Il Rapporto 2025 dell’Ocse conferma un declino storico dei salari reali italiani, mentre aumentano le preoccupazioni per sanità e vecchiaia. E intanto si lavora sempre più a lungo
La fotografia scattata dall’Ocse nel suo rapporto Employment Outlook 2025, presentato a Parigi, è netta e impietosa: tra tutte le grandi economie avanzate, l’Italia è quella che ha perso di più in termini di salari reali.
Nonostante un lieve recupero nell’ultimo anno, all’inizio del 2025 i salari erano ancora inferiori del 7,5% rispetto al 2021.
È il dato peggiore tra i Paesi Ocse.
E il confronto con il resto dell’organizzazione non lascia spazio a interpretazioni: mentre in gran parte dei Paesi i salari reali stanno risalendo, in Italia restano drammaticamente indietro.
Andrea Bassanini, relatore principale del rapporto, sintetizza così: “I salari sono cresciuti, ma meno che altrove. L’Italia è in fondo alla classifica e lo è da almeno 25 anni”.
Più occupati, ma non tra i giovani
A fronte di questa stagnazione retributiva, il mercato del lavoro ha però mostrato segnali di vitalità: il tasso di occupazione in Italia è aumentato sensibilmente, soprattutto tra le fasce più anziane della popolazione.
Il merito? L’aumento dell’età pensionabile, spiega l’Ocse. Nella fascia tra i 55 e i 59 anni l’occupazione è cresciuta di 31,8 punti percentuali, più del doppio rispetto alla media Ocse. Tra i 60 e i 64 anni l’incremento è stato di 25,7 punti.
Sanità e vecchiaia, le nuove ansie degli italiani
Il calo del potere d’acquisto non è l’unica fonte di preoccupazione per i cittadini.
L’Ocse ha analizzato anche il clima sociale in Europa con il sondaggio Risks that Matter 2024 e i risultati parlano chiaro: salute e sicurezza economica nella vecchiaia sono tra le principali inquietudini degli italiani.
Il 74% teme di ammalarsi o diventare disabile. L’80% è preoccupato per l’accesso a cure sanitarie di qualità. E la stessa percentuale teme di non avere risorse sufficienti nella vecchiaia.
L’Italia figura così tra i Paesi Ocse con il più alto livello di insicurezza percepita sul fronte della sanità e dell’assistenza a lungo termine.
Il 71% degli intervistati dichiara di temere di non poter accedere in futuro a cure di lungo termine per sé. Il 74% teme lo stesso per i propri familiari anziani.
Pensione lontana, lavoro sempre più lungo
Un altro punto critico riguarda le pensioni. Secondo l’Ocse, l’Italia deve prepararsi a un invecchiamento della popolazione senza precedenti: tra il 2023 e il 2060, la popolazione in età lavorativa calerà del 34% e ci saranno sempre più anziani a carico di sempre meno lavoratori.
Per evitare un crollo del Pil pro capite, l’organizzazione internazionale chiede con decisione di allungare la vita lavorativa, accompagnando questo percorso con misure strutturali: pensionamento graduale, formazione continua, ambienti di lavoro più inclusivi per gli over 60.
Ma in Italia l’idea di restare più a lungo al lavoro convince poco: solo il 9,9% delle persone tra i 50 e i 69 anni opta per una formula ibrida che combina pensione e lavoro. Secondo l’Ocse questa resistenza culturale va superata, perché l’uscita anticipata dal lavoro non è più sostenibile.
Il quadro generale: occupazione in crescita, ma resta il divario
A livello generale, l’area Ocse prevede una crescita dell’occupazione dell’1,1% nel 2025 e dello 0,7% nel 2026, con una disoccupazione che dovrebbe rimanere stabile intorno al 4,9%.
In Italia, invece, a maggio 2025 il tasso di disoccupazione si attestava al 6,5%, in calo rispetto all’anno precedente ma ancora sopra la media.
Anche sul fronte occupazionale, quindi, restano margini di miglioramento. Ma l’allarme vero resta quello dei salari: l’Italia è l’unico grande Paese Ocse a non aver ancora recuperato le perdite reali post-Covid. In sostanza, si lavora più a lungo e si guadagna meno.