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C'era una volta un mostro

C'era una volta un mostro

La vicenda di Gabriele Bortolozzo e delle morti al Petrolchimico rivivono in un cortometraggio animato: per non dimenticare e imparare dal passato gli errori che non vanno ripetuti

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Una storia tragica e commovente, raccontata però con la poesia e la capacità evocativa del disegno, per riflettere senza preguidizi. Questo è “El Mostro – La coraggiosa storia di Gabriele Bortolozzo”, il cortometraggio animato dedicato alla figura dell’operaio simbolo della lotta contro l’inquinamento da Cvm al Petrolchimico: una triste pagina che appartiene al passato di Porto Marghera. Una pagina che non si può cancellare, ma dalla quale si può imparare molto per ripensare un futuro dell’area nell’ottica di un’industria moderna e pulita, che non venga pagata a caro prezzo dalla gente.
Il lavoro ha visto il coinvolgimento di 15 persone, che per un anno ci hanno messo davvero l’anima e il cuore: da Lucio Schiavon, autore delle illustrazioni che ha curato la regia assieme a Salvatore Restivo di Studio Magoga, a Elisa Pajer di Studio Liz, che si è occupata dalla produzione esecutiva, a Paki Zennaro, che ha realizzato le musiche originali, a moltissimi altri. Proprio grazie a questa collaborazione creativa si è concretizzato questo progetto.
«Leggendo i libri di Casson, Bettin e Dianese – spiega Schiavon – ero rimasto molto colpito e turbato dalla storia di Gabriele Bortolozzo, operaio del Petrolchimico di Marghera, impegnato nel ciclo della produzione del cloruro di vinile, che, ad uno ad uno, aveva visto ammalarsi e morire molti suoi colleghi e per primo aveva denunciato la cosa. Tanto che, nel 2008, avevo scritto un libro sulla sua vicenda. Sin da subito mi sarebbe piaciuto anche poter realizzare un’animazione su questo tema, ma dovevano esserci le giuste condizioni e soprattutto la possibilità di collaborare con persone che stimavo come Restivo e Paki Zennaro. Quando questa possibilità si è concretizzata, ci siamo buttati tutti a capofitto su questo lavoro e il risultato ripaga sicuramente le aspettative».
Ovviamente, un argomento così doloroso e delicato non era una storia facile da affrontare; ma il risultato è certamente molto poetico e simbolico.
«Sin dall’inizio, ci siamo proposti di essere il meno didascalici possibile e puntare sulla forza iconografica delle immagini. All’inizio avevamo pensato anche di inserire una voce narrante, ma poi ci siamo resi conto che il connubio tra immagini e musica era già molto efficace senza dover aggiungere nulla e che in questo modo l’emozione di questa storia arrivava in modo diretto e coinvolgente».
«Abbiamo evitato uno stile documentaristico – aggiunge Restivo – perché sicuramente informazioni sulla storia di Bortolozzo se ne possono trovare. Abbiamo puntato su un mix di immagini, suoni ed emozioni che risultasse molto evocativo ed emozionante. Questo anche perché l’obiettivo era raccontare questa storia non solo ad un pubblico locale, ma anche nazionale ed internazionale e sicuramente sia la presentazione in anteprima al Festival CinemAmbiente di Torino e soprattutto il premio ricevuto allo Short Film Festival di Berlino confermano la bontà di questa scelta».
Una storia da raccontare a chi è lontano geograficamente, ma anche alle giovani generazioni che quella storia non la conoscono affatto, raggiungendoli con un linguaggio a loro certamente vicino come quello delle immagini.
«La nostra sfida è stata raccontare la storia di un uomo la cui figura e la cui eredità non devono andare perdute. Sono molti i contributi audiovisivi realizzati sulla figura di Bortolozzo; eppure, anche nella sua stessa città, egli è ormai solo un nome quasi del tutto dimenticato, soprattutto dalle nuove generazioni che non solo non sanno chi sia, ma peggio, non conoscono nemmeno ciò per cui si è battuto. Come suoi concittadini, come creativi, abbiamo deciso di ridare attenzione a questa vicenda con un lavoro che come una fiaba cerca di semplificare una storia notoriamente complicata e torbida come la lavorazione del cvm negli stabilimenti di Porto Marghera negli anni ‘60/’70 e più diffusamente la tematica del lavoro e salute in fabbrica. Il nucleo centrale racconta la storia di un pesce. Ci troviamo in un’ambiente acquatico e come spesso accade il pesce grande mangia il pesce piccolo. Ma se il pesce grande è nero, non solo sembra più grande ma anche più cattivo. Per associazioni di immagini la voracità del pesce nero che caccia nel mare si trasforma nel girare di un vinile dalla cui musica sul giradischi nascono le immagini che con semplicità raccontano l’era del cvm e il suo impiego, l’apparente innocuità di questo materiale nella bontà delle cose che con esso si realizzavano. Ma il vortice nero ricorda anche i raggi di una bicicletta, il fidato e dannato mezzo di trasporto che usava Gabriele, che, in bici, ha trovato la morte in un incidente stradale. Con la tecnica stop motion raccontiamo la vita quotidiana in fabbrica, come per esempio un gesto che compivano gli operai che si calavano come burattini appesi ad un filo con la sola luce del casco dentro i silos dove veniva lavorato il cvm».
Il corto è stato anche un “miracolo produttivo” perché le risorse economiche necessarie sono arrivate grazie ad una operazione di crowd funding che ha permesso di raccogliere in due mesi, attraverso più di cento adesioni, circa 5000 euro, a cui poi si è aggiunto il contributo di Studio 3A, società specializzata nella valutazione delle responsabilità civili e penali a tutela dei diritti dei cittadini, che ha saputo vedere le grande potenzialità dell’opera nel raccontare in modo poetico a chi ne ha perso la memoria una storia emblematica.
 

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Tag:  Marghera, porto