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Murano Illumina il Mondo: Pellizzari e Salviati portano “Nature Rebirth” a San Marco

Murano Illumina il Mondo: Pellizzari e Salviati portano “Nature Rebirth” a San Marco

Il lampadario artistico del designer veneto si inserisce in un percorso di dodici opere tra tradizione e contemporaneo, dove vetro e luce raccontano il Natale in chiave innovativa

Non è il consueto bagliore natalizio. E neppure un susseguirsi di decori ripetuti.
Al calare della sera, piazza San Marco, a Venezia, si accende di una luce speciale. Che sperimenta e sorprende, dando vita a una sorta di museo a cielo aperto in cui i colori e le trasparenze del vetro danno al Natale una connotazione artistica e contemporanea.
Con la terza edizione di Murano Illumina il Mondo, i portici delle Procuratie Vecchie, fino all’1 marzo, data importante per la città perché segnava per la Repubblica Serenissima di Venezia il Capodanno, 12 chandelier realizzati per l’occasione in collaborazione tra altrettanti artisti internazionali e fornaci storiche, raccontano di un nuovo dialogo tra tradizione e avanguardia, tra arte e artigianato.
I lampadari, accesi ogni sera al tramonto, calano maestosi tra gli archi portando un oggetto iconico di Murano in uno spazio metaforico di altri significati. Ognuno ha un carattere proprio, un accento diverso.
Alcune opere sono state realizzate seguendo un approccio concettuale, altre lasciano parlare i materiali; alcune puntano molto sulla tecnica e altre tutto sulle emozioni.
C’è un cuore pulsante di luce e colore che sembra respirare, quasi un monumento alla resilienza. E c’è un lampadario-gabbia che intrappola alcuni uccelli di vetro mentre altri sembrano pronti a spiccare il volo. Ci sono dischi sovrapposti che catturano i riflessi della laguna e li restituiscono in un movimento lento e foglie di vetro percorse da venature blu, un omaggio sottile al ritmo della vita che si piega, ma ricomincia.

 

I nomi degli artisti rimandano a storie, visioni e sensibilità diverse che danno vita però a un’unica sinfonia, come un’orchestra che trova nel linguaggio universale dell’arte il modo per parlare al mondo intero.
Tra loro, c’è quello del veneto Christian Pellizzari, noto nel mondo della moda oltre che nel design, che ha realizzato la sua opera, Nature Rebirth, con la prestigiosa fornace Salviati, custode da oltre un secolo di un sapere che fonde tradizione e sperimentazione con un rigore quasi rituale. Tra i suoi antichi forni e le mani esperte dei suoi maestri vetrai, è nato un lampadario artistico che con uova sospese e tentacoli organici evoca metamorfosi e rinascite.

  • Christian, il nome che ha dato alla sua opera rimanda alla rinascita e il suo chandelier riprende la forma delle uova e dei tentacoli che ricordano dei serpenti… Perché ha scelto queste forme? Si può pensare che riflettano il ciclo della vita e dell’adattamento?

Io lavoro da sempre ispirandomi al mondo della natura, della biodiversità e sono sempre affascinato dal modo in cui la natura evolve per adattarsi anche ai tanti danni che l’uomo fa.
Quindi sì, le forme che ho scelto rimandano a un concetto di resilienza e di adattamento.

Christian Pellizzari
  • Ma il fatto che le “uova” siano in vetro soffiato ha una sua precisa ragione?

Il vetro è un elemento al quale mi sono approcciato per la sua bellezza ma anche perché nasce dall’unione di elementi fondamentali come la terra, l’acqua, il fuoco e perché può essere riciclato infinite volte. Somma in sé stesso sia l’idea della fragilità della natura che quello della sostenibilità. Il vetro soffiato in particolare mi è parso il più adatto ad esprimere una fragilità che però è anche resilienza.

  • La luce led sembra contrapporsi, in quanto contemporanea, alle bussole dei lampadari Rezzonico, che fanno pensare alla tradizione. Ma la luce è solo funzionale o è anche una parte narrativa della sua opera?

La luce per me è soprattutto una parte concettuale, o narrativa se vogliamo. Io associo la luce alla vita. Quando c’è luce, il vetro prende vita, la natura stessa ha bisogno della luce per vivere. Certo nel caso del lampadario la luce ha anche una funzione: c’è molta ricerca tecnologica in ciò che facciamo e molta sperimentazione per essere più sostenibili possibile e per esaltare la naturale bellezza del vetro. Ma per me la luce resta soprattutto un’espressione che fa parte della creatività. E non è un caso che le reazioni delle persone, le emozioni che provano davanti a un oggetto d’arte siano date soprattutto dalla bellezza dei colori, della luce e delle forme.

  • Ci può anticipare come è realizzata la struttura interna, come i tentacoli sono sospesi e quanto pesa il suo lampadario?

Non supera i 100 kg, come previsto perché possa essere installato a San Marco e ha una struttura a piani con raggiera dove sono attaccate le luci led e fissate le uova.
La sua realizzazione è stata complessa, un work in progress perché il vetro soffiato ha una sua naturale imprecisione.

  • Ha collaborato direttamente con maestri vetrai di Salviati per sviluppare soluzioni tecniche che consentissero di dar vita all’opera che ha progettato?

Sì, abbiamo fatto molte prove insieme. I vetrai hanno lavorato molto sui colori e sulla forma e devo dire che oltre alla grande disponibilità che ho riscontrato, ho apprezzato molto la competenza tecnica delle persone con cui ho lavorato.
Ho sempre lavorato con il vetro di Murano e conosco le difficoltà: la competenza e la precisione che ho trovato mi hanno colpito.

  • Com’è nata l’idea di realizzare insieme questo lampadario di design?

Io ho sempre frequentato molto Venezia, città che amo e nella quale ho trovato spesso ispirazione. Qui c’è la Galleria Negropontes, che adoro e dove vado ogni volta che posso. Proprio attraverso Sofie, la titolare, ho saputo che Salviati cercava un designer per realizzare uno dei lampadari che sarebbero stati esposti in Piazza San Marco.

  • Quanto tempo è servito per completare ogni pezzo soffiato?

E’ difficile quantificare, abbiamo fatto molti test ma direi poi dai 30 ai 45 minuti per ogni pezzo.

  • Lei nasce come stilista. E anche nel mondo della moda ha lavorato molto sulla ricerca materica, sui tessuti. Ora dalla stoffa è passato al vetro.  C’è un legame tra le idee che sviluppa nel design e quelle presenti nelle sue collezioni moda?

Io sono sempre stato molto legato a Venezia per le mie collezioni. Ho sempre fatto molta ricerca nelle sue biblioteche e ho sempre tratto ispirazione dalla città. Soprattutto sono sempre stato molto attratto dall’arte vetraria, anche se sono diventato un designer del vetro in modo abbastanza casuale.
Il vetro però per me è l’elemento perfetto. E non solo perché comprende gli altri elementi ma anche per la fascinazione che suscita in me e che scopro nella gente, per la sua essenza e per come nasce.

  • Crede che il vetro possa diventare una metafora concreta della resilienza naturale?

Assolutamente sì. Lo è già.

  • Ci sono progetti futuri in cui continuerà a esplorare il dialogo tra vetro e natura?

Sì, ci sono altri progetti in ballo. C’è una grande richiesta da parte di acquirenti e collezionisti.
Ora sono a Dubai, dove sto partecipando con un’installazione in vetro, piante e fiori alla Fiera itinerante Nomad ma presto sarò anche a Venezia, dove sono davvero onorato che Nature Rebirth venga esposto a Piazza San Marco, che per me resta non solo uno dei posti più belli e magici del mondo ma anche quello in cui torno sempre per trarre nuove ispirazioni.

Consuelo Terrin

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