Lo evidenzia l’Oms Europa. E i dati della sorveglianza dell’Iss segnalano il continuo aumento del tasso di positività legato al virus H3N2, mentre i medici raccomandano ancora la vaccinazione
“Nella regione europea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità la stagione influenzale è iniziata circa 4 settimane prima del solito”. Il trend, simile a quello osservato nella stagione 2022/23, è stato sottolineato dall’ultimo aggiornamento pubblicato dall’Oms Europa. A confermare, dal punto di vista sanitario, questo anticipo sono anche i dati dell’ultimo bollettino della sorveglianza epidemiologica e virologica RespiVirNet dell’Istituto Superiore di Sanità.
Quasi 2,2 milioni di casi in un mese
Dal 13 ottobre, quando è iniziato il monitoraggio dell’Iss, al 16 novembre, i casi stimati di sindrome simil-influenzale sono arrivati già a 2.185.451.
Un livello, già molto elevato, che ha portato l’infettivologo Matteo Bassetti a lanciare l’allarme sul possibile raggiungimento, a fine stagione influenzale, di numeri tra i 18 e i 20 milioni di casi, ovvero circa 1 italiano su 3.
Di qui l’importanza della prevenzione, ricordata da tutti i medici, attraverso la vaccinazione specifica. Anche perché il virus influenzale di quest’anno si sta comportando alla stregua di quello del Covid, continuando a mutare verso nuove varianti spesso in grado di evadere tanto l’immunità naturale, quanto quella indotta da precedenti vaccini.
Virus respiratori: a che punto siamo
La principale novità dell’attuale stagione influenzale, dal punto di vista della sorveglianza RespiVirNet, è la modifica della definizione di “caso”. A essere monitorate, infatti, non sono più le sindromi simil-influenzali, ma le infezioni respiratorie acute.
Al riguardo, l’incidenza nella comunità, nell’ultima settimana per la quale sono disponibili i dati (ovvero quella dal 10 al 16 novembre) è di 7,91 casi ogni 1.000 assistiti, salendo a 25,7 casi nella fascia d’età tra 0 e 4 anni.
Se il tasso di positività, determinato dalla co-circolazione di diversi virus respiratori, è sostanzialmente stabile, aumenta però quello specifico dell’influenza, con una diminuzione per il Sars-CoV-2 e cifre ancora basse per il virus sinciziale.
Influenza H3N2: i sintomi
I valori più elevati di positività sono in ogni caso quelli di rhinovirus (al primo posto nel flusso ospedaliero), adenovirus e virus influenzali. Relativamente a questi ultimi, il rapporto settimanale segnala, anche negli ospedali, il continuo aumento della percentuale di virus “A” (H3N2).
I sintomi, in gran parte sovrapponibili a quelli dell’influenza classica, tendono a comparire in modo improvviso: la febbre è spesso alta e accompagnata da brividi, mal di testa e un marcato senso di spossatezza che può costringere a letto per diversi giorni.
Accanto ai disturbi febbrili, si manifestano con frequenza tosse secca, mal di gola e congestione nasale, mentre dolori muscolari e articolari rendono particolarmente faticose anche le attività quotidiane.
Nei bambini non sono rari episodi di nausea o diarrea, che possono aggravare la sensazione generale di malessere.
Sebbene la fase acuta duri in media tra i tre e i sette giorni, la tosse e la stanchezza possono persistere più a lungo, talvolta anche per un paio di settimane.
È consigliabile rivolgersi al medico se compaiono difficoltà respiratorie, se la febbre rimane elevata nonostante i comuni farmaci antipiretici o se i sintomi peggiorano dopo un iniziale miglioramento.
Per il momento non è stato ancora segnalato nessun campione positivo di influenza di tipo A “non sottotipizzabile” come influenza stagionale.
Per l’Oms, picco a inizio gennaio
Una proiezione, invece, viene fatta da Oms Europa. La considerazione di partenza è quella che i virus influenzali si stanno comportando in maniera differenziata da Paese a Paese.
L’anticipo della stagione influenzale di 3-4 settimane rispetto ai periodi tradizionali, riferito di recente dall’European Centre for Disease prevention and Control, non sta in altri termini riguardando l’intero continente. E, a metà novembre, l’indicatore-chiave dell’attività influenzale rappresentato dalla positività ai test influenzali nelle cure primarie, è attestato in media al 17%. Di qui la previsione che, sulla base delle tendenze precedenti, il picco di positività, che dovrebbe aggirarsi attorno al 50%, dovrebbe arrivare tra fine dicembre e inizio gennaio.

Preoccupazioni e consigli dei medici
Il “mosaico” di virus respiratori preoccupa dunque i medici, specie nella prospettiva del presentarsi di forme aggressive o complicanze. I sintomi gravi, ricorda la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, sono più probabili in chi presenta vulnerabilità. Ma il vaccino è in grado di prevenirli, restando la misura più efficace per ridurre gli esiti più seri. Però, ricorda ancora Bassetti, solo 1 italiano su 5 si vaccina e anche tra gli anziani il 50% di vaccinati è ben lontano dall’obiettivo del 75% fissato dall’Oms. Anche la Società italiana dei medici di medicina generale e delle cure primarie, così, raccomanda la co-somministrazione del virus anti-influenzale insieme a quelli contro Covid-19, pneumococco, virus respiratorio sinciziale ed herpes zoster”.
Alberto Minazzi



