L’analisi di Coldiretti dopo la denuncia del ministro dell’Agricoltura sulla presenza di prodotti “taroccati” anche al market del Parlamento Europeo
Una gustosa (?) “zottarella” tedesca non ingannerà mai un italiano. E questo anche se, magari, non ha mai assaggiato una mozzarella proveniente dalle regioni meridionali del nostro Paese, a partire dalla Campania, terra d’origine di questo prodotto caseario, risalente almeno al XII secolo, come confermano le prime testimonianze scritte in materia. Il palato della maggioranza dei consumatori mondiali non è però raffinato a questo punto. E così l’italian sounding, ovvero l’uso commerciale di nomi, immagini o traduzioni che richiamano la cultura italiana per spacciare i prodotti come autenticamente originari del Bel Paese, deve essere considerato a tutti gli effetti una vera e propria piaga. Anche perché, ogni anno, questo fenomeno costa alle nostre imprese 120 miliardi di euro, come ha sottolineato Coldiretti dopo la denuncia del ministro dell”Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che ha documentato in un post sui social la presenza di prodotti di imitazione addirittura negli scaffali del market del Parlamento Europeo.

Falsi 2 prodotti su 3: ecco i più imitati
L’organizzazione degli imprenditori agricoli italiani, al riguardo, non ha esitato a parlare di un vero e proprio “scandalo”, sottolineando in primo luogo che “per colpa del cosiddetto “italian sounding” nel mondo più di 2 prodotti agroalimentari tricolori su 3 sono falsi senza alcun legame produttivo e occupazionale con il nostro Paese”. Coldiretti ha anche stilato una classifica dei cibi “Made in Italy” più taroccati, guidata proprio dalla mozzarella, seguita, nell’ordine da altri formaggi: parmigiano reggiano e grana padano occupano il 2° posto, poi vengono il provolone e pecorino romano e, più in basso, ma comunque bersaglio di una contraffazione significativa, Asiago e fontina.
Non se la passano molto meglio i salumi, con il salame in 5^ posizione e la mortadella 6^, senza però dimenticare il prosciutto di San Daniele. Completando la top ten, poi, si potrebbe letteralmente riempire un ideale carrello della spesa, con sughi, vino, pesto e olio extravergine d’oliva. Né si salvano le conserve e i prodotti ortofrutticoli, come il pomodoro San Marzano.

Le ricette maggiormente taroccate
La foto in primo piano che accompagna il post del ministro è quella di un vasetto di (presunto) sugo alla carbonara, su cui Lollobrigida ironizza con un “sorvolando sulla pancetta nella carbonara…” che strizza l’occhio ai puristi italiani che vogliono l’uso, per questo famosissimo primo piatto, solo ed esclusivamente del guanciale. La carbonara, spiega sempre Coldiretti, è del resto una delle ricette più “taroccate” all’estero, con l’inserimento di variazioni che, oltre al bacon nei Paesi anglosassoni, vanno dall’addizione di panna del Belgio all’impiego formaggio “romano” (in luogo del pecorino) negli Stati Uniti. Nelle altre foto del post non poteva mancare un vasetto di sugo all’arrabbiata, mentre incuriosisce la salsa “bolognaise extra”, “una specialità “acchiappa turisti” che nel nostro Paese non ha di fatto una tradizione”, sottolinea ancora Coldiretti. “Tutti questi prodotti – conclude invece il titolare dell’Agricoltura – rappresentano il peggio dell’italian sounding. È inaccettabile vederli sugli scaffali del market del Parlamento Europeo. Ho chiesto di avviare subito le verifiche”.
Una concorrenza che arriva soprattutto dai Paesi industrializzati
Nell’approfondire il tema, l’associazione di rappresentanza dei coltivatori diretti fa notare “il paradosso che i maggiori falsificatori delle eccellenze tricolori sono i paesi industrializzati” e non esita a definire gli Stati Uniti “leader della falsificazione”. Se gli Usa guidano questo fenomeno globale, si aggiunge però anche che le imitazioni dei formaggi italiani sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo. “Una tendenza – denuncia Coldiretti – che è degenerata in alcuni Paesi dove sono stati messi addirittura sul mercato “magic box” per la produzione casalinga dei formaggi, vini e salumi italiani più tipici in pochi giorni”. Non bastano insomma il “parmesan” da grattugiare sui piatti o il “Barollo” da versare nel calice da vino, la “salsa pomarola” argentina o il “jambon de Parme” francese: mangiare italiano piace in tutto il mondo. E chi non può permetterselo troppo spesso è disposto ad accontentarsi di imitazioni ben lontane dalla qualità dei prodotti originali.
Alberto Minazzi



