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Patti prematrimoniali: la Cassazione apre la porta anche in Italia

Patti prematrimoniali: la Cassazione apre la porta anche in Italia

Da “cose da ricchi americani” a possibile realtà italiana: la Suprema Corte riconosce la validità di un accordo tra coniugi legato alla separazione

Dimenticate i matrimoni “finché morte non vi separi”: nel mondo reale, sempre più coppie si sposano con il contratto in tasca. Non solo miliardari hollywoodiani o tycoon alla Jeff Bezos, ma persone comuni che vogliono mettere nero su bianco cosa accadrà se l’amore finisce. E ora, anche in Italia, la Cassazione ha acceso una spia verde: un verdetto che ribalta vecchi tabù e potrebbe cambiare per sempre le regole del gioco matrimoniale.

Accordi prematrimoniali: l’apertura della Cassazione

Con la società, evolve anche il diritto.
In particolare, quando una controversia legale viene portata avanti in tutti i gradi di giudizio, il pronunciamento finale della Cassazione assume un valore particolare. Come infatti si dice in gergo giuridico, “fa giurisprudenza”, ovvero stabilisce una lettura dei princìpi di fondo di cui magistrati e avvocati tengono conto anche nelle cause che dovessero essere avviate in futuro. Ecco perché il pronunciamento della Corte suprema, che ha riconosciuto il diritto della moglie a ricevere le somme pattuite con il marito, in prospettiva apre a una vera e propria rivoluzione che potrebbe sfociare nella previsione della liceità degli accordi di questo tipo anche nel nostro Paese.

Non c’è nessun divieto per i patti tra coniugi

La questione sottoposta alla Cassazione, esaminata nei precedenti gradi di giudizio dal Tribunale di Mantova e dalla Corte d’appello di Brescia, riguardava una scrittura privata, risalente ad alcuni anni precedenti, in cui i coniugi concordavano che, in caso di fine del vincolo matrimoniale, la moglie avesse diritto a 146 mila euro. Una somma che, oltre a riconoscere il contributo fornito dalla donna al benessere della famiglia, si legava soprattutto alle cifre che la moglie aveva esborsato per dare una mano al pagamento del mutuo per ristrutturare un appartamento di cui il marito è unico intestatario. La conclusione cui sono arrivati i giudici nell’ordinanza da poco depositata, respingendo la richiesta di nullità dell’atto avanzata dall’uomo, è che gli accordi prematrimoniali non sono vietati da norme imperative che impediscano ai coniugi, “prima o durante il matrimonio, di riconoscere l’esistenza di un debito verso l’altro e di subordinarne la restituzione all’evento, futuro ed incerto, della separazione coniugale”. E dunque, in alcuni casi, come quello analizzato, tali patti vanno considerati validi.

C’è accordo e accordo

Per il ricorrente, il documento era da ritenersi nullo per contrarietà all’ordine pubblico e a norme imperative di legge, con particolare riferimento agli articoli 143 e 160 del codice civile, che regolano diritti e doveri tra coniugi, da ritenersi indisponibili in quanto si tutela la famiglia non come un semplice rapporto contrattuale, ma come istituzione di interesse pubblico. Dal punto di vista tecnico-giuridico, la linea tenuta dalla Corte d’appello prima e poi confermata dalla Cassazione (che vi ha riconosciuto anche l’equilibrio nella ripartizione degli altri beni comuni) è stata però che, in questo tipo di contratto atipico, la fine del matrimonio va vista come una “condizione sospensiva”, ovvero un evento all’eventuale verificarsi del quale si producono gli effetti del contratto. Più concretamente, è stato riconosciuto ai coniugi il diritto di concludere questo tipo di accordi, formalmente inquadrabili come riconoscimento di un debito, in quanto “espressione della loro autonomia negoziale diretta a realizzare interessi meritevoli di tutela”.

I possibili sviluppi futuri

Pur non potendo parlare ancora di un definitivo cambio di rotta negli orientamenti dei giudici, la pronuncia della Cassazione aggiunge un altro tassello verso il riconoscimento della non illiceità di principio dei patti prematrimoniali anche in Italia. Lo stesso testo dell’ordinanza, in linea con altre precedenti decisioni in tal senso, sottolinea infatti come sia stata “via via valorizzata l’autonomia negoziale privata dei coniugi, anche nella fase patologica della crisi”. Un’evoluzione che appare già avviata, visto che ancora nel 2009 una sentenza sempre della Cassazione aveva considerato illecita la considerazione della separazione come condizione di un accordo tra coniugi. Tra esempi favorevoli al riconoscimento dei patti provenienti dall’estero e ricambio generazionale dei giudici, con l’arrivo in magistratura di giovani cresciuti in contesti familiari sempre più distanti da quello tradizionale, non è insomma da escludere che, prima o poi, tutti gli accordi prematrimoniali trovino riconoscimento anche in Italia.

Alberto Minazzi

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