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Dazi Usa: scatta il 15% dal 7 agosto, Made in Italy nel mirino

Dazi Usa: scatta il 15% dal 7 agosto, Made in Italy nel mirino

Dal 7 agosto scatta un nuovo aumento dei dazi americani verso l’Europa: colpito il 70% delle esportazioni. Cosa succede

Dal 7 agosto entrano in vigore i nuovi dazi doganali americani sui prodotti europei: una soglia del 15%, più che tripla rispetto la tariffa base del 4,8%.
L’accordo raggiunto finora copre circa il 70% dei beni esportati, ma non tutti i settori sono stati salvati.
La decisione arriva in un contesto delicato, con trattative ancora in corso tra Bruxelles e Washington, e con molti dossier – dai farmaci al vino – ancora aperti.

Chi rischia e chi si salva

Ad essere esclusi dall’aumento sono alcuni settori strategici: aerei e componentistica, farmaci generici, semiconduttori, prodotti chimici selezionati, risorse naturali e materie prime critiche.
Tutti beni su cui si è trovato un compromesso con il regime cosiddetto “zero per zero”.
Ma su altri comparti – come il settore farmaceutico in generale, il vino, gli alcolici e parte del chimico – gli Usa stanno ancora valutando se introdurre nuovi balzelli, dopo le indagini previste dalla Sezione 232 del Trade Expansion Act.

L’Italia che esporta trema

Il mercato americano è il secondo per l’Italia, subito dopo la Germania, per l’export.
Solo nel 2023 abbiamo esportato verso gli Stati Uniti beni per circa 67 miliardi di euro.
Macchinari (12,4 miliardi), mezzi di trasporto (12 miliardi), moda e arredamento (8,8 miliardi), prodotti farmaceutici (8 miliardi) sono i settori che trainano l’export italiano e che oggi rischiano il contraccolpo più duro.
Secondo le prime stime, l’impatto potenziale dei nuovi dazi va dai 4 miliardi stimati da Cdp, ai 14-15 miliardi ipotizzati dalla CGIA di Mestre, fino ai 23 miliardi di Confindustria.

Regioni sotto pressione

Lo studio della Cna nazionale mostra un quadro preoccupante a livello territoriale.
L’Abruzzo sembra essere la regione che subirà la perdita maggiore in rapporto al totale delle sue esportazioni: il 17,1% delle merci prodotte va infatti verso gli Usa, con una netta prevalenza di farmaci e componenti elettroniche.
Seguono Toscana e Molise.
In media, il 10,4% dell’export nazionale è diretto oltreoceano.
Le tre regioni leader – Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana – da sole generano oltre la metà delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti.

Il caso Veneto: tra vendemmia e incertezze

Con la vendemmia alle porte, anche il Veneto osserva con preoccupazione le decisioni di Washington.
Secondo la CGIA di Mestre, un dazio fisso al 15% costerebbe alla regione circa 2 miliardi l’anno.
Il comparto più sensibile è quello vinicolo, trainato dal Prosecco, che da solo vale il 23% dell’export vinicolo italiano verso gli Usa.

Trump e l’ombra di nuovi aumenti

A complicare il quadro ci sono anche le dichiarazioni del presidente Donald Trump.
In un’intervista ha dichiarato che, se l’Unione Europea non rispetterà gli impegni da 600 miliardi di dollari, i dazi saliranno al 35%. Ha poi minacciato di portare le tariffe sui farmaci fino al 250%.
È chiaro che la partita è ancora aperta, e che il fronte commerciale rischia di trasformarsi in una leva di pressione politica.

Il futuro è nelle trattative

Bruxelles punta a ottenere per i prodotti europei una “tariffa della nazione più favorita”, cioè il 4,8%, oppure l’esenzione completa. Ma le trattative sono complesse e andranno avanti nei prossimi mesi. E intanto, tra incertezza e attese, le imprese italiane fanno i conti con un quadro che cambia rapidamente, e che rischia di lasciare segni profondi sull’export e sull’occupazione.

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