Tra dispositivi che registrano, hacker all’attacco e dati sensibili nell’etere, il rischio è trasformarla in una trappola digitale. In arrivo nuove regole europee
Non c’è dubbio: cambia la qualità della vita.
Al tuo rientro, le luci si accendono nella stanza giusta, la temperatura è perfetta, il diffusore spruzza la tua essenza preferita, e il robot ha già pulito il salotto. Puoi anche trovare il caffè pronto e puoi star tranquillo: anche se non ci sei, le tapparelle si chiudono automaticamente quando arriva il temporale e le luci si spengono se le hai dimenticate accese.
Capisci allora che “casa dolce casa” significa davvero qualcosa.
Il sogno degli italiani è questo rifugio hight-tech che garantisce comfort domestico 4.0, risparmio energetico, controllo vocale, sicurezza.
Gli imprevisti di una casa perfetta
Nelle smart home una regia invisibile trasforma ogni gesto in un’azione intelligente.
Talmente intelligente, si legge sulla stampa internazionale, da poter avere vita propria.
Fino a insultarti o a scattare qualche immagine quando meno te lo aspetti.
Magari mentre sei seduto sul wc, com’è accaduto negli USA a una donna vittima del suo aspirapolvere.
La malcapitata mai se lo sarebbe immaginato: lo scatto è stato veicolato automaticamente sui social, dove è diventato virale.
Sono rimasti tra le pareti domestiche, invece, gli insulti razzisti che il proprietario di un’altra abitazione smart si è sentito rivolgere da uno dei suoi elettrodomestici, così come gli improperi notturni giunti in Texas a un signore che di notte si è svegliato di soprassalto perché la domotica lo stava riempiendo di parolacce.
Casa smart: il pericolo sono gli hacker
Non sono ovviamente gli elettrodomestici i colpevoli.
Ma è vero che termostati smart, assistenti vocali, telecamere, frigoriferi o anche forni e lampadine possono raccogliere dati, comunicare via cloud e imparare dalle abitudini dell’utente.
E tutto ciò che è online, prima o poi può essere violato.
Dall’uomo ovviamente, che trasforma il tuo rifugio in una casa che ti spia.
Un gruppo di hacker può accedere alle telecamere, sfruttare una falla nel Wi-Fi per bloccare l’apertura della porta smart o per spegnere il sistema d’allarme. È successo anche con Samsung, con malware installati su dispositivi domotici attraverso semplici e-mail di phishing.
Secondo un report di Mozilla, la maggior parte dei dispositivi smart per la casa presenta falle o carenze nella trasparenza su come vengono raccolti e usati i dati.
Alcuni prodotti arrivano sul mercato senza adeguati controlli di sicurezza: magari mancano gli aggiornamenti, le password di default sono facili da indovinare e il gioco è fatto.
La casa iperconnessa e super sicura diventa estremamente vulnerabile.
In arrivo nuove regole
Per evitare che la situazione sfugga di mano – non solo su questo fronte – l’Unione Europea ha introdotto l’AI Act, il primo regolamento al mondo sull’intelligenza artificiale, che stabilisce limiti sull’uso delle tecnologie di riconoscimento facciale e obblighi di trasparenza per i sistemi a rischio.
In arrivo c’è anche il Cyber Resilience Act, che imporrà ai produttori di dispositivi smart di garantire aggiornamenti di sicurezza, protezione dei dati e gestione delle vulnerabilità.
In pratica, le aziende non potranno più vendere elettrodomestici connessi senza preoccuparsi delle conseguenze.
Manca però una normativa specifica sulla smart home. E intanto, mentre i regolatori si muovono, la tecnologia corre veloce.
Ogni dispositivo, per funzionare, osserva, registra, trasmette. I microfoni dei nostri assistenti vocali ascoltano continuamente, pronti ad attivarsi. I frigoriferi intelligenti inviano aggiornamenti ai server per monitorare la scadenza del latte. Le telecamere di sicurezza archiviano movimenti, volti e abitudini.
Cosa possiamo fare per tutelarci
In attesa della codifica di tutele istituzionali, gli esperti indicano alcuni accorgimenti che si possono mettere in atto per difendersi.
La prima regola sta nel cambiare sempre le password di default: la password “admin” è una porta aperta per tutti.
Un altro accorgimento è quello di disattivare ciò che non si usa: microfoni, fotocamere e geolocalizzazione.
Ma è già a monte che va affrontato il problema, evitando di acquistare prodotti sconosciuti e senza supporto tecnico e leggendo le policy: sapere dove vanno i propri dati e cosa si autorizza è già un passo avanti.