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Lavori strani ma veri: ecco le professioni del 2025

Lavori strani ma veri: ecco le professioni del 2025

Dal sex chat manager al contatore di fagioli e al fornitore di alibi: i mestieri che nessuno avrebbe immaginato

C’è chi allena l’intelligenza artificiale, chi sussurra ai cavalli per mestiere e chi viene pagato per dormire.
No, non è fantascienza né un casting per un reality bizzarro: è il nuovo mondo del lavoro.
Un panorama che cambia alla velocità di una connessione in fibra, dove le professioni più richieste del 2025 includono figure come il prompt engineer o il finetuner e i tester di coupon, ma anche partner virtuali, assaggiatori di cibo per animali e fornitori di alibi per scappatelle.
Dietro a questa rivoluzione ci sono la tecnologia, certo, ma anche una realtà economica che costringe milioni di persone a reinventarsi. Spesso con creatività. A volte con genialità. Sempre con urgenza.

I lavori innovativi del terzo millennio

Un curioso elenco dei nuovi professionisti, in molti casi difficili da prevedere anche solo pochi anni fa, è stato stilato in base all’analisi svolta dalla tech company Fiscozen sulle attività svolte in partita Iva.
Nell’ambito dell’Ai, così, le 5 figure più ricercate nel 2025 sono il “prompt engineer”, che perfeziona comandi più adatti e funzionali, il “finetuner”, che addestra i modelli generici di Ai adattandoli a settori o compiti specifici, lo specialista in etica dell’Ai e i consulenti legali e sulla privacy, in particolare nell’ambito dei Large Language Models.
Nell’ambito digitale, a incuriosire sono per esempio il “partner virtuale” e il risponditore in sex chat per conto dei creator su siti per adulti, ma anche i brand di “ristoranti virtuali”, che producono solo per il delivery in “dark kitchen”, cioè cucine non aperte al pubblico. Dai social netvork ecco poi il “social seller”, che stabilisce connessioni dirette e autentiche con gli utenti per vendere un prodotto o un servizio, e il “responsabile dell’ascolto”, in grado di “leggere” meglio di una macchina i sentimenti attraverso le conversazioni online.

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Nel mondo reale, infine, si va dagli “experience designer”, esperti nella creazione di esperienze su misura in ambiti come viaggi, benessere e shopping, ai “menu engineer”, che si dedicano alla ristrutturazione delle offerte di cibo, ma anche i “disability manager”, che si occupano di accessibilità per i disabili, e gli “HSE advisor”, consulenti specializzati in salute, sicurezza e ambiente.

Strano ma vero: anche questi sono professionisti

Più o meno recenti, ci sono inoltre diverse attività professionali evidenziate da Fiscozen che sorprendono per la loro originalità. Ecco, dunque, il “fornitore di alibi”, disponibile sia per la giustificazione di ritardi in ambito professionale che per la copertura di scappatelle all’interno di relazioni di coppia. Nell’alimentare, si va dagli “annusatori di prosciutti”, che sanno valutare con il naso la stagionatura dei salumi, ma anche gli “assaggiatori di cibo per animali” e il “contatore di fagioli”.
E che dire del “guardiano di isole deserte”, dell’“accenditore di candele” in chiese e basiliche storiche, del “sub raccoglitore di palline da golf” o del “colombista” per matrimoni? E c’è persino il “dormitore professionista”, che testa materassi o chi ricostruisce scene del crimine con spaghetti o rigatoni per mostrare traiettorie e impatti.

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Professioni estremamente fantasiose, in cui si combinano abilità tecniche e attitudini personali allo spirito imprenditoriale e alla massima ricerca della libertà nella propria espressione lavorativa, che adesso trovano anche un riconoscimento anche a livello ufficiale, essendo stati per esempio previsti, nell’ultima revisione, dei codici Ateco specifici per il “sussurratore di cavalli” o il “guaritore”. E, in alcuni casi, al di là dell’ovvio sorriso che strappano, si tratta di attività anche molto remunerative.

Il tema della povertà lavorativa

La spinta a inventarsi una nuova professione, del resto, spesso parte da considerazioni di tipo economico.
Il cosiddetto “lavoro povero”, che pone chi lo pratica in un’area di disagio economico e sociale definita di “povertà relativa” è infatti un tema purtroppo sempre più d’attualità. Secondo un’indagine delle Acli basata su dati Istat, i lavoratori poveri in Italia sono arrivati a superare quota 8,5 milioni, con un incremento del +55% in un decennio.
Le soluzioni ipotizzate per garantire dignità a tutti i lavoratori sono diverse: dal salario minimo, pari a 9 euro all’ora, richiesto per ogni tipo di attività dai sindacati, al salario adeguato su cui punta un disegno di legge del Governo, di cui è già pronta la bozza di decreto, che intende valorizzare invece la contrattazione collettiva. Al momento nulla, però, si muove concretamente. E lo stesso taglio del cuneo fiscale nel 2025 è rimasto sospeso per i dipendenti pubblici, che vedranno comunque ripartire la misura dal prossimo giugno, con un beneficio medio da 80 euro inserito in busta paga, insieme al riconoscimento degli arretrati dei primi 5 mesi, che si tradurrà in un rimborso mediamente di 480 euro a lavoratore.

Nel 2035, quasi 3 milioni di lavoratori in meno in Italia

Ad aggravare la situazione del mondo lavorativo, c’è poi l’invecchiamento della popolazione.
L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha stimato che, nei prossimi 10 anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà di oltre 2,9 milioni di unità, con una riduzione del -7,8% rispetto ai 37,3 milioni di persone di inizio 2025.
Una situazione che produrrà effetti pesanti per l’intera economia nazionale. “Dobbiamo prepararci a un progressivo rallentamento del Pil”, scrive la Cgia, che non vede possibili soluzioni nemmeno nella manodopera straniera, oltre a non poter contare in tempi così rapidi su un’inversione del trend demografico. Tra le imprese, ne soffriranno soprattutto quelle medio-piccole, con tagli di organico. Si apriranno inoltre nuove sfide, sia sul fronte dei conti pubblici, con un aumento della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, che su settori specifici come mercato immobiliare, trasporti, moda e turismo. E non si salverà nessuna area del Paese. Se metà dei lavoratori in meno riguarderà il Sud (con il picco del -15,1% in Sardegna e la quota più bassa, -2,8%, in Emilia Romagna), in tutte e 107 le province la popolazione tra 15 e 64 anni diminuirà, con una forbice che va dal -17,9% di Nuoro al -0,6% di Parma, mentre in valori assoluti spiccano -236.677 potenziali lavoratori che verranno a mancare nella provincia di Napoli.

Alberto Minazzi

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Tag:  Lavoro