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Universe Pavilion: a Venezia, lo spazio incontra la Terra

Universe Pavilion: a Venezia, lo spazio incontra la Terra
Casetta-rifugio isotermica

Al centro del primo “Padiglione dell’Universo”, una mostra con installazioni in cui arte e scienza si uniscono per dare risposte alle sfide dell’architettura spaziale

Esplorare le sensazioni di isolamento, alienazione, ma anche di resilienza, avvertite dagli astronauti durante le missioni spaziali. Questo l’obiettivo di “A Study in Isolation”, un laboratorio performativo che dal 24 al 26 luglio animerà il primo Universe Pavilion di Venezia (Fàbrica 33, Cannaregio 5063), ambizioso progetto che coniuga arte, architettura ed esplorazione spaziale.

Il “Padiglione dell’Universo” di Venezia

Nato dalla collaborazione tra Astronautin GmbH, azienda specializzata nel settore spaziale, ed Efesto, fondazione veneziana che promuove l’inclusione nell’arte, nella musica e nello sport, il Padiglione dell’Universo (www.universepavilion.com) è concepito come un evento annuale, volto a creare una piattaforma che favorisca un dialogo continuo tra culture e discipline.

Universe Pavilion, installazioni

Al centro di questa prima edizione c’è “Sheltering in Space – A Guide”, una mostra che offre un’esplorazione a 360° dell’arte, dell’architettura e delle intuizioni scientifiche legate all’architettura spaziale, attraverso opere di artisti internazionali e architetti dello spazio come Inploration, Janine ThüngenReichenbach, jt-r x Ultravioletto, Karla Dickens, Kristina Pulejkova, LIQUIFER e Marcus Neustetter x Annick Bureaud.

Una mostra che unisce Terra e spazio

“Si tratta di un mix multidisciplinare unico – spiega Claudia Schnugg, curatrice della mostra – che include diverse installazioni: una proiezione olografica in un ambiente ispirato alle navicelle spaziali dotato di un kit di sopravvivenza; un’opera scultorea connessa alla realtà aumentata; un progetto multimediale realizzato con materiali riciclati, in dialogo con un rifugio che risponde alle esigenze di protezione locale a Venezia; infine, un’opera mista che riflette sulle nozioni indigene australiane di rifugio in relazione al cosmo”.

La curatrice della mostra, Claudia Schnugg

“Questo insieme di lavori – prosegue la curatrice – affronta questioni rilevanti nel campo dell’architettura spaziale, che stanno però assumendo un’importanza sempre più significativa anche qui sulla Terra”. L’esposizione esplora l’intero spettro di ciò che comporta abitare ambienti planetari e extraterrestri, indagando il rapporto dell’umanità con il cosmo. “Le sfide dell’abitazione extraterrestre, resilienza, scarsità, sostenibilità, riflettono le urgenti questioni ambientali e sociali del nostro presente”, aggiunge Schnugg.

The Metabolic Guide to Space Surviva ©recordstudio

Le opere esposte

Vasta la gamma di opere che indagano l’intersezione tra spazio, sopravvivenza e il rapporto dell’umanità con il cosmo. “Lunar Mission Control Station”, per esempio, è un’installazione che, attraverso un modello di Centro di Controllo della Missione Lunare a grandezza naturale, permette ai visitatori di interagire in tempo reale con le operazioni lunari, offrendo un’esperienza immersiva dell’esplorazione spaziale guidata dalla ricerca accademica. “Sapiens’ Space Shelter Home”, invece, reimmagina il concetto di “casa” per i futuri viaggiatori spaziali.

Casetta-rifugio isotermica

Utilizzando un materiale ultraleggero sviluppato dalla NASA negli anni ’60 per proteggere i veicoli spaziali dalle fluttuazioni di temperatura nello spazio, l’artista Janine Thüngen-Reichenbach ha ideato una struttura dorata, pieghevole che evoca sia la protezione fisica sia la memoria culturale, tracciando parallelismi tra le prime migrazioni umane e i viaggi degli astronauti del futuro. La cosiddetta “coperta isotermica” con con cui è realizzata la casetta-rifugio in esposizione è tuttora in uso nei salvataggi di emergenza, un oggetto di sopravvivenza in grado di mantenere il calore corporeo salvando vite umane.

Universe Pavilion di Venezia (Fàbrica 33, Cannaregio 5063)

Gli eventi

Per offrire ai visitatori un’esperienza più profonda e interattiva della mostra, esplorandone i temi da prospettive scientifiche e creative, sono stati proposti una serie di eventi pubblici, tra i quali la “Cena Spaziale”, su invito, curata dallo chef Alberto Gipponi, Tre Forchette Gambero Rosso. Una cena-performance con un menu di 7 portate, abbinato ai vini di Leone Alato, tra suggestioni aliene, provocazioni sul cibo del futuro e ingredienti replicabili in orbita come la carne in tubetto.

Carne in tubetto

Il prossimo evento, prima del finissage previsto il 31 luglio, sarà il già citato “A Study in Isolation”, evento finale con performance e tavola rotonda. Il progetto, che riflette sulle dimensioni psicologiche e fisiche del confinamento e della resilienza in ambienti estremi, prende forma con la performance dell’artista nepalese Amrit Karki che abiterà l’Universe Pavilion per 3 giorni consecutivi (24-26 luglio), trasformandolo in un luogo di ricerca esperienziale.

L’evento “A Study in Isolation”

Sabato 26, dalle 17 alle 19, la performance di Karki raggiungerà il suo culmine con un evento speciale che includerà anche una performance di Amazumi, artista che fonde rap, suono e movimento. “A Study in Isolation” nasce da una missione spaziale simulata di LunAres, base di ricerca analogica situata in un ex impianto militare sovietico a Piła, in Polonia. Gli artisti Amrit Karki e Amazumi hanno preso parte a missioni analoghe a LunAres, traducendo la loro esperienza in forma performativa. L’intervento di Karki si articola in 3 giorni di azione meditativa e a ritmo lento, fatta di ripetizione e immobilità, per riflettere i cicli psicologici dell’isolamento.

Kit di sopravvivenza nello spazio. The Metabolic Guide to Space Survival

La risposta di Amazumi, invece, è un’esplosione breve e intensa di musica rap, spoken word (forma di poesia o narrazione orale performativa) e di waacking (stile di danza nato negli anni’70). Una performance che incarna resistenza e trasformazione, dando voce al paesaggio emotivo e grezzo plasmato dall’isolamento. Amazumi è la prima artista di etnia indigena Yakthung, popolazione himalayana del Sikkim, in India a partecipare a una missione spaziale analogica. L’evento è aperto al pubblico gratuitamente: iscrizioni su Eventbrite, inserendo la voce “A Study in Isolation”.

Claudia Meschini

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Tag:  mostre, spazio