Il protocollo intende costituire una rete regionale, mettendo a sistema competenze scientifiche, sanitarie e operative per intervenire in modo tempestivo ed efficace
Le acque dei mari italiani, dove è sempre più facile vederle nuotare, sono ormai diventate “casa” per le Caretta caretta, la specie più comune di tartarughe marine. D’altra parte, sulle nostre spiagge si contano sempre più nidi. E’ lì che le tartarughe depositano le uova, in buche profonde circa 50 cm, e, una volta schiuse, come ci sarà capitato di vedere (se non dal vivo, almeno in molti video), un numeroso esercito di cuccioli che si affaccia alla vita corre rapidamente verso il mare, il suo habitat, dove i piccoli cresceranno. Ma, anche se le Caretta caretta nidificano da Nord a Sud dell’Italia, e la loro presenza sta diventando sempre più massiccia, la popolazione di queste tartarughe è classificata a livello globale come “Vu”. Ovvero “vulnerabile“, il terzo livello di rischio. Proprio guardando in questa prospettiva, è così arrivata ora, in Regione Veneto, l’approvazione del protocollo per una migliore gestione, non solo delle tartarughe marine ma anche di cetacei spiaggiati e la tutela dei nidi di Caretta caretta.
Mizzan, Museo di Storia Naturale di Venezia: “In Veneto mancano strutture di cura per gli questi animali”
Secondo quanto rileva il Wwf, il 2025 è stato un anno record per le Caretta caretta, soprattutto in Sicilia, Calabria e Campania. Quest’ultima regione, con ben 107 nidi certificati, ha superato il record di 104 registrato nel 2024. E il Cilento si conferma l’area ideale per le deposizioni. Anche la Liguria ha registrato un numero eccezionale, con 11 nidi, così come il Veneto, lungo le coste veneziane tra Cavallino, Pellestrina e Chioggia. Come spiega l’assessore regionale veneto ai Parchi e alla Pesca, Cristiano Corazzari, complici i cambiamenti climatici che stanno riscaldando la temperatura del mare, da gennaio 2025 se da un lato ne sono state rinvenute 12 tartarughe vive, dall’altro 99 morte, così come 9 delfini. L’approvazione del protocollo a tutela di questi animali, sentinelle della salute del nostro mare, diventa dunque un passo importante per la tutela della biodiversità.

“Apprendiamo con molta felicità – commenta Luca Mizzan, biologo marino, direttore del Museo di Storia Naturale Giancarlo Ligabue di Venezia – l’approvazione di questo protocollo. Il Centro recupero tartarughe marine di Venezia, che gestiamo al centro Morosini del Lido per conto del Comune, è l’unico attivo della regione. Da questo luglio abbiamo recuperato 6 tartarughe vive, 3 delle quali sono state mandate alla Fondazione Cetacea di Riccione, in quanto in Veneto non ci sono strutture che curano ma esiste solo il centro di pronto intervento. Di queste, una è morta, mentre le restanti 3 sono ancora al Lido, in quanto le loro condizioni permettono di rimanere nel centro di pronto intervento. E’ importante avere un coordinamento tra i vari attori, nel momento in cui si recupera un animale e per seguirlo al meglio in quelli successivi. Ben venga dunque il coordinamento regionale per arrivare a interventi sempre più gestiti al meglio”.

Cosa prevede il protocollo della Regione Veneto
Il protocollo veneto è uno strumento innovativo per il coordinamento delle attività di tutela della biodiversità marina, nato in sinergia con Università degli studi di Padova, Dipartimento di Biomedicina comparata e alimentazione, Arpav, Ente Parco naturale regionale veneto del Delta del Po, direzioni regionali competenti in materia di ambiente, sanità veterinaria, turismo e biodiversità, Comuni costieri e Capitaneria di porto, musei naturalistici e centri di recupero. L’obiettivo è quello di costituire una rete regionale mettendo a sistema competenze scientifiche, sanitarie e operative per intervenire in modo tempestivo ed efficace. Il protocollo sarà aggiornato ogni 3 anni per recepire le novità normative e scientifiche e prevede la diretta collaborazione tra enti governativi, enti pubblici, forze dell’ordine e organizzazioni non governative per la gestione degli spiaggiamenti di grandi vertebrati marini (cetacei e tartarughe) e per la protezione di nidi di Caretta caretta.
Le azioni a tutela dei nidi
Gli interventi previsti per la protezione dei luoghi in cui si riproducono le Caretta caretta vanno dal monitoraggio dei litorali idonei alla nidificazione, all’identificazione delle aree scelte per poi intervenire con la segnalazione dove i nidi sono presenti, la sorveglianza e il supporto alla schiusa delle uova e la nascita dei piccoli.

Per quanto riguarda la gestione degli animali, l’intento del protocollo è quello di garantire un intervento puntuale e tempestivo sull’animale vivo in condizioni di difficoltà e sulle carcasse per il loro trasferimento in strutture di studio e di smaltimento. Il protocollo approvato inoltre si inserisce in un percorso già avviato dalla Regione Veneto con l’istituzione di un hub della fauna selvatica terrestre e marina nel Delta del Po e con la partecipazione a progetti strategici europei come “InterregPoseidone”, dedicati al monitoraggio e alla conservazione delle specie marine.
Silvia Bolognini