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Miuccia Prada, la donna antisistema che ha conquistato il lusso

Miuccia Prada, la donna antisistema che ha conquistato il lusso

Unica italiana nella lista Time delle personalità più influenti, femminista e allergica al capitalismo ma alla guida di un impero da 20 miliardi: il paradosso Prada raccontato da Tommaso Ebhardt nel libro premiato da Confindustria

L’unicità di Miuccia Prada è incredibile: per la prestigiosa rivista statunitense “Time” è la sola italiana tra le 100 personalità più influenti al mondo.
Stilista, non ama il clamore ma, pur spesso negandosi alle interviste, ha aperto una finestra a Tommaso Ebhardt.
“Una donna fuori dagli schemi, antisistema e anticapitalista – così la descrive il giornalista – che, inseguendo un suo concetto di lusso e moda, diventa la donna italiana più ricca”.

Una storia, un premio

Un paradosso che Ebhardt ha trovato interessante e ha cercato di raccontare nel libro “Prada. Una storia di famiglia” (Sperling & Kupfer), che ha vinto la 5^ edizione del Premio Valori d’Impresa. Ovvero il riconoscimento, nato per promuovere il legame inscindibile tra industria e cultura, con cui Confindustria Veneto Est – Area Metropolitana Venezia Padova Rovigo Treviso celebra le migliori narrazioni d’impresa e del lavoro.
Ebhardt si conferma una delle voci più autorevoli del giornalismo economico-narrativo “capace di restituire – recita la motivazione – attraverso fonti inedite e testimonianze di rilievo, un ritratto completo e coinvolgente di una delle realtà più emblematiche del made in Italy”.

Le motivazioni del riconoscimento

La giuria, presieduta da Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est, ha scelto di premiare l’opera per la qualità di scrittura e la solidità della ricerca, riconoscendo la competenza dell’autore di mettere in luce il ruolo di Miuccia Prada come leader visionaria, abile nel coniugare creatività, strategia imprenditoriale e sensibilità verso i grandi temi sociali contemporanei: offrendo un modello esemplare di leadership femminile e una chiave di lettura originale dell’evoluzione dell’impresa di moda nel contesto globale.

Il ritratto di una donna “antisistema”

Dopo aver indagato le vite di 2 leader maschili come il manager Sergio Marchionne e l’imprenditore Leonardo Del Vecchio, Ebhardt ha scelto di esplorare un universo diverso, più intimo ma non meno potente: quello della coppia formata da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli, che si conoscono negli anni ’70, iniziano a lavorare insieme, si innamorano, ma anche litigano e da allora non hanno mai smesso.
“Volevo raccontare una storia diversa, che non fosse simile alle altre e mi sono chiesto: perché non una storia al femminile?” spiega Ebhardt. Quella che emerge dalle sue pagine è la cronaca di una donna straordinaria che arriva al successo quasi per caso, trasformando un’azienda familiare nel gruppo più importante d’Italia che “oggi in Borsa vale 20 miliardi di euro, rimanendo comunque una donna di sinistra che pensa sia importante avere un impatto sulla società”.

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Radici storiche di una saga familiare

Ma le radici sono profonde. La saga familiare parte dal 1913, con il nonno di Miuccia Prada che apre un negozio a Milano, prosegue attraverso la madre e la zia negli anni ’50, fino ad arrivare alla sfida odierna: il passaggio generazionale nelle mani del figlio Lorenzo. Per ricostruire questo mosaico, Ebhardt ha compiuto un lavoro titanico: “Ho studiato archivi, letto oltre 300 interviste, visto film e parlato con le persone a loro più vicine. Ho scoperto una storia intrigante, dove il personaggio principale è Miuccia: una persona fuori dagli schemi sia per la moda che per l’imprenditoria“.

Donne che si vestono “per se stesse”

Il paradosso di Miuccia Prada è forse l’elemento più affascinante dell’analisi di Ebhardt. “Una giovane attivista di sinistra lontana dagli interessi per il lusso – spiega – che finisce per diventare la donna più ricca d’Italia grazie alla sua inventiva e voglia di stupire, il desiderio di portare sotto l’albero della moda e del lusso dei concetti innovativi e disturbanti”.
Prima di lei, gli stilisti erano prioritariamente uomini che disegnavano abiti per una donna stereotipata, che piacesse agli uomini.  “Miuccia invece ha iniziato a disegnare abiti per se stessa – sottolinea Ebhardt – perché non trovava nulla che le piacesse mettere. Crea uno stile fatto da una donna per le donne, con una sensibilità diversa.

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La rivoluzione dell’Ugly Chic

La donna che sfila in passarella per Prada è libera, indipendente, si veste come le pare e decide un’uniforme con cui presentarsi al mondo diversa dall’ immagine della modella”.
Questa visione si traduce in passerella nel concetto di “Ugly Chic” o nella celebrazione del “brutto”, del distonico, del fastidioso e una donna che si veste come vuole in modo da essere sensuale senza essere un cliché.
“Lei è una femminista – prosegue l’autore – porta delle istanze che sono profonde disegnando abiti che vanno a cercare una clientela particolarmente abbiente: crea prodotti innovativi, che portano il lusso verso estremi diversi”.

Dal nylon alla passerella: una visione femminista

La vera rottura antisistema di Prada è rappresentata dallo storico zainetto del 1985.
“Miuccia trasforma un tessuto sintetico che nasceva nei paracadute dell’esercito americano e poi usato nei collant, il nylon, in un materiale di lusso. Crea un prodotto che quando arriva, tutti hanno bisogno di usare. È qui che capisci quanto lei sia fuori dal sistema: porta idee innovative divertendosi“. Mentre gli stilisti dell’epoca esaltavano le forme femminili con completi neri fascianti, Prada portava colori “sgraziati” (verdi, marroncini) e tagli delle gonne diversi, ispirandosi al cinema e all’arte. «Una sua sfilata – prosegue Ebhardt – sono 12 minuti distonici. Lei vuole portare il concetto del “brutto” nella moda, perché la donna deve poter essere anche fastidiosa, sensuale senza essere un cliché“.

Il messaggio di Miuccia Prada

L’autore si è avvicinato a questo mondo con l’occhio del giornalista finanziario parlando con una cerchia ristretta di conoscenze di Prada: le persone di cui si fida di più e con cui ha un rapporto intellettuale, tra cui architetti, artisti (come Francesco Vezzoli) e designer. E sottolinea come il cuore del libro sia da interpretare nel messaggio per le nuove generazioni. “La storia di Prada – esorta – è un messaggio ispirazionale per le giovani donne: fate quello che vi pare seguendo la vostra passione, quello che vi fa battere il cuore. Si può partire da un piccolo negozio nel centro di Milano e creare un marchio che alimenta il dibattito sui grandi temi della vita. Miuccia usa gli abiti per dire delle cose, per non restare indifferente”.

Prada
Venezia 2025_ Prada store

Gli altri vincitori del Premio Cultura d’Impresa

Il Premio, organizzato da Confindustria Veneto Est con il supporto dei sostenitori Centro Marca Banca e Umana, ha vissuto il suo evento conclusivo a inizio dicembre nel museo M9 di Mestre. Nell’occasione, per la sezione “Visioni d’Impresa”, dedicata a progetti aziendali del territorio, è stato consegnato un riconoscimento al documentario “Giancarlo Zanatta. Diario di una vita” di Tecnica Group S.p.A., un’opera che intreccia biografia imprenditoriale e visione strategica. Federico Masini, studente dell’Università di Padova, con la tesi “Optimization of the procurement processes according to the principles of Lean Thinking. The Idrobase case study” ha invece vinto la sezione “Studi d’Impresa”, dedicata ai giovani premiando le tesi di laurea e dottorato con un focus sul tema della cultura d’impresa.

 

Le menzioni speciali

La Giuria ha quindi conferito una menzione speciale a “Velocissima. L’industria dell’auto da Henry Ford a Elon Musk” di Cesare Alemanni per aver saputo interpretare, con rigore analitico e chiarezza divulgativa, le grandi trasformazioni tecnologiche, industriali e culturali del settore automotive. E al progetto Una storia di carattere. Trent’anni di Tipoteca italiana di Grafiche Antiga S.p.A. per aver saputo valorizzare, con linguaggio contemporaneo e grande cura formale, un patrimonio unico di cultura tipografica e industriale. “Questa edizione conferma come le imprese non siano soltanto numeri – ha dichiarato Paola Carron, presidente di Confindustria Veneto Est – ma storie, identità e cultura che si tramandano e si rinnovano. Questo Premio è la casa naturale delle migliori narrazioni del lavoro, un ecosistema vivo in cui memoria e innovazione si intrecciano, dimostrando che l’impresa è cultura e un bene comune“.

Filomena Spolaor

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