La società cambia, tra la crescita dei problemi psichiatrici nei bambini e l’anticipo della “crisi di mezza età”
Nel terzo millennio, la spensieratezza della gioventù non esiste più.
L’affermazione è sicuramente forte, ma è anche avallata da una serie di dati oggettivi.
Dalle statistiche emerge per esempio come, nelle nuove generazioni, stia sistematicamente crescendo fin dalla pre-adolescenza la diffusione di disturbi mentali. Ma non solo: uno studio internazionale recentemente pubblicato su Plos One ridisegna la cosiddetta “curva a U della vita emotiva”, spostando all’indietro di almeno una ventina d’anni la classica “crisi di mezza età”.
Sempre più giovanissimi alle prese con disturbi psichiatrici
A lanciare l’allarme, nella prospettiva della crescita di un problema che non accenna a fermarsi, sono le considerazioni sugli accessi al pronto soccorso per patologie psichiatriche espresse dai responsabili di una delle strutture dedicate maggiormente accreditate in Italia: il reparto di Neuropsichiatria infantile del Gaslini di Genova. Tra il 2018 e il 2024 sono infatti quadruplicati i casi di questo tipo, oltre a essersi abbassata anche la soglia d’età minima. Specialmente tra le femmine, non mancano le storie di bambini anche di 10 o 11 anni che si rivolgono all’ospedale per una serie di problematiche che variano dai disturbi alimentari alle condotte autolesionistiche.
Un abbassamento della soglia delle prime manifestazioni confermato anche dai neuropsichiatri infantili del resto d’Italia. Inoltre, spostando leggermente in avanti la prospettiva anagrafica, il rapporto Istat 2025 evidenzia che, tra i 14 e i 44 anni, la situazione è più difficile al Nord che al Sud. E, in generale, nonostante secondo il Mind Health Report la quota di popolazione che soffre di disturbi mentali sia inferiore in Italia rispetto alla media mondiale (28% contro 32%), nel nostro Paese il dato è cresciuto del 6% dal 2022.
Le possibili cause del fenomeno
In tema di salute mentale, l’Italia si è dotata di un Piano d’azione nazionale per il periodo dal 2025 al 2030, che parte dalla considerazione secondo cui non basta l’assenza di malattia psichiatrica, ma va tenuta in conto una lunga serie di aspetti, che variano dal benessere psicologico, emotivo e sociale allo sviluppo cognitivo. Occorre inoltre un approccio al problema molto più ampio, che parte dalla prevenzione e dalla diagnosi precoce, arrivando fino al delicato tema dell’insufficiente dotazione di posti letto dedicati ai giovani alle prese con questo tipo di disturbi, tra i quali sono tornati a crescere in particolare quelli definiti comunemente “del comportamento”. Del resto, non è semplice nemmeno individuare le cause della crescente diffusione del disagio mentale in giovane età. Gli adolescenti di oggi sono sicuramente più fragili, risentono maggiormente dello stress e degli eventi esterni negativi (traducendoli in ansia e condotte autolesionistiche spinte, nei casi estremi, al gesto del suicidio), vivono più intensamente le richieste di una società basata sull’apparenza, hanno prospettive future molto più incerte. Per tacere degli influssi negativi legati all’utilizzo di sostanze e all’evoluzione sul piano delle relazioni causata dal boom dei so’aumento di ansia e depressionecial network.
In “crisi di mezza età”. A 20 anni
La pervasività dei social media, che accentuano il confronto costante, la pressione estetica e performativa e la dipendenza dall’approvazione esterna, è del resto una delle concause che, partendo dai risultati di diversi altri studi sull’ansia e sulla depressione in particolare tra adolescenti e giovani adulti legato all’uso intensivo delle piattaforme digitali, ha ridisegnato la curva della vita emotiva e del benessere soggettivo. Partendo dai dati statunitensi e del Regno Unito, e ampliando successivamente la prospettiva ai 44 Paesi coinvolti nel dataset Global Minds, la conclusione del team guidato da David Blanchflower del Dartmouth College di Hanover, nel New Hampshire, è che, oggi, il picco del disagio psicologico non si raggiunge più, come è avvenuto pressoché stabilmente fino a pochi anni fa, avvicinandosi ai 40 o 50 anni, ma già a 20. Non è insomma più un modello applicabile alla società odierna quello della “crisi di mezza età”, parentesi negativa a livello psicologico tra la spensieratezza e lo slancio della gioventù e il recupero di benessere in età avanzata.
L’infelicità, la depressione, l’ansia e lo stress oggi si provano infatti soprattutto da giovani.
Il peggioramento della salute mentale dei giovani
Lo studio, basato su un campione molto elevato e dunque estremamente attendibile, è il primo ad affermare scientificamente che, se il disagio psicologico è rimasto sostanzialmente stabile per gli over 40, la situazione è peggiorata in maniera consistente per i più giovani. Un fenomeno ampio e globale che non può trovare un’unica spiegazione, ma sul quale hanno sicuramente inciso nel corso del tempo il sommarsi delle difficoltà economiche e della precarietà lavorativa, unita a salari bassi e scarse possibilità di progressi di carriera, iniziate fin dalla crisi finanziaria del 2008. Così come le esperienze di isolamento sociale e incertezza vissute con la pandemia, i cui effetti si trascinano ancor oggi. Manca spesso, secondo l’analisi, anche un’adeguata risposta sul piano dei sistemi di welfare per l’assistenza attraverso i servizi di salute mentale.
La “grave crisi di salute mentale”, come la definiscono senza mezzi termini gli autori dello studio, in ogni caso “necessita di interventi”.
Alberto Minazzi