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IL GIOCA JOUER DELLA MIA VITA

IL GIOCA JOUER DELLA MIA VITA

Questo il titolo del libro autobiografico di Claudio Cecchetto, il talent scout, dj, cantante e produttore partito da Ceggia e arrivato
alla ribalta nazionale

Una vita talmente ricca di aneddoti e curiosità che meriterebbe di finire su un libro. Detto, fatto. Claudio Cecchetto, l’inventore di Radio Deejay, lo scopritore di talenti come Fiorello, Jovanotti, 883, Gerry Scotti e molti altri, che pur non considerandosi né un musicista né un ballerino ha fatto ballare intere generazioni con il suo “Gioca Jouer”, ha deciso di mettere su carta la sua autobiografia, recentemente uscita per Baldini&Castoldi “In diretta Il gioca jouer della mia vita”. Un libro che proprio come il suo celebre tormentone è diviso in “mosse”, in macro-temi che passano dall’infanzia a giorni nostri. Un capitolo importante è sicuramente dedicato anche alla terra veneziana in cui è nato.
Quando la tua famiglia si è trasferita da Ceggia a Milano eri piccolissimo, ma hai sempre mantenuto un forte legame con i luoghi dove sei nato e ci tornavi spesso. Cosa rappresenta questo territorio per te? «Quando siamo andati a vivere a Milano mio padre era costretto spesso a cambiare lavoro e di conseguenza cambiavamo casa. Negli anni delle elementari e delle medie non passavo mai troppo tempo nello stesso posto, mentre poi trascorrevo i tre mesi delle vacanze estive a Ceggia e quindi la mia infanzia, i mie amici, i miei ricordi di quegli anni sono legati a questi posti».
La lista dei talenti che hai lanciato è infinita. Cosa ti ha colpito, cosa avevano in più i vari Fiorello, Jovanotti, Pezzali etc. ? «A Picasso non chiedi com’è riuscito a fare i suoi quadri, fa parte del suo talento, ed il mio talento è quello di riuscire a riconoscere il talento degli altri e cercare di dare loro delle opportunità per esprimerlo».
Nel libro scrivi però che “Il talento è un dono, ma il successo è un lavoro”.. «Una volta che ti rendi conto di avere questo talento capisci anche che questo da solo non è sufficiente, che devi usare la testa, “studiare da artista”. Se ti impegni e lavori impari a conoscere i tuoi limiti, le tue debolezze e i tuoi meriti».
Nel libro elogi anche una sorta di “fame” che ha chi viene dalla provincia, una caratteristica che contraddistingue tutti gli artisti che hai lanciato… «Chi viene dalla provincia ha degli obiettivi, sa che non è nel posto giusto e che deve “andare in città” e conquistarla, ed è uno stimolo non indifferente. Lo stesso discorso vale per le periferie. Se nasci nel centro del mondo sei sicuramente fortunato però non hai di certo lo stimolo a cercare altro».
Dei talenti con cui hai lavorato c’è stato qualcuno per cui nemmeno tu ti aspettavi un grande successo o c’è qualcuno su cui avevi puntato che secondo te non ha avuto il riscontro che meritava? «Quando ho incontrato Lorenzo Jovanotti o Fiorello sono rimasto abbagliato dal loro talento, non avevo assolutamente dubbi. C’era solo da farlo capire a tutti. Il riscontro che arrivava dopo era quindi una conferma di quello che sapevo già. C’erano anche altri che avevano ambizioni ma non la giusta volontà. È un po’ come se stessimo facendo una corsa assieme: se non riesci a starmi dietro, a reggere il mio ritmo, allora non è giusto che io sacrifichi il mio tempo e la mia energia se poi tu le sprechi. Molti si ostinano a percorrere sempre la stessa strada e si rovinano la vita. Non è che non devi provarci, ma se ti accorgi che è la strada sbagliata, cambia! Cercane altre».
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La musica è senz’altro il filo conduttore della tua vita. Secondo te come è cambiato il mondo in cui la gente fruisce la musica, dal walkman e le radio libere a internet e gli mp3? «Una volta la musica era un oggetto da possedere. Già il CD non era la stessa cosa rispetto agli Lp. Ora con la rete la musica non si possiede, si fruisce. Adesso se ne consuma anche di più, la musica è ovunque, nei negozi, nelle pubblicità, ma è “musica in affitto”, quando ne hai voglia la ascolti. L’intuizione di Steve Jobs con Itunes ma ancora di più ora Spotify ne sono l’esempio: in qualsiasi momento, dovunque nel mondo, puoi ascoltare tutta la musica che vuoi con un semplice abbonamento. Non c’è più la vendita dell’oggetto, per questo le case discografiche si concentrano ora su altre cose, i diritti editoriali, l’immagine, i concerti».
Questo ha cambiato anche la prospettiva di chi la musica la fa. Come vedi l’attualità del mondo musicale e il suo futuro? «I musicisti sono tornati a quella che è la loro vera dimensione: suonare dal vivo. Si è un po’ tornati indietro a quando gli artisti si esibivano in piazza. Certo ci vuole maggiore sacrifico, se scegli di suonare devi impegnarti. Oppure la fai per il piacere che ti da, del fatto che ti permette di stare assieme e condividere, ed è il bello del fare musica, ho sempre avuto grande invidia di chi sa suonare uno strumento. Poi ci sono i talent, che però sono uno spettacolo televisivo. Non sono contrario, anzi, hanno riportato la musica in televisione, dando grandi opportunità a dei ragazzi di talento, ma ripeto sono uno spettacolo televisivo, con le sue logiche».

E proprio un nuovo talent è la sfida del poliedrico Claudio Cecchetto. Come sempre si tratta di un approccio completamente nuovo e diverso… «Ovviamente non aveva senso per me ripetere cose che ci sono già, ma volevo andare oltre la musica. Di gente che sa cantare bene ce n’è davvero moltissima, ma quello che ti fa diventare un personaggio è altro. Onestamente non possiamo dire che Lorenzo sia un grande cantante, ma nemmeno Vasco o Mick Jagger, però hanno qualcosa che ti conquista, un meccanismo che gli permette di emergere, un’attitudine mentale ed anche fisica. Questo cerchiamo in questo talent che si chiamerà “Starcube – La voce non è tutto”. I giudici ti scelgono prima di sentirti cantare, quello che conta sarà la personalità».
Nella tua carriera hai fatto moltissime cose (dj, cantante, produttore, direttore di radio) non ultimo lo scrittore e lo hai sempre fatto partendo da zero, senza badare più di tanto alle logiche commerciali di quel settore. Gerry Scotti dice “Claudio ha cambiato la vita di tante persone, ma non ha mai permesso a nessuno di cambiare la sua”. È questa la chiave per essere originali e raggiungere l’obiettivo? «Diciamo che è un mio pregio e un mio difetto, a seconda dei punti di vista. Certo è vero che è importante portare avanti le proprie idee, se sei una banderuola e non hai ben presente i tuoi obiettivi è difficile raggiungerli. Quella di Gerry è però una frase ad effetto, sono stati anche loro a forgiare le proprie vite. Io dico che sono come l’acqua, se trovo il terreno fertile, il giusto seme allora l’albero cresce e può dare buoni frutti, ma posso versare tutta l’acqua che voglio nel deserto e non nascerà mai nulla».M3_Cecchetto-2


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