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In Europa si riaffaccia anche la lebbra

In Europa si riaffaccia anche la lebbra

Registrati in Romania e Croazia 5 casi di una malattia non più endemica nel continente, ma ancora diffusa nel mondo. Bassetti: “Non dobbiamo essere preoccupati”

Parlare di lebbra nel 2025 fa correre subito il pensiero indietro di 2 secoli. Le nozioni popolari su quello che scientificamente viene chiamato morbo di Hansen si legano infatti alla Bibbia. E il libro sacro dipinge i lebbrosi come oggetto, oltre che delle conseguenze sanitarie, anche di un forte e radicato ostracismo a livello sociale. Al grido di “impuro, impuro”, questi malati, erano infatti costretti, sulla base della legge di Mosé, a vivere isolati. Una scelta legata anche al fatto che la lebbra, fin dai tempi del profeta Isaia, era considerata un segno di allontanamento da Dio. Questa commistione tra sanità e sacro, fortunatamente, ai giorni nostri è stata superata. Ma non la malattia. Riguardo alla quale, per di più, nelle ultime ore è stato segnalato, dopo decenni, il ritorno in 2 Paesi dell’Est europeo.

I nuovi casi di lebbra in Romania

A essere maggiormente interessata è la Romania, dove l’ultimo caso era stato registrato nel 1981. Sono 4 i casi confermati dal locale ministro della Sanità, Alexandru Rogobete, di cui 1 accertato e i restanti 3 sottoposti a valutazioni cliniche e microbiologiche. A essere coinvolte sono tutte donne di origine asiatica che lavorano come massaggiatrici in un salone di Cluj-Napoca. È stata quindi immediatamente disposta, fino al termine delle indagini, la chiusura temporanea del centro massaggi, i cui locali sono stati sottoposti a sanificazioni straordinarie, mentre i dipendenti sono stati oggetto di controlli medici specifici. Al tempo stesso, le autorità sanitarie rumene hanno rassicurato la popolazione, ricordando che il rischio di contagio diminuisce progressivamente fino a scomparire grazie all’applicazione degli appositi trattamenti farmacologici previsti dai protocolli internazionali.

Un caso anche in Croazia

La stessa procedura è stata adottata in Croazia, per il caso di lebbra che, a 32 anni dall’ultimo precedente, ha riguardato un lavoratore nepalese, residente con la famiglia nel Paese da 2 anni, presentatosi al servizio epidemiologico di Spalato con sintomi compatibili con la malattia una decina di giorni fa. Il malato è attualmente in cura e ai suoi contatti stretti, pur non risultando contagiati, è stata somministrata una terapia preventiva post-esposizione, avviando in contemporanea un costante monitoraggio medico. Le autorità croate hanno quindi dichiarato che, grazie alla tempestiva identificazione, la situazione è completamente sotto controllo, senza cioè che ne possa derivare un pericolo per la popolazione generale, anche in considerazione della natura poco contagiosa della malattia. Per trasmettersi, questa richiede infatti un’esposizione prolungata all’agente infettivo, non bastando contatti brevi o la sola condivisione di spazi comuni.

Bassetti: “Nessuna preoccupazione. Anzi, evitiamo nuovi stigmi”

“Io credo – commenta il direttore della clinica Malattie infettive dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti – che il tema sia stato posto male, anche a livello mediatico. La malattia è ancora presente in Paesi in via di sviluppo, non è mai stata debellata o scomparsa. Casi se ne trovano, ma sono a bassissima contagiosità, soprattutto se si mettono a trattamento antibiotico. Una volta che questo parte, la contagiosità è infatti pari a zero. Cioè si può baciare, abbracciare, stare vicino a una persona con la lebbra senza alcun tipo di problema”.

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Il direttore della Clinica Malattie Infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino Matteo Bassetti @Fb Matteo Bassetti

“In Italia – prosegue Bassetti – sono dunque possibili casi di importazione, ma non è certamente un problema: abbiamo farmaci, conoscenze importanti, è una malattia ampiamente nota. Quindi io eviterei quello che altrimenti rischia di essere l’ennesimo stigma nei confronti di questa malattia. Basti pensare che, per insultare una persona, si usa il termine “lebbroso”: ecco, io invito a cercare di uscire da questa visione del passato di una malattia su cui si è fatto molto, che sappiamo curare e gestire e per la quale non c’è minimamente da essere preoccupati”.

La lebbra in Italia

Del resto, come ricorda l’Aifo, ong in prima linea per quanto riguarda questa malattia, “fino agli anni ’70 del 1900, la lebbra era presente in Italia come malattia autoctona, anche se relegata in pochi circoscritti focolai in Liguria, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Nei decenni successivi, la sua presenza è andata progressivamente scemando e non è più stata considerata una patologia endemica”. “Il morbo di Hansen – prosegue l’Associazione – non è però scomparso del tutto. Ancora oggi, infatti, vengono registrati dei nuovi casi, anche se 5-7 ogni anno. Si tratta quasi sempre di persone provenienti dai Paesi del mondo in cui la lebbra è presente o di cittadini italiani che hanno soggiornato in quegli stessi luoghi”. Per questo motivo, si conclude, è possibile parlare oggi di malattia di importazione e non più autoctona. Proprio questo aspetto, però, rende la lebbra particolarmente insidiosa.

L’importanza di non sottovalutare la lebbra

Sempre l’Aifo, al riguardo, sottolinea che “nuovi casi possono manifestarsi in tutto il territorio nazionale e non più in aree circoscritte, come accadeva in presenza di focolai locali. Inoltre, anche se poche numericamente, le persone colpite se non diagnosticate precocemente, possono manifestare complicazioni ed incorrere in disabilità permanenti che possono pregiudicarne la qualità della vita. Senza contare le importanti ricadute sociali che il morbo di Hansen provoca, soprattutto in termini di emarginazione”. La sporadicità dei casi, aggiunge Aifo, potrebbe inoltre influire sulla capacità diagnostica da parte del personale sanitario italiano. Fin dal 1999 esistono, in ogni caso, delle linee guida per il controllo del morbo di Hansen in Italia che, tra l’altro identificano 4 Centri nazionali di riferimento: a Genova, Cagliari, Gioia del Colle (Bari) e Messina.

La lebbra nel mondo

Dall’ultimo report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità emerge che il numero delle persone a cui è stata diagnosticata la malattia è sceso nel 2024 a 172.717, con una diminuzione di circa il -5% rispetto al 2023. L’Oms inserisce la lebbra nella lista delle “malattie tropicali neglette”, ma resta endemica e costituisce dunque un problema sanitario importante in diversi Paesi di Africa, Asia e America Latina con condizioni socio-economiche precarie, tra cui Brasile, India, Indonesia, Repubblica Democratica del Congo e Bangladesh. Nonostante la progressiva diminuzione degli ultimi anni, resta significativo (9.397, il 5,4% del totale) il numero di under 15 a cui è stata diagnosticata la malattia. Ed è stabile (9.729, il 5,3%) anche il numero delle persone con gravi disabilità al momento della diagnosi.

La lebbra: conosciamola meglio (anche attraverso la Giornata mondiale)

In occasione della 73^ Giornata mondiale dei malati di lebbra, in calendario il prossimo 25 gennaio 2026, saranno intanto promosse iniziative di sensibilizzazione rivolte alla cittadinanza, affinché l’opinione pubblica possa comprendere meglio le sfide ancora aperte e il valore della solidarietà verso chi vive in condizioni di vulnerabilità. Il morbo di Hansen è una malattia infettiva cronica causata da un batterio che si trasmette principalmente attraverso le goccioline respiratorie emesse con tosse o starnuti. Si manifesta, dopo un lungo periodo di incubazione, che può raggiungere anche i 10 anni, con lesioni cutanee e danni ai nervi periferici, che causano perdita di sensibilità e una sensazione di debolezza generale. Ma, fortunatamente, è completamente curabile con una terapia della durata da 6 mesi a 1 anno a base di farmaci antimicrobici.

Alberto Minazzi

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