Oltre alla parte incentrata sulla Laguna di Venezia, il progetto Misp si concentra anche su tre corsi d’acqua dell’entroterra per provare a diminuire l’inquinamento del bacino scolante veneto
Dalla sorgente, l’acqua dei fiumi scorre verso il mare.
È la sua natura; ma, inevitabilmente, i corsi d’acqua portano con sé anche tutti i rifiuti, a partire dalle plastiche, che raccolgono lungo il loro percorso.
Per diminuire questo tipo di inquinamento in uno spazio circoscritto come la Laguna di Venezia e il suo bacino scolante, da dove poi si riversa anche in Adriatico, la strategia da mettere in campo, dunque, non può riguardare solo il tratto conclusivo di questa catena. Accanto al monitoraggio della Laguna, cioè, bisogna intervenire anche a monte, per studiare e capire meglio il comportamento dei rifiuti in acqua, contribuendo nel contempo alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema.
E l’innovativo progetto Misp (acronimo per MIsure Sperimentali nei corsi d’acqua del distretto Alpi Orientali per la cattura dei rifiuti e delle Plastiche galleggianti), realizzato grazie ai fondi della legge “SalvaMare” e affidato alla supervisione dell’Autorità di bacino delle Alpi Orientali, mira proprio a questo risultato.
Lo studio dei rifiuti in plastica che conflusicono in Laguna
Un punto fondamentale del progetto, curato dalla multiservizi Veritas (che lo riassume, insieme ad altre strategie all’insegna della sostenibilità, all’interno del suo primo Quaderno “Eco+Eco“, intitolato proprio “Dalla plastica alle plastiche“), è la realizzazione di una speciale barca a basso impatto ambientale dotata di appositi dispositivi per la raccolta dei rifiuti galleggianti, per la quale il cronoprogramma prevede l’inizio dell’attività nel 2026, che verrà supportata e resa più efficace grazie a un apposito studio basato su dispositivi galleggianti Gps.
Questi, simulando il comportamento dei rifiuti in Laguna, consentiranno di individuare i percorsi preferenziali e le principali aree di accumulo.
Nei prossimi mesi sono previsti nuovi lanci, aumentando il numero di sensori oltre i 140 attuali, alcuni dei quali sono andati persi, in molti casi perché bloccati dalla vegetazione o finiti sotto pontili, facendo perdere almeno momentaneamente il loro segnale, e circa 4 o 5 sono stati raccolti dai cittadini, nonostante l’indicazione di non aprirli. L’attività proseguirà almeno fino al termine del prossimo anno, sperando di ottenere nel frattempo ulteriori finanziamenti dal Ministero per portarla avanti anche oltre la scadenza dell’attuale progetto. I dati così raccolti andranno ad aumentare le conoscenze ottenute attraverso una serie di altri progetti autonomi che studiano la problematica dell’inquinamento da plastica nei corsi d’acqua e in mare. Per esempio, la Regione Veneto, tra la primavera 2023 e novembre 2024, ha monitorato, utilizzando algoritmi di intelligenza artificiale e speciali videocamere posizionate sui alcuni ponti di Piave, Bacchiglione e Canal Bianco, la quantità e la tipologia delle macroplastiche trasportate dai fiumi, riuscendo a identificare i rifiuti che si trovano più spesso e le condizioni, stagionali e meteorologiche, che favoriscono maggiormente l’intensità del trasporto di plastica, evidenziando, in tal senso, un legame con le precipitazioni.
I fiumi monitorati nel progetto Misp
Il quadro verrà arricchito da un’altra azione inserita nel progetto Misp, di cui si occuperà concretamente il Consorzio di Bonifica Acque Risorgive. Si tratta di una misura strutturale che prevede l’installazione e la manutenzione di diversi dispositivi galleggianti per intercettare i rifiuti trasportati dalla corrente, facilitandone in tal modo la raccolta. Per il posizionamento dei dispositivi si è puntato in particolare su alcuni punti ritenuti strategici nei corsi d’acqua, partendo dai primi 3, tutti confluenti nel naviglio del Brenta. Si tratta del canale artificiale Taglio di Mirano, che convoglia le acque del fiume Muson Vecchio, del fiume Tergola-Serraglio, che nasce dalla palude di Onara, nell’Alta Padovana, e sfocia presso Stra, e dallo scolo Pionchetta Nord – Pionca, derivazione dello stesso Tergola che attraversa i territori di Pianiga e Dolo, arrivando fino a Mira.
“Non è stato facile – spiega Sara Pasini, referente del progetto – individuare, in un bacino antropizzato e in una rete articolatissima e già ricca di sbarramenti per lo sfruttamento irriguo o idroelettrico, siti che presentassero le necessarie caratteristiche fisiche e morfologiche, che avessero una portata stabile e sui quali la posa di barriere galleggianti non interferisse con la navigazione delle imbarcazioni. L’attività prevista avrà carattere sperimentale, prevedendo test per diversi tipi di dispositivi.
Entro fine 2025 i primi risultati?
Sullo scolo Pionca, fanno il punto della situazione Pasini e il funzionario dell’Autorità di bacino Giacomo Poletto, già a luglio sono state effettuate le prime prove di posizionamento di una barriera, poi rimossa precauzionalmente in occasione di una piena ad agosto. Negli altri due siti, è in atto la bonifica necessaria per il posizionamento di pali e barriere, restando nel frattempo in attesa delle autorizzazioni da parte del Genio civile di Venezia. “Una volta posizionate – riprende Sara Pasini – le barriere inizieranno da subito a intercettare i rifiuti e, essendo già andate a buon fine le gare per l’affidamento, contiamo che potranno restare in acqua almeno un anno e mezzo o due, fino alla scadenza del progetto fissata del Ministero a dicembre 2026, salvo proroghe. In ogni caso, anche se non dovessero arrivare ulteriori finanziamenti, con i nostri partner abbiamo concordato di mantenere le barriere fino alla fine della loro vita naturale, essendo realizzate con materiali che si deteriorano con il tempo, provvedendo solo a quel punto alla rimozione”. I primi risultati, intanto, saranno a disposizione dopo il monitoraggio sui rifiuti intercettati grazie alle barriere galleggianti. “Salvo complicazioni – conclude la referente – il posizionamento delle barriere sarà completato. Con Veritas abbiamo raggiunto uno specifico accordo per effettuare le misurazioni quantitative dei rifiuti per ottenere i dati da trasmettere al Ministero. E, non essendo prevista una parte scientifica come nel caso dei sensori Gps impiegati in Laguna, speriamo già di avere i primi risultati prima della fine del 2025”.
Alberto Minazzi