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Le 5 età del cervello: “adolescente” fino a 32 anni

Le 5 età del cervello: “adolescente” fino a 32 anni

Uno studio analizza l’evoluzione della rete dei neuroni nelle diverse fasi della vita, mentre un’altra ricerca punta sulla restrizione calorica per rallentare l’invecchiamento cerebrale

Nel corso della nostra vita, il cervello cambia notevolmente, attraversando 5 fasi tra loro ben distinte. Ma, di queste, l’unica in cui la rete dei neuroni diventa più efficiente è la seconda, ovvero l’adolescenza.
Che inizia attorno ai 9 anni e, a sorpresa, si protrae fino ai 32.
È questo uno dei punti più curiosi illustrati da uno studio dell’Università di Cambridge.
Attraverso l’analisi delle scansioni cerebrali di 4 mila persone, i ricercatori hanno elaborato una mappa di pregi e difetti di ognuno di questi periodi della nostra esistenza. Obiettivo: contribuire a comprendere l’incidenza dell’età nello sviluppo dei disturbi mentali o di fragilità senili come le demenze. Perché il cervello, indubbiamente, invecchia. Anche se, sostiene un’altra ricerca, realizzata dalla scuola di medicina Boston University Chobanian & Avedisian, questo processo può essere rallentato riducendo per un periodo prolungato le calorie assunte attraverso l’alimentazione.

Le 5 età del cervello: infanzia e adolescenza

Per quanto non tutti le attraversino esattamente alla stessa età, le 5 tappe individuate dai ricercatori inglesi segnano delle svolte nette. L’età dell’infanzia, dalla nascita ai 9 anni, è definita l’età dell’espansione, visto che il cervello cresce rapidamente, ma al tempo stesso della “potatura” dell’eccesso di sinapsi create all’inizio dell’esistenza. Tutto questo si traduce in un calo dell’efficienza: cosa che non avviene nella seconda fase, l’adolescenza.

età del cervello

Dai 9 ai 32 anni, con un picco di molti parametri cerebrali agli inizi dei 30 anni, vengono infatti confermate molte misure di funzionamento cognitivo. È un periodo di continuo rafforzamento e indebolimento delle connessioni del cervello, non regolare ma contrassegnato da alti e bassi e con anche vere e proprie fasi di ri-cablaggio. E, secondo gli autori, sono proprio queste variazioni nelle connessioni tipiche della fase di profonda ristrutturazione cerebrale a spiegare perché l’adolescenza sia il periodo in cui si presentano più facilmente disturbi mentali collegati a varie condizioni neuropsichiatriche e neurologiche.

Dall’età adulta a prima e tarda anzianità

La fase più lunga e stabile dell’esistenza del nostro cervello è la terza, quella dell’età adulta, che va dai 32 ai 66 anni. In questo periodo si consolidano intelligenza e personalità, ma rallenta l’evoluzione cerebrale e inizia a calare anche l’efficienza.
L’anzianità, che parte dai 66 anni, viene divisa infine in due parti. La prima fase, fino agli 83 anni, non è segnata da crolli improvvisi, ma da cambiamenti profondi. Le varie parti del cervello, infatti, iniziano a lavorare meno all’unisono. E questo può spiegare perché, anche in persone sane, inizino a presentarsi le prime forme di decadimento cognitivo, oltre ai fenomeni di pressione alta.

età del cervello

Infine, ecco la tarda anzianità, dagli 83 anni in su. Ovviamente, è il periodo che i ricercatori hanno faticato maggiormente ad approfondire, visto che non sono numerosi i cervelli sani da poter analizzare. In generale, la conclusione a cui sono arrivati è allora quella che i cambiamenti sono simili a quelli della prima anzianità, ma si presentano in forma più marcata e si traducono in maggiori fragilità anche a livello cerebrale.

Il taglio delle calorie per frenare l’invecchiamento del cervello

Frenare efficacemente l’invecchiamento del cervello e proteggerlo dai cambiamenti dannosi a livello cellulare legati all’età, sostiene intanto uno studio statunitense pubblicato su “Aging cell”, sarebbe però possibile. Il risultato sarebbe ottenibile adottando per oltre 20 anni un regime dietetico in cui si tagliano del 30% le calorie rispetto alle abitudini. La conclusione è frutto di una ricerca avviata negli anni ’80 dello scorso secolo attraverso il monitoraggio di due gruppi di persone che adottavano regimi alimentari diversi tra loro. Dal confronto delle cellule del sistema nervoso centrale avvenuto attraverso l’analisi del cervello effettuata dopo la loro morte è emerso che il ridotto apporto calorico aveva influito sull’espressione dei geni e sull’invecchiamento delle cellule stesse. Queste sono risultate cioè più sane e funzionali dal punto di vista metabolico, con un’attività potenziata nei percorsi fondamentali per la produzione e il mantenimento della mielina e una maggiore espressioni dei geni correlati a questa. I test sono stati effettuati utilizzando un modello sperimentale strettamente correlato all’uomo e le conclusioni aprono all’ipotesi che le alterazioni cellulari possano incidere in maniera rilevante anche su cognizione e apprendimento.

Alberto Minazzi

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Tag:  cervello, ricerca