Una circolare di Interno e Salute chiarisce: sanzioni solo se la sostanza incide ancora sulla guida. Urine escluse, servono test su saliva o sangue
La stretta sulle droghe alla guida resta, ma cambia forma.
Con una circolare inviata l’11 aprile a prefetture, questure e forze dell’ordine, i Ministeri dell’Interno e della Salute chiariscono che le sanzioni previste dalla riforma del Codice della Strada approvata a novembre 2024 non si applicano più automaticamente a chi risulta positivo ai test antidroga.
A fare la differenza, d’ora in poi, sarà la persistenza degli effetti della sostanza sul conducente al momento del controllo.
In altre parole: si verrà puniti solo se la droga è ancora attiva nell’organismo e incide sulla capacità di guida.
Cosa cambia con la circolare ministeriale
In sostanza, la circolare ministeriale chiarisce che è necessario verificare dettagliatamente l’esistenza di una “correlazione temporale tra l’assunzione e la guida, che si concretizza in una perdurante influenza della sostanza stupefacente o psicotropa in grado di esercitare effetti negativi sull’abilità alla guida”.
Per arrivare alla sospensione della patente, con il nuovo Codice della strada era in pratica sufficiente la positività al test di controllo, che può verificarsi anche a giorni o settimane di distanza dall’assunzione delle sostanze.
Adesso, però, si fa un passo indietro.
La locuzione usata nella norma, “dopo aver assunto”, richiede cioè secondo i Ministeri uno stretto collegamento di prossimità temporale, che va provato dai controllori, tra assunzione e guida del veicolo.
Le novità sui test
Per arrivare a questo risultato, prosegue il chiarimento della circolare, “la presenza dei principi attivi delle sostanze stupefacenti o psicotrope deve essere determinata esclusivamente attraverso analisi di campioni ematici o di fluido del cavo orale del conducente, le uniche matrici biologiche nelle quali la presenza di molecole o metaboliti attivi costituisce indice di una persistente attività della sostanza, in grado di influire negativamente sulla guida”.
Viene dunque esclusa la validità per l’applicazione delle sanzioni di una semplice analisi delle urine, che “sulla base di evidenze scientifiche, non può essere indicativa di una intossicazione in atto, ma può rappresentare il presupposto per l’accertamento della sussistenza delle condizioni psicofisiche richieste”.
Le forze dell’ordine che eseguono concretamente i controlli su strada devono allora sottoporre l’automobilista almeno a un test salivare. E, in caso di positività, prelevare 2 campioni di saliva, da conservare a 4 gradi e inviare a un laboratorio di tossicologia forense, dove sarà effettuata un’ulteriore analisi per confermare la positività e far così scattare la sanzione (che, oltre al ritiro della patente, può prevedere anche l’arresto da 6 mesi a 1 anno) per la specifica violazione prevista dal riformulato articolo 187 del Codice della strada.
Come si è arrivati al chiarimento
Il mancato riferimento del nuovo Codice allo stato di alterazione psico-fisica era stato da subito contestato, ponendo dubbi relativamente alla stessa costituzionalità della norma, da diversi esperti di diritto e associazioni. E non solo per il fatto che, tra le sostanze “psicotrope” rientrano anche vari medicinali: tema, questo, riguardo al quale era intervenuto subito il chiarimento del Ministero dei Trasporti che, in una circolare, aveva specificamente escluso la punibilità dei consumatori di cannabis terapeutica. A coinvolgere la Corte Costituzionale nella questione in merito allo stato di alterazione psico-fisica del conducente è stato invece il Tribunale di Pordenone, relativamente al caso di una signora, fermata alla vigilia di Natale 2024, che aveva assunto un ansiolitico e un altro farmaco contenente codeina tra le 24 e le 72 ore precedenti l’incidente stradale che aveva provocato. A gennaio 2025, intanto, la stessa Suprema Corte è intervenuta con una sentenza, per quanto relativa a fatti ricadenti alla disciplina precedente alla riforma del Codice, proprio in merito alla validità dei test antidroga. È stata così messa in discussione l’affidabilità del solo test delle urine, indicando l’esame del sangue come metodo principale per stabilire se chi guida lo sta facendo sotto effetto delle droghe e specificando che, per la valutazione dell’effettiva alterazione psico-fisica del conducente, serve un controllo globale del suo comportamento, che tenga in conto, tra i fattori, anche della coordinazione dei movimenti, dell’eloquio e dello stato emotivo.
Alberto Minazzi