Obiettivo 2030 per il lancio sul mercato giapponese di un anticorpo monoclonale per il quale sta procedendo con risultati incoraggianti la sperimentazione
Un paio di denti persi. Un impianto. Un’intuizione destinata a cambiare il futuro della dentatura umana.
Così Honoka Kiso ha trasformato un incidente personale in un obiettivo scientifico audace.
Era ancora alle superiori, la dentista giapponese, quando perse due denti per una patologia mandibolare, dovendosi poi sottoporre a un impianto. Fu questa la molla che la spinse a porsi un obiettivo decisamente ambizioso: riuscire a trovare il modo di neutralizzare la proteina “Usag-1”, responsabile dell’inibizione dello sviluppo dentale.
Un traguardo che, oggi, è molto vicino, puntando a mettere a disposizione dei pazienti entro il 2030 un farmaco, basato su un anticorpo monoclonale, che ha confermato su modelli animali la sua efficacia per attivare le gemme dentali dormienti e favorire la comparsa di nuovi denti. Un risultato reso possibile grazie alla ricerca che ha permesso di sviluppare un anticorpo monoclonale grazie alla collaborazione tra mondo accademico, Governo nipponico e industria, rappresentata, nello specifico, dalla startup biotecnologica di cui Honoka Niso è presidente. Che lo sostiene con lo slogan: “Per la realizzazione di una società in cui le persone non abbiano paura di perdere i denti”.

La “medicina della dentizione” e l’ipodonzia congenita grave
Il trattamento rigenerativo su cui sta lavorando, con il supporto dell’Agenzia giapponese per la ricerca e lo sviluppo medico (Amed), in una decina di istituti medici e di ricerca, a partire dal Medical Research Institute Kitano Hospital e dai laboratori della startup Toregem Biopharma (fondata nel 2020 sulla base di una ricerca innovativa dell’Università di Kyoto), è stato battezzato “medicina della dentizione” ed è basato sul primo farmaco anticorpale specifico, chiamato Trg035.
L’ultimo sviluppo, al riguardo, è che il Ministero della Salute giapponese ha approvato il farmaco come “medicinale orfano”, permettendo così di accedere a diverse misure di sostegno per accelerarne lo sviluppo e di offrire ai pazienti con ipodonzia congenita grave la prima terapia al mondo per la rigenerazione dei denti.
Il programma di sviluppo di Trg035 è stato infatti selezionato dall’Amed, nel 2024, proprio nella prospettiva di chi è affetto da questa rara malattia congenita, caratterizzata dall’assenza di 6 o più denti permanenti dalla nascita. Oltre ai problemi estetici e psicologici, tra le conseguenze per chi ne soffre c’è anche la compromissione della funzione masticatoria e della fonazione, senza che attualmente esistano cure definitive, con la disponibilità di sole soluzioni protesiche come dentiere e impianti.
La sperimentazione e l’uso del farmaco
La presentazione dei risultati positivi dei primi test sul farmaco, effettuati su topi e furetti, risale al 2021, quando furono pubblicati sulla rivista “Science Advances”. Nell’articolo scientifico si spiegava come, per di più senza effetti collaterali di rilievo, fosse risultata sufficiente una singola somministrazione dell’anticorpo, tramite iniezione endovena, sia per stimolare in animali sani la formazione e la crescita di un solo dente che per favorire la formazione dei denti nei topi portatori di mutazioni genetiche che impediscono la formazione di uno o più denti. A ottobre del 2024 si è così passati all’inizio della prima fase di sperimentazione clinica su volontari che presentassero una di queste 3 condizioni: la presenza di denti da latte dopo i 15 anni, la mancanza della crescita dei denti permanenti dopo la caduta di quelli da latte o la carenza di 6 o più denti.

Si prevede entro il 2025 la conclusione di questa sperimentazione, per confermare la sicurezza e identificare la dose ottimale del farmaco e poter quindi passare alla fase successiva, con la somministrazione a bambini tra 2 e 7 anni ai quali manchino almeno 4 denti dalla nascita. Questa seconda fase dovrebbe proseguire fino al 2028, facendo partire in parallelo, dal 2027, la fase 3, in cui sarà aumentato il numero di pazienti, sempre comunque solo tra coloro a cui è stata diagnosticata la malattia congenita, al fine di aumentare le verifiche su efficacia e sicurezza.
Le prospettive di allargamento del trattamento
“Questa ricerca – commenta sul sito ufficiale del progetto il ricercatore principale, Masaru Takahashi – farà luce sui meccanismi della patologia, contribuendo allo sviluppo di un trattamento”. Se si ritene che l’anodontia congenita possa essere causata da una varietà di malattie, quando mancano 6 o più denti (condizione la cui incidenza è stimata allo 0,1% della popolazione) si ritiene che un fattore importante possano essere anche i fattori genetici, che dunque svolgono un ruolo importante nella ricerca.
Toregem mira inoltre ad accelerare lo sviluppo clinico anche attraverso la collaborazione con istituti di ricerca internazionali. L’obiettivo finale è quello di ampliare le possibilità di utilizzo non solo per le condizioni congenite, ma anche per le perdite acquisite, consentendo cioè a chi li ha persi una possibilità di recuperare i denti. Il cronoprogramma fissato dalla startup prevede per il 2029 la richiesta di approvazione nazionale al Governo e la revisione da parte di esperti e l’anno successivo il lancio sul mercato giapponese come farmaco da prescrizione, tramite ricetta medica, ma non acquistabile in farmacia. Successivamente sarà valutata la possibilità di un’offerta anche al di fuori dei confini nipponici.
Alberto Minazzi



