Sarà appena il 5° “confermativo” della storia della Repubblica. Ecco su cosa si esprimeranno gli italiani
Dopo anni di referendum abrogativi finiti senza quorum, l’Italia si prepara a un nuovo voto popolare: quello sulla riforma della giustizia.
A differenza dei precedenti, non è legato all’obiettivo di portare alle urne il 50% più 1 degli elettori e non rischia dunque di essere invalidato dall’astensione.
Si tratta infatti di un referendum “confermativo” o “costituzionale” con il quale i votanti si esprimeranno semplicemente per un “sì” (in caso di volontà di confermare la riforma) o un “no”.
Una consultazione per la quale è partito ufficialmente il conto alla rovescia e che probabilmente si terrà all’inizio della prossima primavera, tra marzo e aprile.
I tempi però potrebbero essere più brevi, addirittura gennaio 2026, se i giudici della Corte di Cassazione, che hanno a disposizione un mese per farlo, si esprimeranno in tempi rapidi con la valutazione positiva della legittimità della richiesta. Sarà quindi il presidente della Repubblica a fissare la data precisa, in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’indizione del referendum.

Il tema del quesito: la riforma della giustizia
Già in queste ore è oggetto di confronto il tema del quesito che sarà proposto agli elettori, con una modifica auspicata dalla maggioranza in considerazione del fatto che il solo titolo della legge (“Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”) viene ritenuto poco indicativo dei suoi contenuti.
Di fatto si volta la riforma del titolo IV della Carta costituzionale, dedicato alla giustizia, licenziata dal Consiglio dei ministri il 29 maggio del 2024 e diventata definitiva nelle ultime settimane in seguito alla quarta approvazione tra Camera e Senato. Il cuore del testo introduce la separazione delle carriere tra i giudici, che emettono le sentenze, e pubblici ministeri, ovvero i magistrati che svolgono la cosiddetta funzione “requirente” e in sostanza rappresentano in giudizio lo Stato.
La modifica riguarda anche gli organi di autogoverno, con la previsione di 2 Consigli superiori, entrambi presieduti dal Capo di Stato, 1 per ciascuna delle categorie. Tra le novità c’è anche l’introduzione di un’Alta Corte disciplinare, che avrà giurisdizione su entrambe le figure della magistratura.

I referendum senza quorum
Il primo referendum senza quorum della storia dell’Italia fu proprio quello, “istituzionale”, che decise la forma dello Stato, con il 54,27% dei votanti che scelse la Repubblica a discapito della Monarchia.
Previsto dall’articolo 138 della Costituzione italiana, il referendum “costituzionale” permette ai cittadini di esprimersi su una legge di revisione della Carta: cosa che è avvenuta per la prima volta nel 2001, per la modifica al titolo V della seconda parte della Costituzione, nel 2006 (per la modifica alla parte seconda della Costituzione), nel 2016 (che riguardava tra l’altro il superamento del bicameralismo paritario e la riduzione del numero dei parlamentari) e nel 2020 (ancora sulla riduzione del numero dei parlamentari).
Il referendum costituzionale
Questo tipo di referendum è ammesso solo se questa legge non è stata approvata con una maggioranza dei due terzi in entrambe le Camere. L’iter prevede inoltre che la richiesta del referendum chiamato anche “confermativo” debba essere presentata, entro 3 mesi dalla pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale, da parte di un quinto dei membri di una Camera, da 500 mila elettori o da 5 Consigli regionali. Per il referendum sulla riforma della giustizia, l’obiettivo della raccolta delle firme è stato raggiunto in Parlamento, con il primo deposito in Cassazione effettuato oggi, 5 novembre 2025, da parte dei capigruppo di maggioranza a Montecitorio (85 firme raccolte, che superano la soglia di 80). Ma seguiranno presto anche quelli delle firme raccolte in Senato (almeno 41), sia dalla maggioranza che dall’opposizione, che sta raccogliendo a sua volta anche le sottoscrizioni alla Camera.
Alberto Minazzi



