Si moltiplicano le ricerche finalizzate all’utilizzo di queste importantissime cellule non solo per riparare o far ricrescere i denti
I denti del giudizio, spesso considerati un fastidio da eliminare, potrebbero invece rivelarsi una preziosa risorsa per la medicina rigenerativa.
Nella loro polpa, infatti, si trovano cellule staminali capaci di autorinnovarsi e trasformarsi in diversi tipi di tessuti, aprendo nuove prospettive per la cura di molte malattie.
Dopo i primi studi sulle staminali, avviati negli anni ’60 all’Università di Toronto, la ricerca ha esteso il proprio campo ben oltre il midollo osseo e il cordone ombelicale: oggi anche i denti, e in particolare quelli del giudizio, entrano di diritto tra le fonti più promettenti di queste cellule preziosissime, capaci di rigenerare tessuti e, un giorno, forse, di riparare organi danneggiati.
I “giudizi” potenziali miniera di salute
Della rivalutazione del ruolo dei denti del giudizio con la prospettiva di ricavarne staminali si parla in realtà da almeno 15 anni.
Un recente studio attesta ora che, attraverso un trattamento non invasivo basato su iniezioni di staminali derivate dalla polpa dentale, è possibile ricostruire – senza ricorrere a interventi chirurgici – tessuti di supporto del dente come quelli gengivali, ossei e legamentosi che tengono fermo il dente e possono essere colpiti dalla malattia della parodontite.
Ma le ricerche scientifiche mirano oltre: riuscire a sviluppare nuove terapie rigenerative attraverso cui far ricrescere anche altre parti del corpo in modo naturale.

Approfondire la conoscenza per perfezionare l’uso delle staminali dentali
Un team di ricerca dell’Università di Hasselt, in Belgio, sta così sviluppando un modello innovativo di studio della malattia genetica chiamata Charcot-Marie-Tooth (Cmt), partendo proprio dal fatto che le cellule staminali prelevate da un paziente con Cmt possono essere coltivate in laboratorio e istruite a diventare cellule nervose del tipo colpito dalla malattia.
In particolare, possono trasformarsi in cellule di Schwann, o motoneuroni, che condividono un’origine embrionale proprio con le staminali derivate dai denti. Approfondire la conoscenza dei meccanismi di funzionamento e della capacità di trasformarsi propria di queste importantissime cellule è del resto fondamentale per compiere ulteriori passi avanti.
Uno studio cinese appena pubblicato su Stem Cell Research & Therapy ha così scoperto che una particolare molecola di Rna, chiamata Ftx, blocca un gene che normalmente aiuta le staminali a mantenere la capacità di rigenerarsi. Riuscire a controllare i livelli di Ftx, dunque, significherebbe evitare l’effetto negativo sulla crescita delle cellule staminali e sulla loro possibilità di trasformarsi, aprendo a nuove cure a base di Rna o di editing genetico.

Nuovi materiali per aiutare l’utilizzo delle staminali
Un altro aspetto su cui si stanno concentrando le ricerche è quello dei materiali su cui far crescere in laboratorio le cellule staminali, passaggio fondamentale per poterle utilizzare in medicina. Al momento, per creare questa sorta di “impalcatura” che imita l’ambiente naturale del dente si usano materiali generalmente di origine animale, come il collagene, che però, oltre a essere costosi e difficili da reperire, presentano anche problemi di compatibilità e dunque il rischio di un possibile rigetto. Al riguardo, uno studio pubblicato su ScienceDirect a luglio ha presentato i risultati positivi dei test su un nuovo materiale, derivato dalla cellulosa, che ha dimostrato di funzionare a tal fine, con risultati ancor migliori se unito a una quantità moderata di fosfato, che ha anche l’effetto di stimolare la formazione di tessuti duri. Un’altra strada percorsa, descritta sempre lo scorso luglio sulla rivista Frontiers in Cell and Developmental Biology, per ricreare l’ambiente naturale della polpa punta invece su microsfere biodegradabili, che si sono dimostrate non tossiche e ben tollerate dalle cellule, caricate con un liquido che contiene molecole rilasciate naturalmente dalle staminali della polpa dentale. Una strategia che, in esperimenti su modelli animali, ha favorito la rigenerazione del tessuto e si pone come solida base per pensare di riuscire riportare in vita denti danneggiati.
Alberto Minazzi



