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Ma come parlano i nostri teenager?

Ma come parlano i nostri teenager?

Piccolo viaggio nella lingua dei giovanissimi italiani del 2025, tra anglismi, neologismi ed evergreen

Scialla, G: onesto ti spoilero che, anche se probabilmente sono cringe e ho un sacco di red flag, anche se forse l’articolo per te è icky e lo skipperesti, con questo esordio credo di averti rizzato e magari alla fine ci boosterai”.
Ovvero, traducendo per i non più giovanissimi : “Tranquillo, amico: francamente ti anticipo che, anche se probabilmente sono vecchio e ho un sacco di difetti, anche se forse l’articolo non ti attira e lo eviteresti, con questo esordio credo di aver catturato la tua attenzione e magari alla fine ci darai visibilità sui social”.
Dura, eh?! Lo è stato anche per chi, cercando di orientarsi con grande fatica nel lessico dei teenager del 2025, ha provato a scrivere questa frase.
Ma è questo il loro nuovo vocabolario.
Come ha evidenziato un’indagine condotta dal Corriere della Sera in collaborazione con un gruppo di ragazzi milanesi tra i 14 e i 16 anni, tra di loro oggi i giovanissimi parlano così. Un mix di parole con radici anglofone o straniere (anche se in molti casi con significati inediti), termini che hanno saputo travalicare i ristretti limiti delle mode e altri neologismi o usi alternativi delle parole.

L’influsso dell’inglese

Quello pubblicato dal quotidiano milanese è letteralmente una sorta di piccola guida alla scoperta di un mondo lessicale che altrimenti rischia di essere veramente ostico per chi non lo pratica quotidianamente. Ostico, in molti casi, anche per chi, giovani compresi, conosce le lingue a cui si ispirano molti termini, a partire dall’inglese, che fa la parte del leone.

teenager
Perché alcune parole sono anglismi solo per l’origine, avendo assunto un significato completamente nuovo nella lingua giovanile italiana. Un esempio classico è “essere nel prime”, che nemmeno i teenager di oltremanica usano col senso nostrano di “essere al top”. Oppure “pullappare”, da pull-up, che però in inglese non vuol dire assolutamente “rubare” come per i giovani italiani. Gran parte dei neologismi sono verbi, alcuni intuibili (come “shoppare”, comprare), mentre altri richiedono una conoscenza delle moderne tecnologie (tipo “mi ha tentennato”, cioè è entrato nella mia vita, dalla app “tenten”, o “blastare”, distruggere, usato nei videogiochi, ma anche “droppare”, nel senso di mandare, che parte dalla condivisione di contenuti multimediali). Ma il ventaglio delle etimologie è davvero ampio. Per “chillarsela” o “stare nel chill”, ovvero stare rilassati, si ipotizza una derivazione dalla musica “chill-out”. Così come “friendzonato”, che ha iniziato a diffondersi anche al di fuori della fascia d’età da cui è partito, nel senso di chi ha portato a casa (usando un modo di dire decisamente più datato…) il “due di picche”, vedendo cioè respingere un’avance.

Gli evergreen e altri neologismi

Non mancano, però, nemmeno i termini che dallo slang giovanile di altre generazioni sono col passare degli anni sbarcati addirittura nel vocabolario o, comunque, rimasti di voga anche tra le nuove generazioni di oggi.

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Gli esempi sono molteplici, a partire dal classico “sgamare” per “scoprire” (in senso negativo per chi è stato, appunto, sgamato), ma anche “sto in para” per “sto in ansia”, “non ho sbatti” per “non ho voglia”, “tanta roba” per “figo” o “ci sta” per “va bene”. Ci sono anche qui anglismi, come il “dissing” (ovvero il botta e risposta in pubblico), particolarmente conosciuto tra gli amanti del rap, il “mood” (“stato d’animo”) o gli immancabili verbi, tra cui “stalkerizzare”, cioè “stare troppo addosso”. Gli stessi modi di chiamarsi sono intergenerazionali. Tra amici, ecco dunque i vari “amo”, “bro”, “fra” e, nei confronti degli adulti, gli ironici “zio” e “zia”.
Infine, vi sono parole italiane che assumono nuovi significati. Un “rimasto”, per i nostri giovani, è chi fa cose strane.
Balzare” viene usato per indicare il salto di un impegno. E addirittura si scomodano termini ricercati, tipo in “ho perso l’aura”, per dire “ho fatto una cosa sfigata, ho perso il fascino”. In certi casi, il processo che porta al neologismo aggiunge addirittura uno step, come per “maschio sigma”, da contrapporsi al “maschio alfa”, per indicare un ragazzo serio e introverso, che ama stare per i fatti suoi e non cerca la popolarità.

Alberto Minazzi

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