Editoriale +

I 100 anni di Porto Marghera

I 100 anni di Porto Marghera


“E signora badi ben che sia fatto di Moplen!”. Gino Bramieri era “l’avventuroso casalingo” che dal 1961 al 1967 spopolò in televisione con gli sketch della pubblicità del rivoluzionario, resistente, colorato Moplen (a guardarli oggi su youtube sono ancora un esempio straordinario, e modernissimo, di advertainment). Sono gli anni ’60, l’era della plastica.
Quella pubblicità fu commissionata dalla Montecatini, proprietaria del brevetto del Polipropilene isotattico, un polimero ricavato dal petrolio la cui scoperta (era il 1954) valse nel ’63 il Nobel per la chimica a Giulio Natta, un professore del Politecnico di Milano che lo descriveva come “un polimero le cui molecole hanno lo stesso ordine che hanno le cose in natura”.
Il 22 dicembre del 1965 i consigli di amministrazione della Montecatini e della Edison approvarono il progetto della loro fusione. Insieme possiedono l’84% delle aree della seconda zona industriale di Porto Marghera. Nel marzo del ’67 nasce la Montedison. E con questa, il più grande polo chimico italiano. E Marghera, con tutta l’area padana, ne è il motore. Nel 1965 Porto Marghera dava lavoro a quasi 33 mila persone. Sarà il picco massimo. Terrà ancora fino alla fine degli anni Sessanta, poi il declino, lento e progressivo del suo ciclo vitale.
Porto Marghera nasce nel febbraio del 1917 per iniziativa del “Sindacato di studi per imprese elettrometallurgiche e navali del porto di Venezia” presieduto da Giuseppe Volpi.
Con le fabbriche, con le loro violente contraddizioni, nel tempo a Marghera si sviluppa un tessuto urbano e sociale importante. Che è quello di Venezia e della sua terraferma. È la storia di questa città. Nel bene e nel male. Economia, lavoro, comunità; ambientalismo, politica e sindacato.
Porto Marghera è oggi una grande scommessa. Con le produzioni che rimangono, con l’eredità che la vecchia industria di base ha lasciato e che ancora condiziona la sua rigenerazione.
A cento anni dalla sua nascita è LA scommessa di questo territorio. Di un’area metropolitana che attorno ad essa può generare ancora sviluppo, ricchezza, lavoro; e ancora comunità.
Il Metropolitano in questo numero cercherà di raccontare, attraverso fotografie e testimonianze, i 150 anni di Porto Marghera. I primi cento e i prossimi cinquanta. Guardando al futuro.