Nell’analisi Unioncamere-Tagliacarne, città e regioni con la maggiore predisposizione. Intanto, Cgia Mestre quantifica il (notevole) peso per le famiglie delle imposte, spesso “nascoste”, specie per i lavoratori dipendenti
Una caratteristica da sempre riconosciuta a noi italiani è la predisposizione al risparmio. E la conserviamo ancor oggi, nonostante la fase economica non facile e una tassazione che rimane tra le più alte d’Europa. Anche per quanto riguarda i risparmiatori, però, la situazione sul nostro territorio è molto diversificata. Lo evidenzia la nuova analisi sul tema pubblicata da Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne. Così come, rimarca invece Cgia di Mestre, ci sono tasse e tasse; e, in buona parte, le paghiamo senza rendercene conto.
L’Italia del risparmio
Lo studio di Unioncamere si basa sui dati provinciali relativi al 2023, quando la media nazionale della propensione al risparmio era pari all’8,27%. Ma la quota di reddito che i cittadini riescono ad accantonare presenta profonde differenze. A guidare la classifica del risparmio è il Piemonte, dove si arriva all’11,2%.

E sono non a caso 3 province di questa regione di Nord-Ovest a occupare l’intero podio. Si conferma al primo posto Biella, con il 15,51%, seguita da Asti (13,64%) e Vercelli (13,62%). Al contrario, in coda si posizionano le 2 grandi regioni insulari, Sicilia e Sardegna, entrambe al 4,5%, anche se, tra le province, ultima è la calabrese Crotone (4,63%), preceduta comunque da 2 realtà siciliane: Siracusa (4,66%) e Trapani (4,79%). Seconda regione per predisposizione al risparmio, con il 10,9%, in termini assoluti è invece la Lombardia la prima per somme risparmiate: oltre 29,5 milioni di euro, più di un quarto (il 27,1%) del totale nazionale.

Sempre guardando ai totali, Milano è la provincia in cui si accumulano più risparmi (l’11,5% di tutti quelli accantonati in Italia), davanti a Roma e Torino: aggiungendo anche le altre realtà metropolitane di Bologna e Genova, si arriva al 32,4% delle somme. Da notare però che tutte le prime 10 posizioni della classifica della propensione al risparmio sono occupate da realtà provinciali più piccole.
I virtuosi del risparmio
Al tempo stesso, va evidenziato che praticamente ovunque (uniche eccezioni, in calo, Isernia, Pavia, Cremona e Lodi), la propensione al risparmio è aumentata dal 7,5% del 2019, con Gorizia che ha guadagnato più posizioni (14), portandosi al 58° posto.

Quanto all’identikit del risparmiatore-tipo sono quindi evidenziabili alcune caratteristiche. Nelle province meglio posizionate nella classifica del risparmio, sottolinea lo studio, c’è un’incidenza più alta di laureati (8,8%: la media nazionale è di 7,9%), un maggior numero (8,4% contro 8,2%) di anziani, espresso dal rapporto tra over 64 e under 15, e nuclei familiari più ristretti (9,1% rispetto al 7,5% medio). Il reddito pro-capite, invece, non è sempre un indicatore affidabile. In 15 province, oltre la metà delle quali in Triveneto, a un reddito più alto della media italiana corrisponde infatti una propensione al risparmio più bassa.

Tra gli esempi citati in tal senso, Roma (reddito pro-capite più alto del +14,1% e predisposizione al risparmio inferiore del -6,3% alla media), Cagliari (+4% e -36%) e Bolzano (+39% e -14%). Accade esattamente il contrario in 18 province, tra cui Asti (reddito -7% e propensione al risparmio +65%), Alessandria (risparmio superiore di quasi il +50% con un reddito leggermente sotto la media nazionale) e Avellino (rispettivamente -29% e +26%).
L’Italia delle tasse
Insieme a consumi e risparmio, la terza grande componente che le famiglie devono tenere in conto nel definire la gestione del proprio budget sono le tasse. Un tema riguardo al quale l’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha effettuato un calcolo, stimando in 20.231 euro il peso fiscale complessivo che grava quest’anno su una “famiglia italiana tipo” composta da marito e moglie lavoratori dipendenti e un figlio a carico. La pressione fiscale italiana, nel 2024, è stata del resto la 6^ più elevata nell’Unione Europea, pari al 42,6% del Pil, non molto distante dal 45,4% della Danimarca, che occupa il non invidiabile primo posto.

Gli artigiani, però, sottolineano al tempo stesso che in oltre 9 casi su 10 le tasse e i contributi pagati dalle famiglie dei lavoratori dipendenti vengono prelevati alla fonte, come Irpef o contributi Inps (che incidono per il 61,8% dei prelievi), oppure sono defalcati dalla busta paga lorda o inclusi negli acquisti quotidiani di beni e di servizi. Sono le cosiddette “tasse nascoste”, che pesano per il 35% del totale.

Inoltre, sottolinea lo studio, “solo in poco meno di 1 caso su 10, l’operazione avviene consapevolmente, vale a dire per mezzo di un pagamento cash od online o presso uno sportello bancario/postale”. Una condizione che rende meno “doloroso” il pagamento per i dipendenti ma, al tempo stesso, aumenta l’insofferenza tra le partite Iva.
Alberto Minazzi