Prodotto simbolo dell’agricoltura veneziana, il” violetto” è stato celebrato dalla BBC per la sua qualità e unicità. Ma la crescente fama porta con sé il rischio di imitazioni
C’è solo un “vascello” ogni ora per quest’isola del tesoro della laguna nord di Venezia.
Sant’Erasmo, “Sarasemo” nel dialetto dei locali, cioè isolani della laguna, è un lungo lembo di terra lagunare dove nasce e prospera forte e orgoglioso un carciofo particolare: il carciofo violetto.
A scoprirlo recentemente è stata anche l’altera ma attenta britannica Bbc, che ha spedito da queste parti una brava giornalista, inviata in quest’isola in cui, per arrivare, bisogna fare bene i calcoli con gli orari dell’unico vaporetto che vi approda e non sempre a coprire tutte le fermate.
Sulla Linea 13 si conoscono un po’ tutti: pilota, marinaio, Cosetta di ritorno da Fondamente Nove, Elio che se ne torna ai suoi alveari, Stefania che è andata a trovare qualche amica a Murano o Gianni, talentuoso fotografo dilettante che in silenzio sta trasformando la Torre Massimiliana in uno scrigno di immagini che spopolerebbero a New York, Parigi o la stessa Londra.
Tutti si salutano, tutti salgono e smontano alle stesse fermate di sempre.
«È una vita scandita da tempi diversi, anche questo vuol dire abitare in un’isola” dice Carlo Finotello, che è una figura un po’ particolare a Sant’Erasmo. Anche i suoi tempi, come quelli del fratello Claudio, come quelli di tanti abitanti di qui, sono “tempi diversi”». Sono i tempi della Natura, della campagna, dei raccolti. E anche quelli del mare, dell’acqua.
«Come in un fenomeno di vasi comunicanti: terra e acqua. Elementi che combinati ci danno il tesoro di quest’isola, il carciofo di Sant’Erasmo».

Il Violetto sulla BBC
Che il “violetto” sia un tesoro non è né una fake news né un’esagerazione.
Lo si sa a Venezia, ma ora anche oltre la Manica, dove il reportage della Bbc, andato in onda nel pieno della raccolta, ne ha esaltato la qualità e il valore gastronomico sottolineando l’unicità del prodotto e la sua origine locale.
Evidenziando però anche il problema della contraffazione, con carciofi spacciati per originali fuori dai confini dell’isola.
Rischio d’impresa
«La castraura per la sua delicatezza e deperibilità è un tipico prodotto da chilometro zero, va bene fino a Treviso o Padova ma non oltre – spiega Carlo Finotello, agricoltore a tempo pieno e presidente del Consorzio del carciofo violetto nato nel 2004 -. Non si possono trovare castraure all’inizio dell’estate, infatti già dopo cinque giorni diventano amare e dure. Non fatevi ingannare».

Avvertenza. Diffidate allora se a Genova o nelle gastro-boutique di Milano o Roma vi vendono castraure di Sant’Erasmo magari a maggio o giugno.
Non è facile il carciofo violetto.
Produrlo, tiene impegnato un terreno per l’intero anno, ogni anno.
«Se una stagione salta per parassiti o eventi climatici, si perde tutto, a cominciare dal fatturato – sottolinea il presidente – E quando arriva il caldo forte, e arriva sempre più precocemente e con picchi inediti, la pianta soffre e il carciofo va bene solo per i “fondi”.
Il 2025 è un’annata buona, quasi come lo è stata nel 2019, tuttavia l’arco di tempo utile si è ristretto e bisogna fare in fretta. Ma nel 2024 il Consorzio ha pagato un calo quasi del 40% nella produzione.
Il violetto: un vero e proprio tesoro
Dal 2001 il Violetto è presidio Slow Food e più volte è stato protagonista al Salone del Gusto.
E’ importante per l’economia dell’isola e dei produttori. Ancora Finotello: «Il carciofo va in produzione dopo un anno e mezzo e il raccolto è faticoso, fatto tutto a mano. Lo si vede quando sono pronti: le carciofaie sono piene di operatori impegnati a raccoglierli. Ogni pianta ha una ventina di carciofi. Questo per spiegare anche il prezzo al dettaglio delle circa 150mila castraure, mediamente tra 1,20 a 2 euro al pezzo. Un valore equo. Per il carciofo si va dagli 0,30 agli 0,70 euro con una media sui 40 centesimi. Moltiplicate per i 2 milioni di carciofi e otterrete il corrispondente delle vendite per il Consorzio».
Il violetto autentico: solo in 4 luoghi della Laguna
Una realtà che oggi conta 14 soci produttori per circa 2 milioni di violetti e qualcosa come 150mila castraure l’anno, il prelibato primo fiore che ha convinto anche la Bbc a dare uno sguardo da queste parti.
«Ad affiancarmi in questo compito è un consiglio direttivo espressione dei produttori -tiene a precisare Finotello- E delle zone tipiche di produzione. Un’area molto ristretta».
Con Sant’Erasmo ci sono la vicina isola delle Vignole, Mazzorbo e Lio Piccolo. Fine.
Tutto il resto non è violetto e anche le richiestissime castraure non sono quelle originali e comunque non sono quelle del Consorzio che ne certifica provenienza e qualità.
Rinascimento
L’immagine di Sant’Erasmo sta conoscendo, a fatica e con sacrifici, una nuova realtà che si va consolidando, sottolinea il presidente del Consorzio.
Attorno al Duemila il carciofo era in crisi, con produzione in netto calo tanto da rischiare l’estinzione perché non c’era reddito per gli agricoltori. «Fu una delle ragioni per cui c’inventammo il Consorzio, un organismo a tutela del nostro lavoro e per garantire un rinascimento di questa produzione tipica». Non è stato facile, soprattutto se si considera che sono scomparse attività che ancora alla fine degli anni ’70 erano normali a Sant’Erasmo: si allevavano pecore, mucche quindi c’erano pure caseifici. L’isola era popolata anche da pescatori lagunari e con una fiorente piscicoltura. «Non storia dei secoli passati, quando Sant’Ersamo era l’orto della Serenissima. Parliamo dell’altroieri».
“Siamo tenaci, come la pianta del carciofo”
E oggi? Qui Carlo Finotello, una vita fra trattori e barche, si veste più da manager e confida che anche blasonati nomi hanno corteggiato a lungo il Consorzio e il patrimonio che rappresenta.
«Ma erano estranei alle zone di produzione tipiche e volevano fare un po’ i padroni avanzando pretese o ponendo condizioni. Noi del Consorzio abbiamo risposto no grazie. Anche questo vuol dire mantenere la propria originalità e crescere».
Non mancano i vincoli e una macchinosa burocrazia, ammette Finotello, che spesso rallenta o depotenzia proposte avanzate per fare di Sant’Erasmo una risposta anche al fenomeno dell’over-tourism che assedia Venezia. «Idee e disponibilità ci sono -dice ancora il presidente del Consorzio del violetto- la gente dell’isola e in genere noi produttori siamo tenaci come la pianta del carciofo. Il nostro tesoro».
Agostino Buda