Nel cuore industriale di Porto Marghera nasce il laboratorio del futuro per sistemi biorigenerativi destinati alle missioni lunari. Veritas, Università venete e Asi insieme per sperimentare tecnologie spaziali da applicare anche sulla Terra
Tra i capannoni riconvertiti e l’eco profonda di vecchi impianti, nel cuore industriale di Porto Marghera, ha messo radici il futuro.
Alle porte della Laguna di Venezia oggi si progettano gel biotecnologici a base di batteri antichi e alghe per produrre energia sulla Luna, si sperimentano microalghe capaci di nutrire e assorbire CO₂ più efficacemente delle piante terrestri, si lavora a stampanti 3D pensate per costruire pezzi di ricambio direttamente nello spazio, a microorganismi capaci di trasformare rifiuti in risorse vitali.
Come ha detto il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, “Venezia guarda alla luna. E viceversa”.
E non si tratta di una boutade ma di una realtà concreta, inaugurata con orgoglio da amministratori e scienziati, tecnologi e rappresentanti dell’Agenzia Spaziale Italiana.
Al centro dell’attenzione, il Venice Microlife Space Lab di Veritas, un laboratorio che sembra arrivare da un’altra epoca – o da un altro pianeta e che trasforma i rifiuti in energia spaziale.
Il taglio del nastro ha sancito anche un nuovo accordo: quello siglato tra il presidente di Veritas Marco Bordigon e dal presidente della società Eie Group di Mestre (leader mondiale nei settori dell’astronomia, astrofisica e nelle applicazioni per lo spazio con sviluppo di nuove tecnologie di space living) per lo sviluppo congiunto di nuove tecnologie per lo spazio.
La Laguna di Venezia, uno scrigno di risorse
Ma cosa si fa, concretamente, dentro Microlife?
In apparenza, si studiano rifiuti. In realtà, si esplorano soluzioni per rendere autonome e sostenibili le future stazioni spaziali, a cominciare dalla base lunare permanente prevista dal programma internazionale Artemis, cui partecipano anche ESA e NASA.
Il progetto si chiama BioMoon e ha ricevuto un finanziamento di 840mila euro dall’ASI.
A portarlo avanti è un gruppo ristretto ma determinato di ricercatori guidati da Graziano Tassinato, mente scientifica del GpLab.

L’idea è affascinante, ma anche sorprendentemente semplice: creare dei sistemi biorigenerativi capaci di trasformare scarti organici in risorse, dentro un ambiente chiuso come quello spaziale.
Energia, acqua, alimenti, materiali: tutto deve nascere e rigenerarsi lì.
Per questo, entrano in gioco le microalghe, i batteri arcaici e perfino i fanghi della laguna veneziana, ricchi di microrganismi fotosintetici straordinari.
In un angolo nascosto tra silos e pompe, si sta sperimentando un gel innovativo che racchiude batteri rossi, alghe e ceppi idrogenotrofi: un sistema vivente in grado di generare bioidrogeno e purificare l’acqua, produrre alimenti iperproteici e persino farmaci.
Brugnaro: “Stiamo costruendo qualcosa che parla anche alle nuove generazioni”
Sembra fantascienza, ma è tutto reale: il confine tra ricerca e vita concreta è sottilissimo.
Il sindaco Brugnaro non ha nascosto l’orgoglio per il ruolo che Venezia sta giocando in questa nuova corsa allo spazio.
“Porto Marghera si conferma un luogo di sperimentazione e di avanguardia – ha sottolineato -.Questo progetto dimostra l’impegno concreto del Comune sui temi della sostenibilità. E se oggi qui si contano già diciotto tra tesi di laurea e dottorato dedicate a queste attività, vuol dire che stiamo costruendo qualcosa che parla anche alle nuove generazioni”.

Veritas: dai rifiuti urbani alle frontiere dello spazio
Una convinzione condivisa anche dal presidente Bordignon, che ha definito Microlife come “l’esempio lampante di come la sostenibilità non sia solo garantire servizi ai cittadini, ma anche immaginare soluzioni innovative che migliorano la vita di tutti”.
Per Veritas, che i veneziani conoscono soprattutto per la gestione dei rifiuti urbani, è una vera metamorfosi: da utility locale a pioniere della space economy.
D’altra parte, come testimoniano i numeri, il settore spaziale veneto è in continua crescita: secondo un recente studio, entro il 2040 avrà un impatto diretto sul PIL di almeno 1,5 miliardi di euro, con oltre 2.400 posti di lavoro altamente qualificati. Un’opportunità enorme, non solo per i centri di ricerca, ma per l’intero territorio.