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Nato in Messico il primo “figlio dell'intelligenza artificiale”

Nato in Messico il primo “figlio dell'intelligenza artificiale”

L’utilizzo di un sistema completamente automatizzato di fecondazione assistita apre a nuove prospettive, ma anche al dibattito etico

Per mettere al mondo una nuova vita, rimane sempre requisito imprescindibile quello che madre e padre siano una donna e un uomo. E, quando i futuri genitori sono costretti ricorrere alla fecondazione assistita, nel concepimento entra altrettanto ovviamente in gioco anche il medico embriologo che interviene dando supporto e assistenza tecnica alla coppia.
Un “soggetto terzo” che, finora, è stato anche lui un individuo in carne e ossa. Finora, appunto.
Perché, negli ultimi giorni, dal Messico è rimbalzata la notizia della prima nascita documentata a livello scientifico di un bambino che si è formato nel grembo materno sfruttando un sistema completamente automatizzato e controllato digitalmente, che sfrutta le opportunità aperte grazie all’intelligenza artificiale.

Il figlio dell’Ai

La madre del neonato, un maschio assolutamente sano, è una donna di 40 anni che, dopo aver visto fallire la produzione di un embrione attraverso un primo tentativo di fecondazione in vitro, si è rivolta a una struttura di Guadalajara per essere sottoposta a un trattamento con ovociti messi a disposizione da una donatrice. La tecnica utilizzata in laboratorio è stata quella dell‘iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (Icsi), introdotta già negli anni Novanta. Si tratta di un procedimento che consente l’inserimento di un singolo spermatozoo direttamente all’interno del citoplasma di un ovocita maturo e non semplicemente portando gli spermatozoi a contatto con lo stesso per fecondarlo spontaneamente, come avviene nella fecondazione in vitro (Fivet) tradizionale.

La procedura e i vantaggi della Icsi

La Icsi viene utilizzata in particolare nei casi di qualità compromessa del liquido seminale, oppure quando gli spermatozoi presentano problemi di motilità o morfologia, aggirando dunque i possibili problemi derivanti dalle loro difficoltà di penetrare l’ovocita. Applicata anche in Italia, prevede un procedimento standard che parte con la stimolazione ovarica della paziente, prelevando poi dalle ovaie gli ovociti maturi e dal partner maschile lo sperma. Si procede quindi alla microiniezione e a una breve coltura in laboratorio degli ovociti fecondati, che vengono infine trasferiti nell’utero della donna. Si tratta di un intervento con rischi minimi e tassi di successo superiori alla classica Fivet in caso di problemi qualitativi dello sperma, vera e propria infertilità maschile o bassa riserva ovarica.

La novità introdotta con l’Ai

Il sistema di fecondazione assistita sviluppato da Conceivable Life Sciences applicato in Messico prevede che l’Icsi avvenga in maniera interamente automatica, digitalizzando 23 passaggi del processo standard attraverso la combinazione di Ai, micromanipolatozione digitale e controllo remoto. Si utilizza quindi l’analisi computerizzata per la selezione del miglior spermatozoo e il laser per la sua immobilizzazione. Il sistema poi carica direttamente lo spermatozoo nella micropipetta e controlla l’iniezione nell’ovocita. E l’intero processo viene monitorato digitalmente, rendendo possibile un intervento da remoto se necessario. Testato su un gruppo di 5 ovociti, il sistema automatizzato ha raggiunto una percentuale di fecondazione dell’80% contro il 100% di successi nel gruppo di 3 ovociti di controllo fecondati manualmente.

Vantaggi e sfide

Tra i vantaggi sottolineati riguardo al nuovo sistema, che è stato descritto nei dettagli in un articolo pubblicato sulla rivista “Reproductive Biomedicine Online”, c’è innanzitutto la maggior uniformità e precisione dei risultati, rispetto alla variabilità e ai possibili errori intrinsecamente legati alla manualità degli operatori, aumentando così le possibilità di successo, ma anche la prospettiva di rendere più accessibili a tutti i trattamenti di fecondazione in vitro. Tra le sfide di prospettiva, c’è invece la riduzione dei tempi di fecondazione (la tecnica manuale richiede in media 1’22”, quella automatica 9’56”). E c’è il punto delicato della necessità di una connessione internet stabile per garantire il controllo remoto. Si può in ogni caso affermare che già con i risultati ottenuti si è giunti a un possibile punto di svolta per le cliniche della fertilità.

I dubbi etici e morali

Trattandosi di temi molto delicati, si porranno però ora diverse questioni etiche. “Oltre le questioni bioetiche sulla fecondazione in vitro, una nuova domanda interroga urgentemente l’algoretica: siamo sicuri di volere che il Dna della prossima generazione di umani venga scelto da un’intelligenza artificiale?”, si chiede in un articolo firmato su “Avvenire” il teologo Paolo Benanti, dal 2024 presidente del gruppo di lavoro sull’Ai. Inoltre si tratta di un settore potenzialmente interessante anche dal punto di vista economico. “A testimonianza dell’interesse per l’uso dell’Ai nella procreazione artificiale – scrive al riguardo il teologo – all’inizio di quest’anno Conceivable ha raccolto 18 milioni di dollari in un round di finanziamento guidato da Artis Ventures con la partecipazione di diversi nuovi investitori”.

Alberto Minazzi

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