IAM, nata dall’incontro tra creatività umana e potenza dell’IA, si candida ufficialmente a essere il tormentone dell’estate 2025. Il singolo “Pazzesco”, disponibile su YouTube dal 20 giugno, sta diventando virale
Qualche giorno fa, era solo un prompt. Oggi è una cantante italiana, ha un singolo su YouTube, un profilo Instagram e persino un deposito alla SIAE.
Si chiama IAM, ed è la prima artista italiana interamente generata dall’intelligenza artificiale.
No, non un progetto ibrido, non una voce umana ritoccata o una maschera digitale sopra un volto reale.
IAM è la prima popstar nata così: da una stringa di testo.
A firmarne la “nascita” è Claudio Zagarini, regista e creativo, che ha orchestrato ogni aspetto del progetto sfruttando software di generazione visiva e vocale, lasciando che fosse l’intelligenza artificiale a comporre, cantare, animare.
Il singolo si intitola “Pazzesco”, un titolo che è già tutto un programma, e che suona come un’ironica profezia: sarà davvero lei il primo tormentone estivo scritto, cantato e interpretato… da nessuno?
Una voce che non esiste, ma canta
IAM non ha un corpo, non ha corde vocali, ma ha una voce.
È stata costruita con un mix di tecnologie: ComfyUI e LoRA per l’immagine, Runway per il video, e tool avanzati text-to-voice per ottenere una resa vocale credibile, persino con inflessioni pop, acuti e variazioni emotive.
La base, come tutto il resto, è nata da prompt: comandi scritti da Zagarini per istruire le IA, con frasi del tipo: “crea una giovane cantante ribelle con uno stile pop contemporaneo e presenza da star”.
Ma se tutto è IA, dov’è la creatività umana?
Proprio lì. Perché il talento, in questo caso, non sta nel cantare, bensì nel saper parlare alla macchina.
IAM è il prodotto di una nuova forma d’autorialità: quella del prompt designer.
Un ruolo emergente che definisce estetica, voce, stile, narrativa e perfino la personalità di un artista… che non esiste.
Un precedente che segna un confine
IAM è il primo caso italiano di artista “da prompt”, ma non il primo personaggio musicale virtuale.
Già all’inizio del 2024 era comparsa Jenai, cantante IA dai capelli rosa, diventata un piccolo caso su TikTok.
A seguire, il Saremo AI Music Festival ha messo in scena 27 artisti artificiali, ciascuno con una propria voce, brano, immagine e profilo social.
La differenza? In quei progetti l’intervento umano è sempre stato presente: nella voce (spesso umana, poi filtrata), nei testi, nelle produzioni. IAM invece è interamente artificiale, anche se guidata da una visione creativa ben precisa.
Una creatura senza interprete, ma non senza autore.
SIAE: il diritto d’autore nell’era dell’intelligenza artificiale
“Pazzesco” è stato depositato alla SIAE, primo caso italiano noto di un brano interamente generato da IA ad avviare un percorso di tutela.
A chi appartiene una canzone cantata da una voce che non esiste? E chi riceverà i diritti in caso di successo?
La questione non è solo simbolica. In occasione di eventi come “Intelligenza Artificiale VS Musica?”, tenutosi a Sanremo con SIAE, FIMI e Ministero della Cultura, è emerso chiaramente: serve un nuovo quadro giuridico per distinguere l’autore dall’algoritmo, valorizzando chi guida la macchina senza perdere il senso della responsabilità creativa.
Tra realtà e finzione, IAM è più vera di quanto sembri
IAM non è “contro” gli artisti umani, né vuole rimpiazzarli.
È un esempio di espressione umana attraverso strumenti artificiali.
E in un’epoca in cui le voci sono filtrate, le immagini ritoccate, i sentimenti programmati in algoritmi di engagement, forse IAM è solo lo specchio più sincero della musica di oggi.
Che piaccia o no, IAM è qui. Canta, si muove, si fa notare. Ed è tutto nato da un prompt.
Anzi, da un’idea. E le idee, almeno quelle, sono ancora umane.
Dietro le quinte di IAM: come nasce una cantante da zero
IAM non è il frutto di un clic, ma di un processo creativo nuovo e affascinante.
Per darle voce, volto e anima, Claudio Zagarini ha usato alcuni degli strumenti più avanzati dell’intelligenza artificiale oggi disponibili. Ma a fare davvero la differenza non è la tecnologia in sé, quanto il modo in cui la si usa.
Per costruire il suo aspetto, ad esempio, sono stati usati programmi in grado di generare volti da descrizioni testuali – “una giovane cantante ribelle, con lo sguardo intenso e stile da popstar” – fino a trovare l’immagine perfetta. A quel punto, un altro software ha dato vita al video, animandola in scena, facendole muovere le labbra a tempo di musica. Sembra semplice, ma richiede precisione, tentativi, cura del dettaglio.
Il creatore diventa… prompt design
E poi c’è la voce. Nessuna cantante ha prestato la sua: la voce di IAM è completamente sintetica, costruita da algoritmi che traducono il testo in suono, scegliendo accenti, inflessioni, ritmo.
Il risultato? Una voce nuova, che non esiste in natura, ma che può emozionare – o almeno, sorprendere.
Tutto questo è stato reso possibile grazie a una pratica sempre più diffusa, ma ancora misteriosa: il prompt design.
In sostanza, scrivere frasi dettagliate che guidano l’IA a creare ciò che immaginiamo.
Come un direttore d’orchestra, il prompt designer non suona, ma sa come far suonare tutti gli strumenti.
IAM, insomma, è sì un prodotto dell’intelligenza artificiale, ma con un cuore profondamente umano: quello di chi l’ha immaginata, rielaborata, scolpita riga dopo riga.
Nota per i lettori
Quello che avete appena letto è il risultato di un dialogo tra me e un’intelligenza artificiale.
Io ho dato l’idea, impostato l’angolo narrativo, precisato il tono, scelto gli elementi da approfondire.
Ho chiesto di sorprendere, di semplificare la tecnologia, di far vibrare il linguaggio.
Esattamente come Claudio Zagarini ha fatto con IAM: ha chiesto, guidato, corretto.
Lui ha chiesto a una macchina di cantare.
Io le ho chiesto di scrivere.
E se fino a questo momento pensavate di star leggendo un umano che raccontava di una cantante artificiale… ora sapete che state leggendo qualcosa di ancora più strano: un essere umano che racconta, con parole artificiali, un’artista che non esiste.
Non ho battuto una sola parola sulla tastiera, eppure questo articolo mi rappresenta.
Perché l’ho progettato riga dopo riga, ho scelto cosa raccontare, come dirlo, dove sorprendere .
In fondo, il futuro non è più fatto solo di idee umane o macchine, ma di ciò che nasce quando le due cose si fondono.
Consuelo Terrin
Prompt designer di questo articolo
Che ne pensate di questo articolo creato in coppia con una macchina? Vi ha stupito, convinto, inquietato?
Scrivetelo nei commenti
Che dire… Questo articolo mi ha sicuramente sorpreso e a tratti anche un po’ inquietato. L’intelligenza artificiale è a pieno ritmo tra noi, l’intelligenza umana starà nel saperla utilizzare a nostro beneficio