Una ricerca di cosmologi dell’Università di Durham rivela che la presenza di galassie sarebbe numericamente maggiore di quanto si possa pensare
L’estate è anche la stagione delle osservazioni del cielo. In particolare nel mese di agosto, il 10, nella notte di san Lorenzo siamo tutti con gli occhi puntati verso l’alto per vedere le stelle cadenti (in realtà meteoriti, frammenti di roccia o ghiaccio che entrano nell’atmosfera terrestre e bruciano creando scie luminose). Questi corpi celesti sono contenuti nelle galassie, vasti sistemi che comprendono miliardi di stelle, gas, polveri e materia oscura, tenuti insieme dalla gravità. La nostra galassia, la Via Lattea è solo una delle centinaia di galassie esistenti. E in un recente studio, condotto da un gruppo di cosmologi dell’Università di Durham, è stato rivelato che, rispetto a quelle finora osservate, ve ne sarebbero molte di più.
Lo studio
Attualmente sono noti e confermati circa 60 satelliti, presenti nella Via Lattea; ma, secondo Isabel Santos-Santos, che ha guidato, presso l’Institute for Computational Cosmology, lo studio, presentato al National Meeting 2025, molte altre galassie deboli e compatte potrebbero orbitare a breve distanza, portando il numero totale a superare d molto le stime attuali. Per arrivare a queste conclusioni gli esperti si sono avvalsi di una combinazione innovativa di simulazioni cosmologiche ad altissima risoluzione e modelli matematici avanzati. E’ stata utilizzata la simulazione Aquarius, la più dettagliata per un alone di materia oscura delle dimensioni di quello della Via Lattea, insieme al codice Galform, sviluppato a Durham con l’obiettivo di analizzare i processi di formazione ed evoluzione delle galassie nane satellite.
Le nuove galassie satellite
I risultati del lavoro indicano la possibile esistenza di 80-100 galassie satellite “orfane”. Si tratterebbe di oggetti debolissimi, quasi del tutto privi del loro alone di materia oscura, probabilmente strappato via dalla potente gravità della nostra galassia, che ancora non sono state osservate. Questo perché le simulazioni tradizionali, per la loro limitata risoluzione numerica, non riescono a seguire con precisione l’evoluzione dei piccoli aloni che ospitano queste galassie. Tuttavia, secondo i ricercatori, sono presenti nel cosmo e sopravviverebbero, ma è possibile individuarle solo grazie a strumenti di nuova generazione altamente tecnologici come la camera Lsst dell’Osservatorio Rubin. Come precisa il co-ricercatore dello studio, Carlos Frenk, la combinazione di fisica teorica, simulazione al supercomputer e modellazione matematica hanno portato a questa scoperta con previsioni precise che i nuovi telescopi potranno ora testare, aprendo la strada a una maggiore comprensione della struttura galattica e dell’evoluzione cosmica.