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Due anniversari, un capolavoro: la mostra di Manara su Il nome della rosa

Due anniversari, un capolavoro: la mostra di Manara su Il nome della rosa

Alla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, fino al 23 novembre, le tavole de Il nome della rosa raccontano l’ultima sfida di Milo Manara: aver trasformato il pensiero in immagine

Da una parte Umberto Eco, il romanziere-filosofo che nel 1980 trasformò il Medioevo in un enigma metafisico e narrativo. Dall’altra Milo Manara, il disegnatore che ha fatto dell’erotismo una forma d’arte, uno sguardo sul desiderio e sulla libertà.
È raro che due maestri così diversi si sfiorino davvero. Eppure è successo di più.
A 45 anni dall’uscita del romanzo e mentre Manara celebra il suo 80° compleanno, la mostra Il nome della rosa, allestita fino al 23 novembre alla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, racconta il loro incontro in un linguaggio nuovo: quello del fumetto.
In esposizione, saranno le tavole del primo volume, pubblicato da Oblomov Edizioni e diventato un caso editoriale internazionale, insieme a sette tavole inedite che anticipano il secondo volume, in uscita il 28 novembre.

manara

La sfida del corpo assente

A voler mettere insieme lo stile articolato e stratificato di Eco e quello fluido e sensuale di Manara sono stati gli stessi figli di Umberto Eco ed Elisabetta Sgarbi.
Una vera sfida, l’aveva allora etichettata allora (il primo volume è uscito nel 2023) il fumettista che si sarebbe ritrovato a disegnare una “storia di uomini in tonaca che parlano e parlano” e per di più in quasi totale assenza di quei corpi femminili che, da Jolanda de Almaviva a Il Gioco, da Gulliveriana a Kamasutra, hanno disseminato con eleganza e ironia le sue opere.
In questa assenza, paradossalmente, Manara ha trovato nuova forza.
Il desiderio si è spostato altrove: nei volti dei monaci, nelle pieghe delle loro tuniche, nelle architetture dell’abbazia.
La tensione non sta più nella carne, è tutta interiore, nel pensiero che si fa immagine.
In frate Guglielmo da Baskerville – che Manara immagina con i tratti di Marlon Brando – si condensano curiosità, intelligenza e ironia.

“Ed ella mi baciò con i baci della sua bocca”

Ma resta ancora un’immagine di donna a illustrare la locandina della mostra che alla Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno celebra i due anniversari (appunto i 45 anni del romanzo e gli 80 del fumettista) anticipando la prossima uscita del secondo volume de Il nome della Rosa a fumetti.

“Nel meraviglioso romanzo di Umberto Eco c’è una sola ragazza ed è presente in sole due delle 120 pagine del mio lavoro. – ha sottolineato Milo Manara -. E’ una semplice popolana che, diciamo così, ripaga come può, delle frattaglie. Una meretrice verso la quale non c’è giudizio, tanto che Guglielmo la definisce una povera ragazza che probabilmente ha una famiglia, dei fratelli da sfamare a casa – ha puntualizzato -. C’è proprio lei nella locandina che illustra la mostra e io sono grato agli organizzatori per la scelta di questa immagine“.
Una scelta sulla quale probabilmente avrebbe poco avuto da ridire anche Umberto Eco visto che l’illustrazione, ha spiegato ancora il maestro, è ispirata al Cantico dei Cantici, il libro biblico, attribuito a Salomone, che celebra l’amore e in particolare, ha ricordato il fumettista, alla frase “Ed ella mi baciò con i baci della sua bocca“.

milo manara
Milo Manara durante la conferenza stampa di presentazione della mostra

Un Medioevo “vivo”

Manara, che alla venerabile età di 80 anni sta lavorando giorno e notte per concludere il secondo volume, ha amato Il nome della rosa fin dalla prima lettura.
E da uomo ” che ha la fortuna sfacciata di poter ancora fare ciò che gli piace, di poter esercitare questa straordinaria professione che è anche una confessione, perché permette di manifestare la propria, sia pur modestissima, visione del mondo”, ha detto, lo ha amato ancor più dal momento in cui ha iniziato a trasporlo nei suoi fumetti.
Dove grazie a Eco le tavole di Manara hanno colorato un Medioevo altrimenti ereditato nel pensiero come “buio”, quando invece risulta animato da una fantasia febbrile.
Ecco allora che i chiostri dell’abbazia si aprono su paesaggi innevati, che i volti dei monaci sembrano scolpiti nella pietra e nei pensieri. Che ci sono anche le visioni oniriche, inquietanti e teatrali popolate di demoni e peccatori: le allucinazioni della fede e del peccato.
Gli stessi marginalia, le piccole decorazioni dei manoscritti medievali appaiono nel lavoro di Manara figli di un tempo di fervore e di grande immaginazione.

milo manara

La fedeltà al testo e la libertà del segno

Nelle sue tavole, che pure hanno dovuto tagliare parti, per lo più descrittive, del lunghissimo romanzo, non c’è una parola che non sia del suo autore originario, Umberto Eco. L’adattamento è straordinariamente fedele.
Ma dentro quella fedeltà si muove la libertà del disegno, che interpreta, sintetizza e aggiunge silenzi dove le parole non bastano.
La struttura “a scatole cinesi” del romanzo trova un corrispettivo visivo nella stratificazione grafica dell’opera: tre stili differenti che dialogano tra loro – il rilievo delle sculture, la miniatura dei codici, la narrazione più classica per Adso.
Il risultato è un fumetto che è anche un saggio visivo e un atto d’amore verso la letteratura.

L’arte di un “veronese” universale

Nato a Luson, in Alto Adige, ma cresciuto a Verona, dove vive da sempre, Manara è a tutti gli effetti un artista veneto.
Il suo sguardo insieme sensuale e ironico, colto e popolare,  affonda le radici in una terra di pittura, di corpi e di luce.
Dopo gli esordi tra i fumetti neri e d’avventura, ha conosciuto il successo internazionale con Il Gioco (1,2 e 3) e con il personaggio di Giuseppe Bergman, alter ego attraverso il quale riflette sul senso stesso dell’arte e dell’autore.
Negli anni Settanta incontrò Hugo Pratt: tra i due nacque un’amicizia profonda e un dialogo artistico continuo, che influenzò molte delle opere successive di Manara: con lui ha condiviso la passione per l’avventura e per l’umanità dei personaggi.
Non meno importante è stato il legame con Federico Fellini, con il quale ha collaborato a Viaggio a Tulum e a Il viaggio di G. Mastorna detto Fernet, due progetti che fondono sogno, cinema e fumetto in un linguaggio unico.
Fellini vedeva in Manara “un poeta del disegno”, capace di dare corpo ai sogni e ai desideri.

Manara Secret Gardens Felliniana @ Francesco Del Zotto

Un autore che attraversa generi e confini

Dagli anni Settanta a oggi, Manara ha spaziato dal fumetto erotico alla letteratura illustrata, dai classici (L’asino d’oro, Kamasutra) ai biografici (Caravaggio), fino alle collaborazioni internazionali con Neil Gaiman per Sandman – Notti Eterne e con Chris Claremont per gli X-Men.
Ha portato nel fumetto italiano un linguaggio pittorico raffinato, riconoscibile: il suo segno è morbido, ma preciso; la sua linea racconta il desiderio come energia vitale, mai volgare, sempre curiosa.

Un maestro che continua a cercare

Dopo Ascoli, la mostra approderà a Milano, mentre il secondo volume del fumetto uscirà a fine novembre.
Intanto, Manara ha appena firmato il Calendario 2026 – Gulliveriana, pubblicato da Comicon Edizioni: un ritorno a una delle sue opere più amate, trent’anni dopo, in coincidenza con i tre secoli del romanzo di Swift.
A ottant’anni, il maestro veronese continua a lavorare come sempre a fatto: con curiosità, rigore e ironia.
Forse è proprio questa la sua grandezza: aver trasformato il desiderio in linguaggio e il disegno in una forma di conoscenza che non si arresta mai.

Consuelo Terrin

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