capacità di elaborazione e di collegamento con il resto del mondo. Non è sufficiente esser collegati, serve la rete digitale del domani, che gestirà anche l’intelligenza artificiale.
I grandi data center tra l’altro consumano enormi quantità di energia, quindi bisogna pensare anche a questo.
- Intende dire che nel quadrilatero ogni città avrà le sue funzioni? I data center dove sarebbero collocati?
Questa è una delle domande che ci siamo posti e alla quale stiamo dando risposta: Padova? Marghera? Sott’acqua? Si consideri che i data center sprigionano una grande quantità di calore e che il calore o lo si adopera o lo si raffredda. C’è bisogno di molta acqua. Potrebbe esser valutata Venezia. Marghera potrebbe rappresentare una risposta plausibile per quanto riguarda invece la produzione di energia: potrebbe diventare un grande hub energetico. Ciò che conta è però far presto perché c’è già un enorme ritardo.
- Tra le infrastrutture sono state indicate anche quelle ecologiche. Cosa si intende?
Soprattutto il riciclaggio. Per esempio, la produzione di energia dai rifiuti. Ognuna di queste infrastrutture disegnerà le proprie geografie
- Come l’infrastruttura giuridica della Città Metropolitana di Venezia può fungere da base per l’autogoverno dell’area del Quadrilatero e cosa significa in questo caso autogoverno? Anche qui si tratta un po’ di “riciclaggio”, un po’ come per la rete di trasporto?.
Diciamo di sì. Abbiamo già una Città metropolitana, che è quella di Venezia, che per statuto può essere allargata. Abbiamo bisogno di un’aggregazione economica, produttiva e sociale che in parte c’è già ma che non riconosciamo istituzionalmente. Non si tratta di spostare i soli poteri che siamo in grado di gestire ma di ridisegnare una nuova geografia con gli strumenti esistenti .
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Quali effetti ci si aspetta in termini di sviluppo economico e occupazione?
Lo studio risponde a un’esigenza. Se prima pensare a un’aggregazione era un vezzo, oggi è una necessita: si rischia altrimenti di sparire. Il modello manufatturiero del Nordest è superato. Avremo sempre più bisogno di persone che lavorano sull’immateriale. L’economia della conoscenza avrà bisogno di laureati e super laureati. Però non si pensi alle sole materie Stem: queste sono senz’altro al centro dell’evoluzione ma non sono l’unica competenza necessaria, anche se saranno sicuramente abilitanti.
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Il nome Città Quadrimetropolitana rimanda a un concetto che alcuni ritengono del passato, riferendolo alla vecchia Pa-Tre-Ve …
Il nome non è importante. Che si chiami Città Quadrimetropolitana, le Città del Quadrilatero o anche Teresina, poco cambia e poco conta. L’importante è capire che la nuova economia della conoscenza, fatta di digitale o di manifattura ibrida che ha già superato la specificità produttiva del Nordest e di servizi è già qui.
Siamo già nel domani: dobbiamo far interagire queste quattro geografie in modo da generare professionalità terziarie ed evolute. Le Università, in questo contesto, sono la culla delle risorse dell’economia dell’innovazione.
Consuelo Terrin




