Queste due specie di pappagalli sono sempre più presenti in molte città italiane da Roma a Bologna al veneziano
Non capita tutti i giorni di incontrarli.
Si fanno vedere infatti di rado, ma sono sempre più numerosi in Italia, anche nei contesti urbani.
Di dimensioni ridotte, con il loro bei colori e il becco rosso acceso invadono i parchi cittadini e proliferando sempre più nelle nostre città, dove se ne stimano almeno diecimila.
Sono due specie di pappagalli verdi: il parrocchetto dal collare e il parrocchetto monaco.
“Al momento la situazione è tale da non destare particolare allarmismo se non in alcune zone – spiega Mauro Bon, responsabile Ricerca e Divulgazione Scientifica del Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue di Venezia -. Tuttavia, considerata la tendenza ad aumentare in diverse città italiane, rappresentano un potenziale pericolo per l’agricoltura, poiché si nutrono di frutta, ortaggi e piante coltivate, e per la biodiversità”.
In allerta per gli ospiti urbani
In Puglia, in particolare, la presenza di questi pappagalli ha già causato diversi danni: i parrocchetti del luogo hanno divorato coltivazioni di mandarle e ulivi ma l’allerta è anche a Roma e Bologna.
“Si tratta di specie – prosegue Mauro Bon – il cui arrivo anche in Italia è stato sicuramente favorito dal cambiamento climatico: l’aumento delle temperature atmosferiche di fatto permette la colonizzazione di aree dove altrimenti non sarebbero andati. Sono specie alloctone, cioè non native, che si sono insediate e riprodotte anche sul nostro territorio e ormai diventate familiari in ambienti urbani dove la loro espansione dimostra che stanno trovando le condizioni ideali per vivere”.
Anche in Veneto si contano parecchi parrocchetti monaci e parrocchetti dal collare: sono a centinaia in provincia di Verona, nel padovano a Piove di Sacco, a Legnaro e nel veneziano a Venezia, Chioggia, Dolo, Fiesso, Campolongo Maggiore e Vigonovo. Oltre che per l’agricoltura possono rappresentare un serio problema per la biodiversità. Occupano infatti le cavità degli alberi appropriandosi di spazi usarti da specie autoctone come rapaci notturni e picchi, con i quali competono. Proprio per la loro presenza nelle aree urbane e rurali, in alcuni casi già risultata dannosa, gli agricoltori chiedono un intervento straordinario da parte delle istituzioni prima che la situazione diventi incontrollabile. Nessun problema per l’uomo.
Parrocchetto monaco e parrocchetto dal collare
La principale differenza tra le due specie è nel piumaggio e nel comportamento.
Il parrocchetto monaco, che proviene dalle zone sub tropicali del Sud America (in particolare Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay), è prevalentemente verde con guance e testa grigie e costruisce nidi enormi, una sorta di colonia condivisi.
Il parrocchetto dal collare, originario di Africa e Asia è anche lui verde con un collare scuro distintivo attorno al collo che compare con la maturità sessuale solo nei maschi, ha una coda più lunga rispetto al corpo e fa nidi su buchi sia di alberi, sia di manufatti.
Guardando al loro comportamento, il monaco per essere un uccello socievole, chiassoso e robusto che si aggrega in colonie mentre il parrocchetto dal collare è docile, vivace, intelligente con una grande capacità di apprendere parole e suoni e un ottimo volatore.
Entrambe le specie hanno introdotto numerose colonie anche in altre parti del mondo tra cui l’Europa e l’Italia dove sono ormai naturalizzate con popolazioni consolidate in Veneto, Lombardia, Liguria, Lazio, Campania, Puglia e Sardegna. I parrocchetti monaci sono arrivati nel nostro Paese probabilmente tra gli anni ’70 e ’90, mentre quelli dal collare sono stati importati come animali esotici tra gli anni ’70 e ’80, dopodichè sono fuggiti dai giardini zoologici o rilasciati in natura, stabilendosi nelle aree urbane, dove trovano un habitat ideale grazie all’abbondanza di cibo e rifugi. Sono diffusi particolarmente nel Nord Italia, mentre i monaci sono più presenti al Centro e al Sud.
Silvia Bolognini