Il Rapporto Ice 2024/2025 fa il punto della situazione, individuando punti di forza, punti critici e possibili strategie per consolidare i nostri scambi internazionali
Le minacce di dazi prima ventilate da Donald Trump e poi tradotte concretamente in lettere commerciali dallo stesso presidente Usa hanno letteralmente stravolto nel 2025 i mercati internazionali, generando incertezze e tensioni, con possibili ripercussioni sulle filiere produttive ed effetti negativi sulle prospettive dell’economia globale. “L’indice di incertezza globale nel 2020, post-Covid, ha toccato i 55 mila punti. Oggi siamo a quasi a quei livelli”, ha sottolineato Matteo Zoppas, presidente dell’Agenzia Ice, in occasione della presentazione del Rapporto 2024/2025 dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. “È uno scenario – ha aggiunto Zoppas, ricordando anche l’impatto dell’attuale contesto geopolitico, a partire dal perdurare delle guerre in corso – che ci ricorda l’esigenza di rafforzare ancora di più la nostra competitività e la nostra presenza nei mercati chiave. Dobbiamo lavorare con gli strumenti del Sistema-Paese, fare squadra”.
Da dove partono le imprese italiane sui mercati internazionali
Il Rapporto Ice sulla presenza e la performance delle imprese italiane nei mercati internazionali ha fatto quindi il punto della situazione al 2024, quando le nostre imprese hanno registrato stabilità nella propensione a esportare, attestata al 31% della produzione. Numericamente, lo scorso anno, le esportazioni italiane di merci si sono nel loro complesso lievemente ridotte (-0,4% dal 2023), scendendo a 623,5 miliardi di euro. Resta però al +30% l’aumento delle nostre vendite all’estero rispetto al periodo pre-pandemico, visto che nel 2019 erano attestate a 480 miliardi. E nel 2015 eravamo a 412 miliardi. “Guardiamo – invita il presidente di Agenzia Ice – cosa rappresentiamo: lo 0,72% della popolazione mondiale, lo 0,06% della superficie, e nonostante questo siamo l’ottavo Paese al mondo per produzione di Pil, il secondo in Europa per produzione manifatturiera e il sesto esportatore mondiale”. A precederci sono solo Cina, Usa, Germania, Giappone e Corea del Sud. E la quota di export mondiale dell’Italia, sottolinea ancora Zoppas, è pari al 2,76%, con una crescita di competitività del +0,8% in un anno. “Siamo piccoli nel mondo, ma ci facciamo valere”, afferma il presidente Ice. Che ricorda anche l’obiettivo posto dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani: raggiungere i 700 miliardi. “Aggiungere un 12% nei prossimi 2 anni non è impossibile”, conclude Matteo Zoppas.

Paesi e settori, dimensione aziendale e macroaree territoriali
La lieve flessione delle esportazioni italiane dello scorso anno si lega in particolare al -5% delle vendite (soprattutto negli autoveicoli, nella metallurgia e nella meccanica) in Germania, che resta in ogni caso ancora il nostro principale mercato di sbocco, per un valore complessivo di 70 miliardi. Un “campanello d’allarme” da non sottovalutare, per Zoppas, è anche il -21%, pari a circa 3,8 miliardi di euro, di esportazioni in Cina. Al contrario, sono cresciute in maniera significativa innanzitutto le esportazioni verso l’Arabia Saudita (oltre il +29%, trainato dall’industria meccanica) e gli Emirati Arabi (+20,4%, con ottimi risultati soprattutto per meccanica, abbigliamento e prodotti in pelle). Bene anche il Regno Unito, la Spagna e la Turchia, per cui Zoppas ha parlato di “effetto gioielleria”. Il settore dei preziosi ha infatti segnato in generale un +39%, in crescita insieme a alimentari e prodotti chimico-farmaceutici (“i due veri motori oggi”, per Zoppas) oltre che informatico-tecnologici. In flessione, al contrario, mezzi di trasporto, sistema-moda, mobili e beni intermedi, a partire dai derivati dal petrolio. Sulla base dei dati Istat, Ice ha quindi analizzato i risultati di 84 mila imprese che hanno esportato continuativamente nell’ultimo triennio, evidenziando che poco più del 50% dell’export è stato realizzato da grandi imprese, il 29,9% da quelle di medie dimensioni e circa un quinto da piccole e micro imprese. Quanto infine alle macroaree del nostro territorio, le esportazioni nel 2024 sono cresciute solo al Centro (+4%, trainate dal +13,6% della Toscana), con lievi cali al Nord (-1,5% a Nord-Est e -2% a Nord-Ovest) e una contrazione più marcata al Sud (-5,4%).
Prospettive e strategie: il Piano d’Azione
In tal senso, Agenzia Ice, insieme a Farnesina e Mimit, sta dunque lavorando per la riattivazione del Piano Export Sud. Un’altra criticità è il settore automotive, in calo di 5 miliardi (-12%). “I dazi qui vanno evitati a tutti i costi”, ha dichiarato al riguardo Matteo Zoppas. Il tema di più stretta attualità, quello legato alle misure di Trump, riguarda in particolare anche le industrie delle bevande, dei prodotti in metallo, dei mobili, del commercio al dettaglio, degli altri mezzi di trasporto e della stessa farmaceutica. Nel loro insieme, esportano oltre 11 miliardi di euro verso gli Stati Uniti e sono oltre 6 mila, con più di 140 mila addetti, le imprese esposte in modo diretto a rischi potenziali elevati. Sulla base dei dati e delle considerazioni di più ampio respiro, a partire dal rallentamento della crescita mondiale stimato per il 2025 dal Fondo Monetario Internazionale nel World Economic Outlook dello scorso aprile, è stato così delineato il Piano d’Azione per l’export italiano, che pone un accento specifico sulla diversificazione geografica dei mercati di sbocco, con un orientamento verso aree extra Ue a elevato potenziale di crescita (tra cui India, Messico, Brasile, Turchia, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Sud-Est asiatico, Africa e Balcani occidentali), rafforzando nel contempo la presenza italiana in mercati consolidati come Germania, Canada, Giappone, Regno Unito e Svizzera. Il tutto puntando anche su accordi di partenariato, muovendosi a livello di Unione Europea.

La resilienza del tessuto produttivo italiano e il ruolo dell’Agenzia Ice
Il Rapporto evidenzia, infine, che il tessuto produttivo italiano, in particolare delle micro, piccole e medie imprese, presenta una comprovata resilienza strutturale, con spiccata capacità di adattamento alle mutate condizioni dei mercati internazionali. E questo si traduce sia in una tenuta dei flussi esportativi durante fasi congiunturali complesse, sia con la propensione alla specializzazione di prodotto e alla penetrazione commerciale in contesti geografici differenziati. In più, le imprese italiane possono contare sul rafforzamento dell’impegno da parte dell’Agenzia Ice, che lo scorso hanno ha aperto 5 nuovi uffici e 6 nuovi punti di corrispondenza, oltre a realizzare 904 iniziative promozionali in 109 mercati diversi, a organizzare 68 iniziative di formazione e ad aver semplificato l’accesso a una vasta gamma di servizi. Tra il 2019 e il 2024, l’Agenzia Ice ha seguito circa 2.370 operazioni di investimenti diretti esteri, mentre lo scorso anno gli utenti che si sono rivolti ai servizi di informazione e assistenza hanno superato quota 25 mila, ottenendo un incremento delle vendite estere del +8,4%.
Alberto Minazzi