36 strutture in Italia, tra cui 3 in Veneto, offriranno percorsi concreti per far risarcire i danni alle vittime e responsabilizzare chi ha commesso il reato, accorciando i tempi della giustizia
Lo si dice spesso: “i tempi della giustizia sono infiniti”, “tanto non pagheranno mai”, “parliamo delle calende greche”.
Soprattutto se un reato pertiene alla sfera penale, perché, se nell’ambito del processo civile da tempo esistono delle forme di mediazione importanti per dare un ristoro concreto a chi ha subito un torto, nell’altro ambito le cose sono rimaste al palo.
Ma ancora per poco.
A smuovere la situazione, alleggerendo il carico dei faldoni sul tavolo di giudici e pubblici ministeri, sarà infatti a breve la cosiddetta “giustizia riparativa“, un nuovo modello, complementare a quello della giustizia tradizionale, radicato nelle comunità territoriali e capace di dialogare efficacemente con il sistema giudiziario.
In tutta Italia stanno infatti nascendo 36 “Centri per la giustizia riparativa”. Tre di questi, avranno sede in Veneto.
Il Ministero della Giustizia ha infatti sottoscritto nei giorni scorsi i protocolli con gli enti locali (29 Comuni, 1 Provincia e 4 Regioni) che ospiteranno i Centri, forse già a partire dai prossimi mesi, una volta avvenuta la ripartizione con decreto ministeriale degli 8,9 milioni di euro stanziati in un apposito capitolo di bilancio.
A 4 anni dall’inizio di un percorso che secondo gli esperti porterà a una rivoluzione del processo penale (tutto è iniziato con la legge delega del 2021 e con la previsione contenuta in un apposito decreto legislativo del 2022), il primo passo verso la concretezza è stato fatto.
I 3 obiettivi dei Centri
In Veneto, il Centro per la giustizia riparativa di Venezia avrà competenza anche per i territori di Treviso e Belluno. Quello di Padova sarà competente anche per Rovigo mentre quello di Verona si occuperà anche di Vicenza.
“È un’innovazione importante – sottolinea Paolo Romor, vicepresidente del Consiglio comunale di Venezia, che ha partecipato anche ai lavori preparatori svolti dalla Conferenza nazionale per la giustizia riparativa istituita dal Ministero della Giustizia –. Consentirà di perseguire in particolare 3 obiettivi: la miglior soddisfazione della vittima, una maggior presa di coscienza della gravità dell’atto compiuto da parte di chi ha commesso il reato e, dove i Centri dimostreranno di funzionare, un minor carico di lavoro per i tribunali. Quest’ultimo aspetto si tradurrà in un migliore funzionamento della giustizia, anche per quei casi che resteranno in tribunale per chiudersi con una sentenza del giudice”.

Come funzionano i Centri per la giustizia riparativa
Sarà in ogni caso il magistrato, pur su richiesta delle parti, a decidere l’affidamento della vicenda a un Centro per la giustizia riparativa nei casi in cui veda più facile e più probabile arrivare a una vera soddisfazione della parte lesa attraverso un accordo piuttosto che attraverso una sentenza, che però richiede anni prima di essere pronunciata.
“La vittima, normalmente esautorata in questi aspetti dal pubblico ministero, torna di nuovo protagonista del processo penale”, commenta Romor. Il principio di fondo a cui si ispira la giustizia riparativa è dunque quello che, trovando, attraverso incontri diretti tra le parti o forme di dialogo indiretto, un accordo che soddisfi le parti, si può interrompere un processo.
Un percorso conciliativo verso una giustizia “più giusta” per i cittadini
Banalizzando con un esempio: farsi sistemare per un anno il giardino dai ragazzini che le hanno distrutto le aiuole può risultare molto più utile per un’anziana signora rispetto a veder condannati, dopo tanti anni, gli stessi ragazzini, che a loro volta possono in tal modo essere molto più consapevoli di ciò che hanno fatto ed essere così più facilmente recuperati sul piano sociale. Il raggiungimento dell’accordo è dunque l’obiettivo del percorso conciliativo che, nei Centri, sarà gestito da mediatori specializzati, iscritti agli appositi elenchi predisposti dalle Conferenze locali dopo essere stati formati e selezionati dal Ministero, non necessariamente tra avvocati e magistrati ma comunque tra persone in possesso di una formazione giuridica.
L’iter verso l’avvio dei Centri
I Centri costituiranno dunque una rete distribuita su tutto il territorio nazionale, che erogherà attraverso gli enti locali il servizio di giustizia riparativa secondo i livelli essenziali delle prestazioni stabiliti, per tutto il territorio nazionale, dalla Conferenza nazionale per la giustizia riparativa istituita presso il Ministero della Giustizia.
“Nella convenzione sottoscritta con il Ministero – spiega il vicepresidente del Consiglio comunale di Venezia – è previsto che nel momento in cui arriverà il finanziamento del Ministero, che si farà carico dei costi dei mediatori e degli interpreti, l’ente locale avrà 15 giorni di tempo per far partire concretamente il progetto. Ciò significa che dobbiamo iniziare a lavorarci fin da ora”.
Il Centro di Venezia: a che punto siamo
A Venezia, aggiunge Romor, sono stati già individuati coloro che, all’interno della struttura comunale, si occuperanno della parte organizzativa, è in via di definizione la sede che ospiterà il Centro ed è stata raggiunta l’intesa di massima con una cooperativa, individuata dal Ministero, che ha già svolto attività di mediazione e il cui personale, dopo l’ulteriore formazione specifica, sarà a disposizione del Comune per la gestione del territorio di competenza. “Con il protocollo – conclude Paolo Romor – Venezia si conferma punto di riferimento istituzionale e organizzativo per il Distretto. La giustizia riparativa non si limita a intervenire sulle conseguenze del reato, ma favorisce il recupero della persona e la ricostruzione del rapporto con la comunità. È un passo importante che rafforza il ruolo del Comune nella promozione di una cultura della responsabilità, del dialogo e della coesione sociale”.
Alberto Minazzi