Economia +

Lavoro: record di occupati in Italia, ma stipendi troppo bassi

Lavoro: record di occupati in Italia, ma stipendi troppo bassi

A fare il punto della situazione i nuovi report di Inps e Ocse. Gli ultimi dati veneti e le sfide future per welfare e pensioni

Nel 2024, in Italia, il tasso di occupati ha raggiunto il massimo storico, con oltre 24 milioni di persone (il 62,9% del totale) che hanno un posto di lavoro, mentre il tasso di disoccupazione è sostanzialmente stabile, attorno al 6%. Per di più, il mercato del lavoro nel nostro Paese mostra significativi segnali di stabilità. A fronte della prosecuzione della lenta contrazione del lavoro autonomo tradizionale (come artigiani, commercianti e coltivatori diretti), infatti ora il numero di dipendenti a tempo indeterminato supera i 16 milioni, attivi in particolare nel settore privato. Per contro un vincolo basato su contratto temporaneo riguarda solo il 14% del totale degli occupati. Le buone notizie arrivano dal XXIV Rapporto annuale dell’Inps, appena presentato a Montecitorio. I dati confermano le indicazioni contenute nel recentissimo Employment Outlook 2025 pubblicato dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, dal quale, però, emerge anche come l’Italia sia il fanalino di coda tra le principali economie avanzate del pianeta per gli importi degli stipendi corrisposti ai lavoratori.

Il tema dei salari nel rapporto Ocse

Secondo quanto riporta il report dell’Ocse, la performance percentuale di occupati e disoccupati in Italia, nel primo trimestre di quest’anno, è ancora sotto le medie dei 38 Paesi che aderiscono all’organizzazione, attestate rispettivamente al 72,1% e al 4,9%. Anche considerando che i dati sono in miglioramento, ed è prevista dall’Ocse una prosecuzione della crescita dell’occupazione totale del +1,1% nel 2025 e del +0,6% nel 2026, il vero campanello d’allarme, per quanto riguarda il nostro Paese, riguarda quindi i salari, pur essendosi registrato un aumento anche su questo fronte. Perché, sottolinea il rapporto, le retribuzioni italiane, a inizio del 2025, erano ancora inferiori del 7,5% rispetto al 2021, non essendo bastato il rinnovo dei principali contratti collettivi nel 2024 per compensare la perdita di potere d’acquisto legata all’elevata inflazione degli ultimi anni. E anche le previsioni, pur facendo registrare segni positivi (con un +2,6% nel 2025 e un +2,2% nel 2026), pongono il nostro Paese ben al di sotto rispetto agli aumenti salariali previsti nella maggior parte delle altre economie degli Stati aderenti all’Ocse. Senza dimenticare, nella prospettiva del recupero del potere d’acquisto, che l’inflazione dovrebbe attestarsi al +2,2% nell’anno in corso e al +1,8% il prossimo.

Il lavoro in Veneto

Il trend di crescita dell’occupazione a livello nazionale è sostanzialmente confermato a livello territoriale anche nelle ultime statistiche di Veneto Lavoro, pubblicate proprio in queste ore dalla Regione. “I dati della Bussola di luglio – ha commentato l’assessore regionale al Lavoro, Valeria Mantovan – confermano la tenuta del mercato del lavoro veneto, con un saldo occupazionale positivo nella prima metà dell’anno pari a +74.700 posizioni di lavoro dipendente”. Le performance più significative arrivano dal tempo indeterminato, con una crescita di +17.100 posizioni nei primi 6 mesi dell’anno grazie all’aumento delle trasformazioni e alla riduzione delle cessazioni. Nonostante un ridimensionamento rispetto al passato, risultano in crescita anche i contratti a termine (+56 mila) e l’apprendistato (+2.300). A giugno si è registrato un recupero sensibile nell’industria e in alcuni ambiti del terziario veneto, che hanno contribuito al saldo positivo mensile di +18 mila posti di lavoro, pur con un freno legato alle difficoltà delle imprese nel reperire personale e all’incertezza congiunturale. “Siamo consapevoli – riprende l’assessore – che la flessione della domanda di lavoro e la stabilità delle cessazioni indicano un atteggiamento di cautela da parte delle imprese. Inoltre, il confronto con il triennio precedente evidenzia un rallentamento che ci invita alla prudenza e, soprattutto, a rafforzare gli investimenti in politiche attive, competenze e formazione”.

La crescita delle pensioni e le sfide future

Tornando al rapporto Inps, ci sono segnali positivi anche sul fronte pensionistico. L’Istituto sottolinea in particolare il record storico di 27 milioni di assicurati, ovvero lavoratori, dipendenti e autonomi, obbligati ai versamenti presidenziali. Sono stati 400 mila in più (+1,5%) su base annua, con una crescita di 1,5 milioni nel confronto con il periodo pre-pandemico (+5,9% dal 2019). Determinante, anche in questo caso, il lavoro dipendente privato, che ha registrato un +9,3% di assicurati. Il sistema pensionistico pubblico, dunque, si conferma solido, riuscendo ancora ad assicurare il pagamento degli assegni a circa 15,7 milioni di pensionati, per un importo mensile medio di 1.884 euro. Ad aumentare è anche il flusso delle nuove pensioni, con 1,57 milioni di posizioni (+4,5% rispetto al 2023) liquidate nel 2024, in considerazione della crescita di quelle di vecchiaia (+14,5%) e di invalidità (+11,8%), mentre calano le pensioni anticipate. Lo stesso presidente dell’Inps, Gabriele Fava, ha però ammesso che l’Istituto sta già ragionando nell’ottica di come rispondere alle sfide di sostenibilità del sistema del welfare, legate a fattori come il cambiamento demografico e alle condizioni socio-economiche destinate a mutare. I dati Istat confermano infatti che il calo delle nascite nel nostro Paese sta continuando inesorabilmente e, tra le conseguenze che ne deriveranno c’è anche la diminuzione di milioni di persone in età lavorativa, con il raggiungimento di un rapporto di 1:1 con i non attivi verso il 2050.

Alberto Minazzi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Il campo nome è richiesto.
Il campo email è richiesto o non è corretto.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.