In alcune acque minerali è presente un Pfas poco conosciuto ma potenzialmente rischioso. L’associazione sollecita l’Europa a fissare un limite specifico per tutelare la salute
Anche se i dati evidenziano che la più controllata tra le acque è quella che esce dal nostro rubinetto, gli italiani in generale continuano a considerare la minerale in bottiglia come quella più sicura per la salute.
Non a caso siamo il primo Paese in Europa per consumo di questo prodotto, con una media individuale annua che sfiora i 250 litri. In realtà, anche l’acqua che acquistiamo sugli scaffali del supermercato in molti casi può nascondere delle insidie.
Compresi i Pfas, le sostanze chimiche perfluoroalchiliche, prodotti da qualche anno balzati al centro delle cronache per gli effetti negativi che possono produrre sulle persone e di cui solo da poco si sta iniziando ad approfondire la reale pericolosità per la salute.
Il Tfa nell’acqua minerale
A sottolinearlo è l’analisi sulla qualità di 21 diffusi marchi di acqua in bottiglia condotta dall’associazione di consumatori Altroconsumo, che nell’occasione, oltre al rilanciare sull’introduzione del divieto di produzione e uso dei Pfas, ha ribadito la richiesta di controlli più efficaci e norme più rigide, a partire dall’istituzione di nuovi limiti europei, aggiornati secondo le nuove evidenze scientifiche, per una di queste sostanze: l’acido trifluoroacetico, o Tfa.
Attualmente, nell’Unione Europea, l’unico limite esistente in materia di Pfas è quello generale sul totale dei Pfas nelle sole acque potabili, non essendo previsto invece nessun limite specifico per il Tfa. Per ricercare, tra gli altri inquinanti e contaminanti presi in considerazione, anche la presenza di questa sostanza e così giudicare attraverso i test la qualità dei diversi marchi di acqua minerale, Altroconsumo ha dunque potuto applicare solo questo punto di riferimento generale. In ogni caso, è stato sufficiente per riscontrare la presenza di livelli eccessivi di Tfa nelle bottiglie di 5 marchi su 21 (e comunque la presenza quantomeno sotto forma di tracce in 18 su 21), confermando così che anche l’acqua in bottiglia non è indenne dagli effetti dell’inquinamento ambientale che ormai colpisce l’intero ecosistema.
Una precedente analisi dell’associazione ambientalista Pesticide Action Network Europe (PAN Europe) aveva rilevato la presenza di TFA in 10 su 19 marche di acqua minerale analizzate, provenienti da vari Paesi europei. In sette di queste, i livelli di TFA superavano i limiti stabiliti per l’acqua potabile.
Le richieste di Altroconsumo
Il Tfa appartiene alla famiglia dei Pfas, sostanze derivanti da attività industriali che presentano tra le loro caratteristiche la capacità di resistere ai processi di degradazione naturale e dunque accumularsi nell’ambiente in maniera invisibile per decenni. Riguardo agli effetti che può produrre sulla salute, si ragiona ancora al livello di ipotesi, che riguardano prevalentemente, così come per gli altri Pfas, un influsso sulla fertilità e sul fegato. La valutazione della tossicità del Tfa è attualmente al vaglio dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), incaricate dalla Commissione europea di lavorare sul tema in maniera coordinata. Al momento, però, mancano limiti legali specifici, per tutelare nel lungo periodo la qualità e la sicurezza dell’acqua dagli effetti del Tfa, tanto per quelle potabili che per quelle superficiali o sotterranee. Nell’ambito del recepimento della direttiva europea relativa alle acque destinate a uso umano, il Governo italiano ha proposto di modificare le regole in vigore eliminando il parametro “Pfas totale” (che fissa la soglia, già recepita dall’Italia, a 500 nanogrammi per litro) e introducendo nel contempo per i controlli, che saranno obbligatori dal 12 gennaio 2026, un parametro ad hoc per il Tfa con valori molto più bassi dei precedenti. In considerazione delle attuali incertezze scientifiche, Altroconsumo non ritiene però al momento opportuna la modifica chiedendo nel contempo la definizione di un limite relativo alla presenza di Tfa anche nelle acque minerali.
Alberto Minazzi