In concomitanza con la Cop30, oltre 70 realtà si mobilitano per chiedere azioni concrete contro la crisi climatica. Roma al primo posto per eventi estremi, e la metà delle città non è pronta
“Il riscaldamento climatico è una tragedia del presente”.
Non ha usato mezzi termini, condannando apertamente le posizioni negazioniste, il presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva nel suo discorso che ha appena aperto a Belem la Cop30.
Ovvero il vertice Onu sul clima al quale partecipano 50 mila delegati da 190 Paesi, tra cui spicca però una fondamentale assenza: quella degli Stati Uniti.
L’appello di Lula ad accelerare la transizione energetica prova dunque a dare un impulso fondamentale su queste tematiche, considerato che sono trascorsi già 10 anni dall’accordo di Parigi in cui il mondo si è impegnato ad applicare misure per mantenere l’aumento delle temperature globali sotto i 2 gradi, ma i problemi restano ancora gravi.
Basta pensare a dati di Save the Children che parlano di 48 milioni di bambini colpiti ogni anno dai disastri climatici. O ai 250 milioni di sfollati rilevati negli ultimi 10 anni dall’agenzia Onu per i rifugiati Unhcr. Il tutto tenendo inoltre conto che, secondo l’Onu, il superamento di 1 grado e mezzo appare ormai inevitabile, rendendo non più rinviabili gli interventi di contrasto.
L’Italia, tra impegno ed eventi estremi
Pur non presente fisicamente in Brasile, il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, al riguardo ha confermato la volontà dell’Italia di dare il proprio contributo a tal fine, sottolineando in primis l’impegno del nostro Paese da 3,4 miliardi per la finanza climatica nel 2024.
Tutto questo, però, ancora non basta, ribadisce Legambiente, anche perché i piani e le strategie di adattamento agli eventi estremi sarebbero in ritardo, dal momento che solo il 39,7% dei principali Comuni italiani ne avrebbero adottato uno.
La denuncia dell’associazione ambientalista è stata lanciata in occasione della presentazione del suo nuovo rapporto “Città Clima”, che si incentra sugli impatti della crisi climatica nei 136 comuni italiani che superano i 50 mila abitanti, per una popolazione complessiva di 18,6 milioni di persone, cioè il 31,5% dei residenti nel nostro Paese.
Gli eventi estremi avvenuti negli ultimi 11 anni nelle grandi realtà urbane, afferma il report, sono stati ben 811, di cui 97 nel periodo tra gennaio e settembre 2025. Di questi eventi, la maggioranza è composta da allagamenti da piogge intense (371), seguiti da raffiche di vento e trombe d’aria (167), dalle esondazioni di fiumi (60), dai danni alle infrastrutture (55), a partire dai trasporti, e dalle grandinate (33).
Qui il cambiamento climatico ha colpito più duro
Il 48% del totale degli eventi estremi, ovvero 811, si sono verificati in città tra i 50 e i 150 mila abitanti, con Agrigento (28) e Ancona (14) ai primi 2 posti. Un altro 23% di eventi si è registrato nei comuni tra 150 e 500 mila abitanti (ben 33 a Bari, 18 a Bologna e 14 a Firenze) e il restante 28% circa nelle città oltre 500 mila abitanti, a partire da Roma, a cui va il non invidiabile primato nazionale con 93 eventi estremi tra il 2015 e fine settembre 2025, seguita da Milano (40 eventi, tra cui 16 esondazioni) e Genova (36). Il focus dedicato a piani di adattamento e strategie aggiunge quindi che solo 35 città su 110 (il 32%) con una popolazione tra 50 mila e 150 mila abitanti si è dotato di uno strumento di pianificazione.
La percentuale sale comunque all’aumentare della dimensione dei centri: 14 su 20 (70%) per le città tra 150 mila e 500 mila abitanti e 5 su 6 (83%) nelle grandi città, con la new entry proprio della capitale nell’anno in corso, mentre ne resta sprovvista solo Napoli. “La crisi climatica in atto e i pesanti impatti a livello ambientale, economico, sociale e sanitario – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – ci ricordano l’urgenza di azioni concrete. Occorre investire in interventi che incrementino la capacità di resilienza delle città in termini di mitigazione e adattamento”.
Richieste e mobilitazione: torna il Climate pride
“I dati del nostro report Città Clima – conclude Zampetti – confermano quanto le aree urbane siano vulnerabili ai cambiamenti climatici. Per questo chiediamo al Governo come prima priorità quella di inserire nella legge di Bilancio in lavorazione le risorse economiche necessarie per attuare il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici”. “Sulla questione delle risorse – aggiunge Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – si dovrebbe seguire l’esempio dei Pums, i piani urbani di mobilità sostenibile, con il Governo che definisce i requisiti e i punti chiave minimi necessari per elaborare i Piani urbani di adattamento, vincolando e garantendo le risorse per la loro approvazione a chi soddisfa tali requisiti”. L’associazione ambientalista, che chiede anche l’approvazione di una legge nazionale sullo stop al consumo di suolo, è anche tra le oltre 70 realtà che hanno aderito alla seconda edizione del Climate Pride, che prenderà il via alle 14 del 15 novembre da piazzale Aldo Moro, a Roma. La manifestazione nazionale, che porta in piazza la richiesta di giustizia climatica e sociale, ma anche di scelte politiche coraggiose, si inserisce nel calendario delle mobilitazioni internazionali legate alla Cop30.
Alberto Minazzi







